Massimo Galli spiega perché non va più in tv. E punta il dito sulle «magagne tirate fuori dal Covid»

Massimo Galli spiega perché non va più in tv. E punta il dito sulle «magagne tirate fuori dal Covid»
Massimo Galli spiega perché non va più in tv. E punta il dito sulle «magagne tirate fuori dal Covid»
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Lunedì 17 Maggio 2021, 14:39

La scorsa settimana ha fatto parlare di sé per la sua decisione di non andare più in tv, per almeno 15 giorni: l'infettivologo Massimo Galli, primario di malattie infettive al Sacco di Milano, ora spiega quella decisione, in un intervento a un convegno online organizzato dalla Fondazione delle scuole civiche del capoluogo lombardo. «Mi sono tirato fuori da una mischia che stava diventando più scorretta di quella rugbistica», ha detto Galli: rispetto al rugby, «sport bestiale giocato da gentiluomini», ha aggiunto citando il rugbista Henry Blaha, «non so per chi sia fatta la politica ma è un altro paio di maniche e non ho più voglia di essere l'esperto definito come esperto di parte».

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Galli ha spiegato che la sua decisione è dovuta anche alla sua opinione sul coprifuoco.

Al convegno online ha spiegato che «ognuno di noi ha quattro occasioni in cui si muove e incontra gente: quando va a lavorare, quando sta al lavoro, quando torna e quando esce di sera, l'unica limitazione possibile senza attaccare le attività produttive è l'uscita serale e su questo - ha concluso - non avrei più voglia di dilungarmi».

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«Tutte le magagne legate al Covid»

Dal Covid, ha detto poi Galli, ci sono da imparare alcune lezioni: l'esperto ha stilato l'elenco delle mancanze della sanità pubblica rese evidenti dalla pandemia. Prima di tutto l'«inadeguatezza della medicina preventiva e non solo per il Covid, perché la protezione vaccinale dell'adulto è inadeguata» come dimostra il fatto che questo inverno «santa mascherina ha abolito una stagione influenzale, e ci domandiamo cosa succederà a venire per questa realtà con grande curiosità scientifica e interesse epidemiologico».

E poi, «l'insufficiente coordinamento della medicina territoriale che va rivista da capo a fondo, soprattutto quella della cronicità, con le modalità di assistenza che vanno riviste con più tecnologia». E ancora: «la rete ospedaliera emergenziale non è di fatto riuscita a funzionare, non era preparata. Questo era un fatto eccezionale ma ha dimostrato di poter accadere e ha tirato fuori le magagne come le rianimazioni insufficienti e le camere di compensazione territorio-ospedale assolutamente carenti».

Immunità di gregge col vaccino ai più giovani

«La vaccinazione contro il Sars-Cov2, è molto importante anche per i più giovani, perché è ormai chiaro che, soprattutto con le varianti, questa fascia d'età è un importante serbatoio di infezione. Non potremo auspicare all'immunità di gregge se non saremo in grado di vaccinare nel più breve tempo possibile anche i bambini e i ragazzi», ha detto l'esperto secondo cui è positiva l'approvazione da parte dell'Fda del vaccino Pfizer per i ragazzi dai 12 ai 15 anni il vaccino anti-Covid Pfizer. «Finalmente, una buona notizia che speriamo venga al più presto approvata anche da Ema». 

Galli si è anche espresso sulle incertezze che riguardano il vaccino anti-influenzale 2021-2022 per il quale il Ministero della Salute ha diramato, con 2 mesi di anticipo, una circolare. «Nella scorsa stagione, i casi di influenza, in entrambi gli emisferi, sono stati pochissimi così come abbiamo avuto poche malattie da raffreddamento e pochissimi altri virus delle prime vie respiratorie, tipici della stagione invernale. Per la prima volta c'è stato un buco nella storia epidemiologica dell'influenza e in questa fase non siamo ancora in grado di anticipare quale sarà l'evoluzione. La scommessa, quest'anno ancora di più, sta a capire che cosa circolerà e se circolerà l'anno prossimo. Siamo di fronte a un avvenimento epocale: la pandemia da coronavirus, con tutte le sue misure di contenimento e di protezione individuale hanno condizionato la circolazione di tutti i virus tipici della stagione invernale».

Sui vaccini ai guariti

«Considerare l'opportunità o meno di vaccinare quelli che sono già guariti», propone Galli. Se non si vaccinassero i «guariti che sono 4 milioni e qualcosa, almeno quelli noti, risparmieremmo parecchio anche in dosi visto che quello è il problema, ci sono molte promesse, ma alcune vedono delle difficoltà tra cui il rifiuto esteso, soprattutto in alcune regioni, di Astrazeneca». Galli ha mostrato un lavoro danese per il quale «abbiamo l'80% di protezione dalla guarigione precedente rispetto alla possibilità di una seconda infezione. È un aspetto che deve fare considerare l'opportunità o meno di vaccinare quelli che sono già guariti».

Per quanto riguarda le vaccinazioni, poi, «trovo non accettabile per i fragili che si aspetti di vedere se si infettano o no senza andare a vedere il dosaggio degli anticorpi neutralizzanti per capire se il vaccino ha attecchito o meno». «Faccio il medico clinico, il mio problema - ha spiegato Galli - è come fare per chi non risponde e per chi non posso vaccinare, queste strategie meritano una riconsiderazione».

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