Roca, una famiglia nascosta in un corridoio: sette scheletri svelano un altro segreto dell'antica città

Roca, una famiglia nascosta in un corridoio: sette scheletri svelano un altro segreto dell'antica città
di Anna Manuela VINCENTI
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Martedì 8 Febbraio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:22

A Roca come a Pompei i resti archeologici e i morti parlano di eventi che hanno devastato l’insediamento. Una testimonianza eccezionale con ritrovamenti unici che raccontano la Protostoria nel Mediterraneo. Le sale del laboratorio di Scienze applicate all’archeologia del Dipartimento dei Beni culturali dell’Università del Salento in via Birago a Lecce, sono piene di scaffali che contengono migliaia di cassette e reperti archeologici, uno scrigno prezioso che custodisce oltre trent’anni di scavi effettuati nell’insediamento di Roca alle porte di Melendugno in provincia di Lecce. Ogni frammento di ceramica rappresenta un pezzo di storia, un viaggio affascinante che ci fa tornare indietro a millenni fa.

L’insediamento sul litorale Adriatico, a pochi chilometri a Nord di Otranto, è sempre stato importante e lo testimoniano i ritrovamenti. Le tantissime ceramiche che ci raccontano di scambi commerciali, quando sulle coste salentine vivevano indigeni ed egei, di cui si hanno testimonianze ed altre genti di cui non si sa nulla.

Una storia accaduta tra il XVII e il XIV secolo avanti Cristo

La storia più antica ed affascinante del sito di Roca, oggetto di studio e di scavo sin dai primi anni ’90 dal professor Cosimo Pagliara di UniSalento, risale al Bronzo Medio, che si colloca tra il XVII secolo e la fine del XIV secolo avanti Cristo in coincidenza di un fondamentale e preciso momento storico. Un evento catastrofico, tragico, una distruzione violenta, molto probabilmente l’esito di una battaglia avvenuta a Roca che ha prodotto, in termini archeologici, dei risultati eclatanti. Come nel caso di Pompei ha sigillato e fermato nel tempo una situazione, perché tutto distrutto e sepolto velocemente. Spesso nelle distruzioni ci sono dei morti, sono proprio questi a parlare e a raccontarci ciò che è avvenuto. Molto probabilmente si è trattato di un assedio, perché ci sono tante indicazioni che parlano di questo, compreso un incendio molto esteso.

I resti di un guerriero ventenne con un pugnale

«Sappiamo – racconta Teodoro Scarano del Dipartimento di beni culturali di UniSalento e direttore degli scavi di Roca - che l’insediamento è stato distrutto dopo un assedio e una battaglia, perché ce lo dicono i morti. È stato, infatti, ritrovato un individuo di sesso maschile di circa vent’anni con un pugnale in bronzo di tipo egeo. Un guerriero morto in combattimento, perché le sue ossa hanno segni di arma da taglio, su queste ferite non c’è nessun segno di reazione, quindi la morte è sopraggiunta in un tempo molto ravvicinato dopo la ferita. La morte di questo guerriero ci dà la certezza che l’incendio e la distruzione non sono casuali».

Roca è unica perché ha l’evidenza della battaglia, le morti che la testimoniano ed è un insediamento imponente con delle enormi fortificazioni, quasi duecento metri con uno spessore di venticinque metri e una porta monumentale.

Una fortificazione che racconta l’importanza del sito all’epoca, ma anche la necessità di dimostrare, al di là del mare, la grandezza delle genti che lo abitavano. Ha una struttura e una planimetria complesse: una porta monumentale alta più di dieci metri e poi una serie di lunghi corridoi minori, le postierle, larghi un metro e mezzo che attraversano per intero la fortificazione.

La postierla C, spessa quindici metri, racconta come nel corridoio erano sistemati vari gruppi e tipologie di vasi da cucina e di deposito di cibo, circa un’ottantina di vasi ceramici accostati alle pareti. Il corridoio era stato chiuso dall’interno, era stato barricato con delle pietre impedendo l’ingresso dall’esterno. I vasi erano stati sistemati con un criterio e in modo da nascondere alla vista ciò che c’era all’interno.

L'importante scoperta: i resti di 7 persone, un uomo, una donna e 5 ragazzi

Proprio nel corridoio interno sono stati ritrovati gli scheletri di sette individui: due adulti, un uomo e una donna e cinque giovani di diverse età, che vanno da un paio d’anni, sino all’età adolescenziale. Individui ritrovati tutti all’estremità del corridoio, vicino alla barricata di pietre. Ognuno degli scheletri conservava la posizione originale, quando probabilmente si erano sistemati per nascondersi, la donna è seduta a terra con la schiena contro la parete del corridoio e con il braccio destro copre i due individui più piccoli, i quali sono rannicchiai sotto al suo fianco e le mani portate al viso. L’uomo adulto accanto, è completamente rannicchiato su se stesso e con le mani si copre la testa, i ragazzini sono stesi a terra, uno supino e uno prono e hanno le mani al viso e alla bocca. Quello spazio angusto è il luogo indicato per il loro nascondiglio. Nel frattempo sopraggiunge il fuoco e muoiono per asfissia, come testimonia il loro ritrovamento nella posizione del pugile. Le analisi genetiche sembrano indicare che non si tratti di una famiglia mononucleare, ma una famiglia allargata. Il radio carbonio li colloca alla metà del XIV secolo avanti Cristo. Il calco della famiglia è conservato a Musa di Lecce.

Nel 2017 è stato ritrovato lo scheletro di un altro individuo e nel 2021 nel corso degli scavi, finanziati dal Ministero della cultura, nella torre contrapposta della porta monumentale è stato ritrovato ancora un altro scheletro.
Da cinque anni a questa parte si sta cercando di completare lo scavo di queste evidenze eccezionali e il comune di Melendugno in accordo con la Soprintendenza Abap di Lecce spera di intercettare qualche bando con finanziamento per restaurare la porta monumentale, i corridoi delle fortificazioni e rendere il percorso fruibile dai turisti.

Il sito di Roca può essere visitato grazie alle guide di Vivarch che si occupano dell’apertura al pubblico da aprile a ottobre e nelle aperture straordinarie e domenicali nel resto dell’anno.

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