Campanile di San Marco, la storia di uno dei simboli di Venezia tra crolli e ricostruzioni

Tra i monumenti più importanti d'Italia, "El parón de casa" spicca nell'omonima piazza sottostante dal IX secolo, quando venne eretto durante il dogado di Pietro Tribuno

Campanile di San Marco, la storia di uno dei simboli di Venezia tra crolli e ricostruzioni
Campanile di San Marco, la storia di uno dei simboli di Venezia tra crolli e ricostruzioni
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Mercoledì 24 Aprile 2024, 12:42 - Ultimo aggiornamento: 12:44

Simbolo di Venezia e tra i monumenti più importanti d'Italia, il campanile di San Marco spicca nell'omonima piazza sottostante dal IX secolo, quando venne eretto durante il dogado di Pietro Tribuno. Inizialmente usato come torre d'avvistamento e faro, "El parón de casa" - questo il suo soprannome - venne rimaneggiato nel XII secolo dall'architetto Buono su imitazione del campanile di Aquileia e soprattutto di San Mercuriale a Forlì.

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La costruzione

Dopo i primi rimaneggiamenti, nel XIV secolo il campanile venne nuovamente modificato da ingegneri olandesi e francesi, chiamati per rinforzare la struttura. Già seriamente danneggiata nel 1489 da un fulmine - che ne distrusse la cuspide in legno - la torre venne gravemente colpita da un terremoto nel marzo del 1511, rendendo necessario l'avvio di opere di consolidamento. Un lavoro, questo, iniziato dall'architetto Giorgio Spavento e continuato sotto la direzione del bergamasco Pietro Bon, Proto dei Procuratori di San Marco, che diede al campanile l'aspetto definitivo.

Nel dettaglio, venne riedificata la cella campanaria - realizzata in marmo -, sopra la quale venne realizzato un attico sulle cui facce vennero poste sculture raffiguranti il leone di San Marco e Venezia, il tutto sovrastato da una slanciata cuspide in bronzo per rendere la torre visibile dal mare. I lavori vennero completati il 6 luglio 1513 con il collocamento della statua in legno dorato dell'Arcangelo Gabriele, nel corso di una cerimonia di festeggiamento che viene ricordata da Marin Sanudo.

 

Gli interventi

Diventato un "parafulmine naturale" a causa della sua altezza e delle strutture in ferro che la rinforzavano, nel corso degli anni il campanile subì numerosi interventi riparatori. Numerose furono anche le scariche atmosferiche che lo colpirono nei secoli, incendiandolo e facendogli cadere la cima o provocando squarci nella struttura. Nel 1653 fu Baldassare Longhena a seguire i restauri. Altri ne vennero eseguiti dopo che, il 13 aprile 1745, l'ennesimo fulmine provocò uno squarcio della muratura, causando anche alcuni morti in seguito alla caduta di detriti. Per mettere fine a questi problemi, nel 1776 l'astronomo padovano Giuseppe Toaldo dotò quindi il campanile di un parafulmine, ovviando così a nuovi possibili incidenti. Alcuni anni dopo, nel 1820, venne poi sostituita la statua dell'angelo con una nuova, realizzata da Luigi Zandomeneghi e posta in opera due anni dopo. In seguito al crollo del campanile del 1902, la statua dell'Arcangelo Gabriele venne danneggiata e il restauro fu affidato a Gioacchino Dorigo.

Il crollo

Nuovi problemi si ripresentarono nel 1902, quando il campanile iniziò a sgretolarsi. Secondo gli studi dell'architetto Luca Beltrami le principali cause del progressivo indebolimento e successivo cedimento sono da ritrovare nelle deficienze di solidità, l'età stessa del monumento e le alterazioni apportate. Il 12 luglio furono rilevate poi le rotture di numerosi "vetrini spia", usati un tempo per controllare l'evoluzione delle crepe nei muri, che fecero interrompere la sera successiva un concerto della banda del 18º Reggimento di fanteria che avrebbe dovuto tenersi nella piazza. Il giorno dopo, alle 9.47 il campanile crollò definitivamente, accasciandosi su se stesso e cedendo, provocando una gigantesca nube di polvere. Fortunatamente pochi minuti prima del crollo alcuni tecnici riuscirono a far sgomberare l'area circostante, evitando moltissime vittime. A perdere la vita fu infatti solamente il gatto del custode. Vista la posizione del campanile, i danni furono quindi relativamente limitati. Ad andare distrutte furono la Loggetta alla base del campanile e il lato meridionale verso la Libreria di San Marco del Sansovino. La "pietra del bando", un tozzo tronco di colonna in porfido, su cui al tempo della repubblica venivano bandite le leggi, protesse dalle macerie l'angolo della basilica di San Marco, salvandola dal crollo. Subito dopo il crollo il consiglio comunale deliberò l'immediata ricostruzione, stanziando 500 000 lire per contribuire ai lavori. Il sindaco Filippo Grimani, durante il discorso in occasione della posa della prima pietra, il 25 aprile 1903, pronunziò più volte la famosa frase, che diventerà il motto di questa ricostruzione: «Come era, dove era». Seguiti dagli architetti milanesi Luca Beltrami e Gaetano Moretti, i lavori videro anche il rifacimento dei leoni che erano stati scalpellati durante la dominazione austriaca, e durarono fino al 6 marzo 1912. Le macerie risultanti dal crollo, una volta recuperate le parti riutilizzabili, furono scaricate in mare vicino a Punta Sabbioni.

Il nuovo campanile

Il nuovo campanile venne inaugurato il 25 aprile 1912, in occasione della festa di San Marco. L'inaugurazione  fu celebrata anche con un'emissione filatelica, composta da due valori (5 e 15 centesimi di lira), nella cui vignetta campeggiano le iscrizioni: "Come era, dove era" sulla destra e le date del crollo e della fine dei lavori, in numeri romani, sulla sinistra. 

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