L'immediato potenziamento dei contingenti lungo il fronte Est della Nato, sostegno logistico ed economico per l'Ucraina e, ovviamente, «dure» sanzioni per la Russia. Sembra essere questa, in estrema sintesi, la prima risposta italiana all'attacco condotto da Mosca contro Kiev. La situazione è ancora molto fluida ma, al pari di tutto l'Occidente, l'esecutivo sta elaborando le proprie mosse. L'Ucraina, del resto, «è una nazione amica» ha chiarito il premier Mario Draghi in conferenza stampa poche ore fa, e l'attacco sferrato dalla Russia «riguarda tutti noi, il nostro vivere da liberi, la nostra democrazia».
Draghi: «Putin metta fine allo spargimento di sangue e ritiri le truppe in modo incondizionato»
Le prime mosse del governo italiano
Perché la risposta venga formalmente definita però c'è bisogno ancora di tempo.
Al netto di richieste necessarie ma ormai difficilmente realizzabili come il «ritiro incondizionato» delle truppe fuori dai confini «internazionalmente riconosciuti» dell'Ucraina avanzato da Draghi, l'idea è quella di arginare il prima possibile l'azione militare russa, limitandola al territorio ucraino. Cioè scongiurare che il mirino di Vladimir Putin possa impostarsi sui sempre reclamati Paesi baltici: Estonia, Lettonia e Lituania (con quest’ultima che non a caso ha appena proclamato lo stato d’emergenza). A differenza dell'Ucraina, si tratta di membri della Nato e dell’Unione europea dal 2004, e qualora finissero sotto attacco lo scenario cambierebbe completamente. I Paesi attaccati potrebbero richiedere l'attivazione dell'articolo 5 del Trattato istitutivo che, come accadde per gli Usa in Afghanistan, solleciterebbe un intervento militare dei Paesi alleati. Si arriverebbe cioè allo scontro frontale.
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