Denuncia tardiva: fu tradito, ma resta padre del bimbo non suo

Denuncia tardiva: fu tradito, ma resta padre del bimbo non suo
di Erasmo MARINAZZO
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Lunedì 29 Febbraio 2016, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 15:02
Scopre di non essere il padre del bambino nato durante il matrimonio. Perché quella nascita tanto agognata non fu opera di “un intervento divino”, stante la sua acclarata sterilità completa. Ma il frutto dell’adulterio ammesso e comunicatogli dalla moglie quando andò a convivere con il nuovo compagno. Ed allora quest’uomo, 47 anni, di un comune del Nord Salento, ha chiesto il disconoscimento della paternità ai giudici della seconda sezione civile del Tribunale di Lecce. La sentenza poteva sembrare scontata se non fosse che la legge va sempre applicata da un collegio giudicante, anche quando sembra andare contro ogni logica della convivenza civile: l’istanza è stata rigettata perché tardiva. 
Sì, tardiva perché l’azione di disconoscimento della paternità va avviata entro un anno dalla scoperta dell’adulterio.

Il giudizio venne intrapreso invece quattro anni dopo la nascita del bambino e dall’immediato esame a cui l’uomo si sottopose nuovamente per verificare se effettivamente ci fosse stato “un intervento divino”: quel test confermò la sterilità conseguenza di una patologia senza possibilità di guarigione.
E dunque, pur essendo sterile, pur avendo saputo dalla ex moglie di non aver concepito insieme quel bambino, quest’uomo oggi per la legge è un padre. Padre di un bimbo con un altro papà naturale.

L’inammissibilità dell’azione di disconoscimento della paternità è stata dichiarata dai giudici Giovanni Romano (presidente), Sergio Memmo (relatore) ed Adele Ferraro (a latere) richiamando sei sentenze della Corte di Cassazione: “Il termine annuale va collocato nel momento della scoperta dell’adulterio, intesa quale conoscenza della relazione o dell’incontro di carattere sessuale della donna con un altro uomo, idonei a determinare il concepimento del figlio che si intende disconoscere”.

A questo proposito i giudici hanno fatto presente che l’uomo fosse certamente al corrente della relazione extraconiugale della moglie, prima della nascita del figlio: è stato lui a riferire in udienza che quell’evento fu interpretato come il frutto di “un intervento divino”, alla luce della sua impossibilità a procreare. Per di più un testimone ha raccontato che avesse manifestato dubbi e perplessità quando scoprì che la moglie fosse incinta. E che si affrettò a sottoporsi nuovamente ai test sulla fertilità che tuttavia confermarono i risultati a lui, purtroppo, già noti. “E’ evidente che le perplessità riferite dal testimone, a seguito della reiterazione del test, erano divenute certezze”, hanno scritto i giudici nella sentenza.
Insomma, il processo ha detto che quest’uomo abbia convissuto per quattro anni con la certezza di non essere il padre del bimbo formatosi nel grembo della moglie. La situazione precipitò poi nel 2011: diventò intollerabile quella convivenza che stava già vacillando prima della nascita del bimbo. E si separarono consensualmente. La verità venne poi a galla quando l’uomo chiese, come è diritto di ogni genitore separato o divorziato che sia, di stabilire i giorni che avrebbe trascorso insieme a suo figlio: la rispo[/FI]sta della ex moglie fu che non l’avrebbe più rivisto perché il padre naturale è un altro e non lui.

L’uomo si è costituito nel processo con l’avvocato Antonietta Spagnolo, la ex moglie con l’avvocato Giovanni Erroi mentre l’avvocato Tiziana Del Coco si è costituita nell’interesse del bambino.
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