Via Francigena: si allunga fino a Brindisi, ignorati Otranto e Leuca

La nuova via francigena
La nuova via francigena
di Leda CESARI
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Domenica 17 Aprile 2016, 21:40 - Ultimo aggiornamento: 21:49

Partivano a migliaia, da ogni parte d’Europa - i fagotti pieni delle loro povere cose – per adempiere voti, soddisfare istanze spirituali, rendere omaggio a quel Dio così presente nelle loro vite così lontane, eppure così simili alle nostre. Attraversavano la Manica, valicavano le Alpi e gli Appennini, diretti alla tomba romana dell’Apostolo Pietro o alla Grotta di San Michele sul Gargano, per venerare le reliquie lucchesi del vescovo irlandese Frediano o mischiare i tragitti e deviare verso Santiago di Compostela. Oppure puntavano direttamente verso i luoghi che hanno scritto la storia della cristianità: direzione Terrasanta. E per andarci, già, si imbarcavano a Brindisi: da sempre – dai tempi dei Romani, almeno – porta consolidata verso l’Oriente e i suoi misteri.

Da oggi, quindi, comprende ufficialmente anche Brindisi la Via Francigena, antica rotta dei pellegrini che, in più percorsi attraverso l’Europa, approdava ai più importanti luoghi di culto della cristianità. L’ha deciso l'Istituto Europeo degli Itinerari Culturali, che ha così “allungato” fino al Salento l’antica strada che nel Medioevo univa la Francia a Roma (donde il nome) e ai porti della Puglia: 2300 chilometri da percorrere a piedi con fatica e contrizione, attraverso diversi Paesi, dal cuore dell’Europa fino al suo confine orientale. «Un passo che rappresenta una grande vittoria», ha commentato Silvia Costa, presidente della commissione Cultura del Parlamento europeo, riferendosi agli scenari geopolitici drammatici che si vanno delineando sulle rotte dei migranti di oggi. «Mentre alcuni Stati europei alzano muri, noi apriamo nuove vie culturali e nuovi itinerari del dialogo interculturale e interreligioso».
L'Istituto Europeo degli Itinerari Culturali del Lussemburgo ha infatti come obiettivo principale l’attuazione e lo sviluppo, nei 49 Paesi firmatari della convenzione in questione, del programma degli Itinerari Culturali del Consiglio d'Europa, che l’anno prossimo compiranno trent'anni: un traguardo importante per questo progetto che unisce l'Europa e i Paesi Terzi nel nome della cultura e del dialogo. «Questo risultato premia il lavoro delle associazioni europee delle Vie Francigene come Civita, delle moltissime associazioni di camminatori e pellegrini, della Società Italiana di Geografia delle Regioni, dei Comuni che hanno lavorato insieme per definire il nuovo itinerario che da San Pietro, a Roma, porta a Brindisi». E il prossimo obiettivo, ha concluso la deputata europea, sarà «quello di coinvolgere in modo formale l'Unione europea, in quanto tale, nel governo di tutti gli Itinerari».
Con evidenti benefici per la nostra regione, non solo in termini di turismo religioso (settore pure in forte espansione nel Vecchio Continente di questi tempi, forse perché le genti europee, visto l’andazzo generale, non sanno bene a che santo votarsi). E un riconoscimento doveroso per la Puglia, terra di grandi santi (e relative reliquie) e sede di santuari di primaria importanza religiosa: non a caso i pellegrini, arrivati in prossimità di Foggia, allungavano il loro tragitto di non pochi chilometri per una doverosa sortita verso il Gargano, a Monte Sant’Angelo, luogo di apparizione dell’Arcangelo Michele tra il 490 e il 493 dopo Cristo (evento prodigioso immortalato con la costruzione di una basilica templare sul cui ingresso campeggia la stessa scritta che, posta sul frontone della chiesa di Santa Maria Maddalena a Rennes-le-Château, ha dato origine alle teorie di Dan Brown e del suo “Codice da Vinci”: “Terribilis est locus iste”. Ovvero, fuor di elucubrazioni , “questo luogo incute rispetto”).
Il tracciato italiano della Via Francigena, dunque, adesso termina a Brindisi.
Una decisione che non mancherà di sollevare polemiche, al pari di quelle che seguirono nel 2013 alla scelta della giunta regionale pugliese di escludere dal percorso sacro, a pie’ pari, il Salento e i suoi porti di Otranto e Santa Maria di Leuca, che pure hanno storicamente costituito luoghi di imbarco di navi di pellegrini in rotta verso la Terrasanta. Una decisione criticata da molti esperti di storia locale, anche perché il Salento era notoriamente avamposto templare (a Lecce come a Otranto), e i Templari avevano come missione ufficiale quella di scortare i pellegrini in viaggio verso la Terrasanta. Una svista? Uno sgambetto? I pellegrini, appunto, lo sapevano e si regolavano di conseguenza: i santi in paradiso non bastano mai.

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