Mamma Cira spende tutti i risparmi e si indebita per 20mila euro per curare le malattie della figlia: «Non ho più soldi, che devo fare?»

Dalla Sicilia al Meyer di Firenze, perché in tutta la regione non c'è un reparto di neurochirurgia pediatrica

Mamma Cira spende tutti i risparmi e si indebita per 20mila euro per curare le malattie della figlia: «Non ho più soldi, che devo fare?»
Mamma Cira spende tutti i risparmi e si indebita per 20mila euro per curare le malattie della figlia: ​«Non ho più soldi, che devo fare?»
di Redazione web
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Martedì 16 Aprile 2024, 14:15 - Ultimo aggiornamento: 14:44

Una figlia di nove anni e mezzo che necessita di cure per due patologie rare neurodegenerative del sistema scheletrico e debiti per un ammontare di 20mila euro accumulati proprio per garantire alla bambina i ricoveri di cui ha bisogno. Cira Maniscalco, una mamma siciliana di 41 anni, da anni è costretta a fare la spola con Firenze, più precisamente con l'ospedale Meyer, perché nella sua regione non esiste un reparto di neurochirurgia pediatrica adatto a prendersi cura di sua figlia. Viaggi che hanno un costo, e che la famiglia non riesce più a sostenere.

Le spese per le cure

«Manca un ambulatorio dedicato a questo tipo di patologie - dice mamma Cira affidando un appello a Repubblica - in Sicilia non esistono infatti i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali.

I genitori dei bambini che soffrono di malattie rare, impossibili da curare nell’Isola, sono costretti quindi a rivolgersi altrove dovendo così fare fronte a spese esose». La famiglia vive con un reddito limitato, con solo il marito che lavora, e una modesta indennità di frequenza scolastica di 288 euro mensili destinata a coprire i bisogni primari della figlia, tra cui le medicine e la fisioterapia.

I rimborsi

La legge regionale 202 del 1979 prevede il rimborso delle spese di viaggio e soggiorno per i pazienti costretti a curarsi fuori regione, ma Maniscalco denuncia una mancanza di supporto concreto e di attenzione da parte delle autorità. Salvatore Costa, avvocato della famiglia, sottolinea che «la legge dunque esiste, ma bisogna capire se sono stati previsti i capitoli in bilancio, ecco perché vogliamo incontrare il presidente Schifani e auspichiamo anche un incontro con la sesta sottocommissione Salute al fine di stabilire tempi e modi di applicazione della normativa».

La sanità privata

Nonostante le promesse e le scuse iniziali del presidente Schifani per la necessità di rivolgersi al privato per ottenere assistenza sanitaria tempestiva, Maniscalco non è mai stata ricevuta dal presidente. «In ospedale mi avevano dato appuntamento dopo sei mesi per un elettroencefalogramma - raccontava la donna - Mia figlia ha avuto un tumore nasale e non poteva aspettare. Che dovevo fare? Ho pagato 250 euro e dopo due giorni avevo già il referto in mano. Stessa cosa quando sono stata costretta a pagare una risonanza magnetica. In ospedale avrei dovuto attendere otto mesi. In un centro diagnostico privato l’esame è stato eseguito dopo due giorni per 300 euro. I bambini con malattie gravi non possono aspettare».

L'appello

La disperazione di Maniscalco è palpabile mentre si prepara per un altro viaggio a Firenze per un controllo, sapendo che questo comporterà ulteriori spese insostenibili. «Che devo fare? Rinunciare alle cure di mia figlia o indebitarmi ulteriormente?», si chiede la donna, che invoca giustizia e attenzione per non solo la sua situazione, ma per tutti i genitori che affrontano sfide simili. «È normale che per la sagra del carciofo si stanzino 400mila euro e i genitori dei bambini malati in difficoltà economiche siano lasciati da soli? La mia non è una lotta personale, penso anche a tutti coloro che non si possono permettere i viaggi della speranza e sono costretti a rinunciare alle cure per i propri figli».

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