Intossicazione di funghi a Brindisi: già otto i casi accertati

Intossicazione di funghi a Brindisi: già otto i casi accertati
di Maurizio DISTANTE
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Martedì 27 Ottobre 2015, 22:20 - Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 10:18
Sono già 8 i casi accertati di intossicazione da funghi registrati nelle ultime settimane in provincia di Brindisi. Il più grave è quello delle due sorelle di 21 e 17 anni di Cellino San Marco, ricoverate da giorni all’ospedale “Perrino” in terapia intensiva, dopo aver mangiato dei funghi raccolti dal padre.



Per evitare altri casi simili, il dipartimento di prevenzione dell'Asl, diretto da Adriano Rotunno, ha tenuto una conferenza stampa. I micologi dell'Asl presenti all'incontro sono partiti proprio dal caso delle due giovani cellinesi per spiegare quanto sia facile rischiare grosso ingerendo funghi non certificati. «Il caso delle ragazze di Cellino - ha spiegato Antonio Tursi, uno dei micologi aziendali presenti all'incontro - era particolarmente complicato perché, quando sono state accompagnate al pronto soccorso, i parenti hanno riferito ai sanitari di aver consumato, tutti insieme, degli amanita ovoidea, volgarmente chiamati "farinacci", da qualche anno inserito nell'elenco dei funghi tossici.



La sola ingestione del farinaccio, però, non bastava a spiegare la violenza degli effetti sulle malcapitate. A confondere maggiormente le cose, poi, c'era il fatto che i funghi non erano stati mangiati solo dalle sorelle: anche gli altri parenti ne avevano consumato e non avevano accusato alcun malore. La chiave, per i medici, è arrivata sotto forma di un vasetto di funghi sottolio, raccolti insieme a quelli mangiati dalle ragazze e poi lavorati. «Quando ci hanno sottoposto il barattolo abbiamo immediatamente individuato la presenza di due altri funghi, molto simili al farinaccio ma molto più pericolosi: l'amanita proxima, che causa la sindrome norleucinica, e l'amanita phalloides che causa la sindrome falloidea, potenzialmente mortale". Il protocollo da utilizzare in casi da avvelenamento da funghi, quindi, è immediatamente partito.



«La macchina del soccorso ha funzionato egregiamente - conferma Tursi - i sanitari del pronto soccorso, che sono stati opportunamente formati per affrontare questo tipo di situazioni, ci hanno allertato rapidamente. Quando siamo intervenuti abbiamo contattato il centro antiveleni di Milano, fornendo loro le immagini dei funghi ingeriti dalle ragazze e, quindi, abbiamo cominciato la cura più efficace». Il risultato è che le condizioni delle due ragazze sono in miglioramento: la più giovane desta ancora qualche preoccupazione ma ci sono speranze di un pieno recupero.



Andare a funghi o, più semplicemente, consumarli non è un'attività che può essere presa alla leggera: bisogna sempre che il raccolto passi il controllo degli esperti che ne devono necessariamente certificare la commestibilità. Riconoscere un fungo tossico, velenoso o commestibile, infatti, non è un'impresa semplice. «Basta una lieve sfumatura del colore, un piccolo particolare del cappello o del gambo - afferma Pancrazio Sanasi, micologo e presidente di un’associazione di appassionati di funghi - e si può passare da una leccornia a una pietanza potenzialmente mortale».



In buona sostanza, chi volesse cimentarsi nella raccolta dei funghi, deve ottenere il patentito che viene rilasciato dai Comuni e dalle associazioni; chi, invece, preferisce solo mangiarli deve rivolgersi ai rivenditori che espongono, per ogni tipo di fungo in vendita, il certificato di commestibilità rilasciato dai micologi del servizio sanitario locale.



«Quando si raccolgono i funghi, comunque, bisogna sempre passare dalle strutture dell'Asl per controllare il raccolto: proprio domenica - racconta Sanasi - abbiamo evitato una potenziale strage: due comitive, di ritorno dalla Calabria, avevano fatto il pieno di funghi e, per caso, si sono fermate all'ospedale di Mesagne: siamo stati chiamati e, una volta visti i funghi, abbiamo subito individuato una grande quantità di amanita phalloides, uno dei funghi più velenosi nei quali ci si può imbattere».