Carabinieri contro il bullismo: «Troppa omertà, care famiglie: basta nascondere»

Carabinieri contro il bullismo: «Troppa omertà, care famiglie: basta nascondere»
di Maddalena MONGIò
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Martedì 11 Giugno 2019, 12:43 - Ultimo aggiornamento: 12:51

«Per il fenomeno del bullismo è importante troncare il meccanismo dell'omertà». È l'esortazione del capitano Giorgio Antonielli, 32enne toscano che guida la Compagnia dei carabinieri di Maglie. Analizza il fenomeno sottolineando che sul bullismo occorre parlare di una accresciuta sensibilità che porta a identificare episodi in passato derubricati come scherzi di cattivo gusto, più che di una maggiore incidenza.
Capitano Antonielli, nel Salento il fenomeno del bullismo è in aumento, è poco diffuso o semplicemente tenuto sottotraccia nonostante se ne parli molto?
«Il problema c'è, è inutile girarci attorno. Non è su livelli allarmanti, anche se qualche episodio molto brutto c'è stato, perché, purtroppo, spesso e volentieri ci si accorge del fenomeno quando è troppo tardi. Cioè come quando il ragazzo che cercava di riprendere il giubbotto cade giù nel pozzo di luce e perde la vita. Il problema c'è, probabilmente c'è sempre stato, quello che è cambiato molto, credo, sia la sensibilità verso questo fenomeno. Fino a vent'anni fa si considerava perfettamente normale che ci fosse una ragazzina o un ragazzino considerato più debole all'interno della classe e fosse preso di mira. Oggi questo non è più considerato normale. Quindi, automaticamente, c'è una maggiore emersione del fenomeno. Nella mia Compagnia e in quelle limitrofe, trattiamo questi casi abbastanza frequentemente. Cerchiamo di trattarli sin dai primi segnali perché purtroppo quando ci si trova di fronte a fenomeni del genere, se ignorati per anni, poi si assiste a un'escalation che può determinare anche l'irreparabile».
Cosa significa seguire i casi sin dai primi passi?
«Per la nostra esperienza è importante percepire quando questa dinamica di sopraffazione che è di un gruppo di solito guidato da uno o due soggetti alfa, siano maschi o femmine comincia a evidenziarsi con la vessazione di un soggetto debole. È importante che chi ha responsabilità, intendo insegnanti, educatori, genitori, capisca sin dall'inizio quando si sta affermando una dinamica di questo tipo. Quello è il momento di fermare i comportamenti, far capire il disvalore della condotta messa in atto e soprattutto disinnescare il meccanismo spiegando che è un meccanismo che esiste in tutti i contesti sociali, anche animali: esiste nel branco di lupi e nella mandria dei cavalli, ma proprio perché esiste lì, non si addice a degli esseri umani civilizzati. Andando nelle scuole a fare sensibilizzazione su questo fenomeno, noto che c'è tanto lavoro da fare. Le mie parole colgono quasi sempre nel segno, prova del fatto che questi fenomeni sono piuttosto diffusi. Le ragioni sono più da educatori che da forze dell'ordine, ma mi viene da pensare che nei percorsi di affermazione della personalità, tipici dell'adolescenza, qualcuno tenda a prevalere sugli altri per emergere: è un parere del tutto atecnico».
Dal suo punto di vista, come si arriva al bullismo più violento?
«Quando il fenomeno viene insabbiato, magari per non coinvolgere le famiglie, per non fare arrivare la notizia ai giornalisti, per evitare di evitare di chiamare i carabinieri laviamo i panni sporchi in famiglia, facciamoci gli affari nostri, queste sono le mentalità il meccanismo si cristallizza e magari si arriva a situazioni estreme. A quel punto si chiamano le forze dell'ordine, ma è tardi e non nascondo che l'intervento delle forze dell'ordine non sempre è il più indicato per ragazzi in età educativa».
Come si dovrebbe fare?
«Il nostro intervento si potrebbe evitare parlando e scomponendo le dinamiche: una volta che sono emerse i ragazzi stessi si rendono conto che questi comportamenti di prepotenza in realtà sono stupidi. A quel punto il bullo, percepito prima come carismatico, diventa il più patetico di tutti. Su questo ribaltamento bisogna far riflettere i ragazzi. Quando arriviamo a dover denunciare un minore per atti di bullismo, personalmente lo vivo come un fallimento e penso che lo vivano come tale anche gli insegnanti e i genitori perché significa che non si è riusciti a intercettare per tempo il fenomeno».
Gli atti di bullismo vedono protagonisti i ragazzi, ma a volte anche gli adulti danno cattivo esempio tanto più grave se chi lo commette fa parte della pubblica amministrazione. Che messaggio arriva ai ragazzi?
«Fatti di cronaca magliese. Non voglio parlare del caso specifico perché ci sono accertamenti al vaglio dell'autorità giudiziaria e non è opportuno. Posso dire che se sono atti compiuti da figure appartenenti alla pubblica amministrazione e alle forze dell'ordine, al di là delle responsabilità individuali, il problema è proprio questo: che messaggio si dà ai ragazzi se è una cosa tanto normale che la si può fare anche in divisa e in orario di servizio? Non c'è dubbio che il messaggio che si dà ai ragazzi è sbagliato».
Il bullismo è trasversale alle classi sociali o si annida nelle situazioni di particolare disagio e degrado?
«Il fenomeno è abbastanza trasversale, anche tra i vari tipi di scuole. Non si può dire che nel professionale è più diffuso e lo è meno nei licei o che sia più diffuso nelle famiglie disagiate. Il ragazzo che compie atti di bullismo generalmente vive situazioni di disagio a casa. Non necessariamente vivono in un ambiente violento, ma in uno in cui ci sono difficoltà e in qualche maniera sfogano quello che vivono a casa riversando a scuola quel linguaggio di prepotenza appreso in famiglia».
Il Salento è un territorio sicuro?
«La situazione è sotto controllo. C'è da lavorare, tanto, sicuramente ci sono dei fenomeni odiosi sui quali non bisogna abbassare la guardia perché questo non è un territorio completamente pacificato. C'è un problema di criminalità organizzata che non si percepisce tanto, grazie anche alle lotte che sono state fatte dagli anni '90, non è più capace di imporsi sui territori. Non è presente in tutti i paesi, ma c'è. Basa il suo potere economico sul traffico degli stupefacenti, fenomeno dilagante, e se non viene arginato è capace, come la cronaca ci insegna, di infiltrarsi nei gangli del potere politico per condizionarlo. Poi c'è tanto sommerso, ci sono tante auto che vanno a fuoco misteriosamente per cui bisogna capire cosa c'è dietro. Fenomeni emergenziali non se ne percepiscono, ma è importante la collaborazione della società civile soprattutto per interrompere il meccanismo dell'omertà di cui ho accennato anche per il bullismo e che si ritrova a tutti i livelli».
L'omertà caratterizza il Sud?
«Ho fatto molti anni di servizio a Roma e l'ho trovato anche lì.

L'omertà, presupposto per la presenza della criminalità organizzata, si trova anche in territori insospettabili. Le cronache ci ricordano che da anni è un problema nazionale».

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