Donne dai mille volti tra le strade del borgo

Donne dai mille volti tra le strade del borgo
di Carmelo CIPRIANI
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Martedì 24 Agosto 2021, 05:00

È tutta nel nome la genesi del progetto “Intrance”, festival di fotografia e arte contemporanea organizzato a Galatina da Alessia Rollo, fotografa di base a Lecce ma itinerante per lavoro. Un progetto espositivo diffuso, che porta in vari luoghi della città proposte fotografiche nazionali ed internazionali, facendole dialogare con la storia cittadina e con il tessuto urbano. “Con questo progetto Galatina sceglie di farsi scoprire come un corpo da osservare, abitare e far vivere” ha dichiarato la curatrice. 

Punto di partenza, a cui suggestivamente rimanda anche il titolo, è il fenomeno del tarantismo, tanto indagato da divenire quasi un topos, un tema assai noto ma tutt’altro che esaurito o risolto. Un fenomeno ancestrale, intimamente legato alla storia del Salento, che ancora oggi, dopo più di un sessantennio di studi, dona suggestioni a ricercatori, curatori e artisti, prestandosi a dare origine a molteplici riflessioni, non ultime quelle nel campo delle arti visive. 

Più precisamente il focus del festival è il corpo, femminile in primo luogo ma anche maschile, con significativi sconfinamenti nei temi delle discriminazioni razziali, dell’accettazione del sé, degli stereotipi e delle consuetudini sociali. In particolare, parte immaginificamente dai corpi delle tarantate in preda agli spasmi, tanto drammatici quanto affascinanti, ricchi come sono di stimoli visivi e memoriali. Prendendo le mosse da questo immaginario arcaico, Alessia Rollo ha selezionato dieci artisti che si esprimono prioritariamente con la fotografia e il video e che lavorano sul corpo come territorio di esplorazione e sulle sue trasformazioni naturali e indotte, fisiche ed emotive.

La mostra "a tre"

Il festival, che proseguirà fino al 31 agosto, si è aperto con l’inaugurazione di una mostra a tre presso Gigi Rigliaco Gallery: Yolanda Domínguez con il doppio progetto “Little black dress” e “Poses”, Rossella Piccinno in “Bride’s journey and funeral” e Rubén H. Bermúdez con “Y tu porquè eres negro?”.

Performer e attivista madrilena, Yolanda Dominguez in “Little black dress” è partita dallo stereotipo del vestito nero taglia 38. Lo ha fatto indossare a cento donne dalla fisicità assai differente. Il risultato è uno straordinario campionario umano, esteticamente distopico, attraverso il quale riflettere sugli stereotipi generati dalla moda. Il pavimento specchiante rinvia metaforicamente alle donne che si guardano a vicenda e si giudicano sempre sulla base di quegli stessi stereotipi.

Il tema del sé visto dagli altri è affrontato anche in “Poses”, lavoro video in cui l’artista invita gente comune incontrata per strada a ripetere alcune pose tratte dal mondo della moda. Rubén H.Bermúdez “Y tu porquè eres negro?” affronta le discriminazioni razziali e di genere. Partendo dalla sua esperienza di vita, dal colore della sua pelle e dai pregiudizi con cui la società lo ha sempre tacciato, per primo riflette sull’afrodiscendenza in Spagna, dando origine ad un progetto fotografico suggestivo e coinvolgente. Rossella Piccinno, infine, in “Bride’s journey and funeral”, seppellisce a Lanzarote il suo abito da sposa, dando luogo ad una performance che rievoca quella di Pippa Bacca, artista milanese assassinata in Turchia proprio durante lo svolgersi di una sua azione.

Piccinno, attuando un ragionamento metonimico, occulta il simbolo di una convenzione sociale qual è il matrimonio, seppellendo con l’abito tutto il rituale, le credenze e i pregiudizi che solitamente lo accompagnano.

Camminando nel borgo

Spostandosi nel centro cittadino, nello spazio aperto di Piazza Dante, è possibile vedere gli interventi di Alejandra Carles-Tolra e di Giulia Frigeri. La prima capovolge gli stereotipi di femminilità e delicatezza presentando una ricerca sulle donne che giocano a rugby negli Usa, la seconda invece, in “Ragazze italiane”, propone una riflessione sulle afrodiscendenti italiane, creando ritratti sospesi tra la considerazione comune dell’immigrato e la realtà di integrazione e inclusione di cui sono protagonisti. Un progetto intenso, che vive dello spaesamento generato dal divario tra ciò che si crede essere e ciò che realmente è, poeticamente riassumibile nella frase di una studentessa milanese, leggibile sul retro della foto che la ritrae: “Sentirsi chiedere: ‘sì, ma di dove sei davvero?’ quando l’Italia è l’unico paese che conosco davvero”.

Nella corte di Palazzo Orsini, sede del Comune, è possibile vedere il lavoro di Ornella Mazzola dedicato alle donne della sua famiglia: un lavoro intimo in cui la dimensione individuale si apre a quella collettiva esattamente come nell’allestimento, diviso tra androne e parete esterna. Nel vicino Palazzo Gorgoni s’incontra il lavoro fotografico dell’uruguayano Federico Estol “Héroes del Brillo”. A Lima pulire le scarpe è considerato un lavoro umiliante, un vero e proprio stigma sociale. Per questo i lustrascarpe scendono a lavorare travestiti, camuffando la loro identità. Per salvaguardare la loro dignità sono costretti a nascondersi mentre lavorano.
Proseguendo nel percorso espositivo si passa all’ex convento delle Clarisse in Piazza Galluccio. Qui s’incontrano le opere di Gloria Oyarzabal, Myrto Papadopoulos e Roberto Tondopò. La prima propone un seducente lavoro sul colonialismo occidentale in Africa, il secondo uno sulle donne sole (i mariti sono stati costretti ad emigrare per lavoro) della comunità Pomak, minoranza etnica della Tracia, il terzo, infine, un lavoro sugli uomini che danzano vestiti da donne durante la celebrazione di San Sebastiano nel sud-est del Chiapas, in Messico. “Transito”, questo l’evocativo titolo, carico di suggestioni religiose quanto laiche, riflette sulle identità alternative, contaminando tradizioni popolari e questione gender.

Il progetto, promosso dall’amministrazione comunale di Galatina, s’inserisce nella rassegna estiva e culturale 2021 “A Cuore Scalzo”. Oltre al percorso espositivo, il festival comprende anche la residenza d’artista di Claudia Mollese presso il Museo Civico “Pietro Cavoti” e i laboratori cittadini realizzati da Erika Schipa, GioRè, Maria Marzioni, Rachele Andrioli, Arci e Adalgisa Romano, in collaborazione con l’Associazione 34° Fuso.

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