Dialoghi d'estro e d'arte con Quida e Spagnulo: la mostra a Matera

Dialoghi d'estro e d'arte con Quida e Spagnulo: la mostra a Matera
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Lunedì 18 Ottobre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 10:58

“Tutta l’arte è stata contemporanea” recita una celebre opera di Maurizio Nannucci, realizzata con lettere illuminate a neon sul finire degli anni Novanta, esposta in molte occasioni e contesti. Nell’affermare la contemporaneità di tutta l’arte rispetto al periodo che l’ha generata, l’opera asserisce implicitamente la vacuità di categorie e definizioni, assegnate agli artisti quasi sempre a posteriori, nel tentativo di accomunare ricerche differenziandone altre e di semplificare così lo svolgersi del pensiero artistico. Una messa in discussione che talvolta è avvalorata da alcune esposizioni che, ponendo a confronto due o più artisti di generazioni differenti e mai incontratisi, rivelano affinità sorprendenti, spiegabili non con reciproche influenze e neppure in toto con le tendenze estetiche dominanti nel periodo e nel luogo in cui le opere sono state prodotte (talvolta decenni e latitudini assai distanti) ma con una pura comunanza di sentire, capace di travalicare tempo e spazio.

È questo quanto palesa anche la mostra “Perimetro del sensibile” allestita a Matera, nella centralissima chiesa di Santa Maria del Carmine, annessa a Palazzo Lanfranchi, storica sede del Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata. In essa dialogano con rara suggestione le opere di Giuseppe Spagnulo e Raffaele Quida, il primo nativo di Grottaglie, scomparso nel 2016, il secondo leccese, trent’anni più giovane ma a lui accomunato da una rara sensibilità per le potenzialità espressive dei materiali. Uno stacco netto sul piano anagrafico ma non su quello espressivo come rivelano le opere di entrambi, disposte in un percorso alternato e osmotico, al punto che, a quanti non conoscono con sufficiente sicurezza quelle dell’uno e quelle dell’altro, risulta arduo stabilire con certezza la paternità di ognuna. La mostra, dunque, si qualifica per il riuscito confronto tra i due artisti ma anche per quello tra loro e lo spazio che li ospita, la cui storicità accentua l’estraneità dei lavori selezionati e la loro arcana bellezza.

 

L'idea


Ideata e curata di Giacomo Zaza, la mostra nasce dal desiderio di perlustrare prospettive visive che elaborano nuovi spazi e forme del sensibile poco note. Nello spazio continuo della cappella, articolato tra l’unica navata e il corto braccio del transetto, si alternano cinque lavori di Spagnulo, tra carte e sculture, tutti provenienti dalle collezioni Fraccalvieri e Sirressi di Santeramo e datati tra il 1991 e il 1993, e sei di Quida, datati tra il 2010 e il 2021. Un ambiente unico che però non consente una visione intera e immediata, celando alcuni lavori e salvando così la sorpresa. 
“In contrasto con le ricche decorazioni marmoree seicentesche e i motivi policromi delle cornici - ha scritto Zaza - le forme elementari create da Spagnulo si presentano come ombrose, telluriche, imperfette, dense d’interstizi.

La loro superficie ruvida e irregolare, riporta l’attenzione a uno spazio in cui prevalgono i rapporti tra pieno e vuoto, negativo e positivo, presenza e assenza. Su un versante dialogico, i perimetri di Quida racchiudono processi sensibili non conclusi, dove si sedimentano tracce e gesti, a volte mai direttamente palesati”. Ai contesti storici e monumentali Quida è avvezzo: nel confronto con questi le sue opere escono vittoriose, arricchite di suggestioni tanto visive quanto concettuali.


Nei lavori esposti la privazione del colore, il rigore della geometria, la sensibilità luministica dei materiali costituiscono i tratti comuni tra le due ricerche, entrambe tese a dare forma sensibile all’interazione tra spazio, opere e pensiero. Un dialogo quello tra Quida e Spagnulo al quale avrebbero potuto prendere parte anche altri artisti, in primo luogo Carlo Zauli, straordinario scultore-ceramista che con Spagnulo ha condiviso l’importante esperienza faentina, e che avrebbe aggiunto nuove suggestioni nel raffronto tra forme e materiali. Questi ultimi sono protagonisti: carta, carbone e sabbia vulcanica per Spagnulo, stracci laceri e carte termiche per Quida, ferro per entrambi. Materiali imperiosi, austeri nella loro dominante monocromia, bianca o nera, ma particolarmente sensibili alla luce. 
Il valore concettuale della mostra risiede nella ricercata distanza tra l’oggettività richiamata dal titolo, allusivo di ciò che è rilevabile e tangibile, e la sfuggevolezza delle opere che si presentano a noi nella loro imperfetta geometria, simboli di un ordine superiore e come tale non del tutto comprensibile e misurabile. 
Geometrie dell’animo, “solidi impuri” li ha felicemente definiti Zaza, che, pur salvaguardando la regolarità delle linee, raccontano di spazi infiniti, non perfettamente delimitabili, indovinate metafore del pensiero, tangibile nei suoi risultati ma sfuggente nella sua leggibilità, contenuto in opere d’ingegno ma non totalmente circoscrivibile in esse.
La mostra, patrocinata dalla Provincia e dal Comune di Matera, si avvale della collaborazione della galleria Cosessantuno Artecontemporanea, della Fondazione per l’Arte e le Neuroscienze “Francesco Sticchi”. È visitabile fino a domani dalle 9 alle 20. Ingresso libero.

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