Mazzette alla Asl, così si compiaceva la funzionaria arrestata: «L'italiano lo devi prendere in giro»

Mazzette alla Asl, così si compiaceva la funzionaria arrestata: «L'italiano lo devi prendere in giro»
di Erasmo MARINAZZO
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Domenica 14 Giugno 2020, 11:20 - Ultimo aggiornamento: 16:43
«È inutile, guarda. L'italiano lo devi prendere... lo devi prendere per il culo. Lo devi prendere per il culo. Basta. Grande Gianni (riferito al marito, ndr). Che potenza che sono. Che potenza che sono, me lo dico da sola. Non hai visto la mail?. No, sono una potenza». Parole di compiacimento della responsabile dell'ufficio Protesi della Asl, Carmen Genovasi, 46 anni, di San Pietro in Lama, arrestata lunedì pomeriggio con il rappresentante del settore, Giuseppe Bruno, 57 anni, di Galatina, con l'accusa di avere appena intascato una mazzetta di 850 euro chiusa in busta con la scritta Giuseppe, in cambio di due prescrizioni per dispositivi medici. Accuse che si sono poi riverberate nei rapporti che la stessa Genovasi avrebbe avuto con l'imprenditore titolare di una azienda di dispositivi audiometrici, Pietro Bonetti, 71 anni, di Lecce.
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E con la rappresentante in nero di due ditte di protesi, Monica Franchini, 49 anni, di Lecce. L'uno e l'altra finiti agli arresti domiciliari nel pomeriggio dell'altro ieri. Undici complessivamente le consegne di bustarelle documentate dalla micro telecamera piazzata nell'ufficio della Genovasi e dalle intercettazioni telefoniche, 850 euro sequestrati in ufficio ed altri 3.800 a casa. E le corruzioni si sarebbero consumate anche con la consegna di due forme di cacio cavallo, di dispositivi di prevenzione del coronavirus (mascherino, saturimetro e termometro), nel fare assumere il marito nell'azienda di Bonetti per fargli maturare l'indennità di disoccupazione e nell'ottenere dallo stesso il pagamento di due giorni di ferie ad un dipendente per impiegarlo come dog sitter del suo cane.
Quelle parole di compiacimento sono state intercettate in questa inchiesta chiamata Buste Pulite (per via del chiodo fisso della Genovasi di igienizzare tutto, anche le bustarelle) condotta dai pubblici ministeri della Procura di Lecce, Roberta Licci e Massimiliano Carducci, con i finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria diretti dal tenente colonnello Francesco Di Sabato: era il 27 febbraio scorso, Giovanni Rodia (marito della Genovasi) ottiene l'iscrizione nelle liste protette dei lavoratori con disabilità. Un falso secondo la Procura, tuttavia il giudice per le indagini preliminari Giovanni Gallo che ha emesso l'ordinanza custodia cautelare, ha ritenuto necessario un approfondimento investigativo per chiarire se sia vero o meno - al di là delle parole suggestive della Genovasi - che l'uomo non avesse titolo ad ottenere quel riconoscimento dal centro dell'impiego.
Quelle parole ad ogni modo sono state considerate dallo stesso giudice per motivare le esigenze cautelari. Per sostenere il pericolo di inquinamento probatorio. Condividendo le conclusioni dei pubblici ministeri, l'ordinanza dice anche questo a proposito della Genovasi: «Costantemente dedita alla tutela degli interessi privatistici, per il cui soddisfacimento sacrifica senza alcun pudore e senza remore, l'interesse pubblico derivante dal proprio ruolo. Svilendo la dignità della funzione pubblica. Ciò ovviamente si ripercuote anche sul costo finale del presidio sanitario fornito a carico della Asl comparativamente maggiore per la necessità del fornitore di coprire con il maggiore prezzo il costo della tangente».
Poche ma significative le intercettazioni telefoniche. Genovasi rivolgendosi a Bruno il 27 maggio: «Senti, poi qualche resoconto mio lo facciamo, o no?». Parole che hanno messo in allarme gli investigatori e che hanno fatto da presupposto agli arresti in flagranza di lunedì 8 giugno. Il 29 aprile allo stesso interlocutore la Genovasi avrebbe detto durante la stipula di una pratica che poi avrebbero fatto tutto un conto. È la sintesi della prima discovery di questa inchiesta che promette ulteriori sviluppi.
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