Inchiesta sui falsi incidenti: un medico ha scelto di collaborare contro il “sistema” dei «professionisti delle truffe»

Il tribunale di Brindisi
Il tribunale di Brindisi
di Erasmo MARINAZZO
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Sabato 21 Gennaio 2023, 05:00

Microtelecamere piazzate negli studi professionali, microspie nelle auto e telefoni intercettati. Sullo sfondo la criminalità organizzata per fornire cocaina a quei professionisti-manager delle truffe capaci di creare liquidità per decine di migliaia di euro da distribuire ad avvocati, medici e automobilisti-stunt man improvvisati per fare risultare lesioni in realtà inesistenti in falsi incidenti che risultavano solo sulla carta o di scarso rilievo.

Il ruolo della criminalità

Pronta a intervenire, la criminalità organizzata, per far addivenire a più miti consigli gli intestatari dei risarcimenti che delle migliaia di euro indicate sugli assegni erogati dalle compagnie assicurative si sarebbero visti liquidare pochi spiccioli da quel sistema gestito - dice questo l’accusa - da un avvocato che di questo ruolo ne avrebbe fatto una professione piuttosto che trattare cause. 

Un sistema ben collaudato

Il sistema. Anzi il Sistema, come viene definito nelle centinaia di intercettazioni riportate nelle quasi 700 pagine del fascicolo dell’inchiesta Crash del procuratore aggiunto Antonio Negro, del sostituto Luca Miceli e dei carabinieri del Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Brindisi. L’inchiesta che ha scatenato un terremoto nel mondo delle professioni con le perquisizioni ed i sequestri del sei dicembre negli studi, nelle case dei 64 indagati, ma anche nei reparti e nella direzione sanitaria dell’ospedale Antonio Perrino, negli uffici dell’Inail e in una clinica privata. I medici al centro di questa inchiesta che contesta l’associazione a delinquere finalizzata alle truffe alle assicurazioni ma anche la corruzione per un atto contrario ai doveri di uffici che riguarda in gran parte i camici bianchi: 350 euro per ogni pratica falsificata, il prezzo della corruzione indicato nelle carte dell’inchiesta. Due ortopedici, un radiologo, due medici legali dell’Inail ed un dirigente medico dell’ospedale di Francavilla Fontana nelle vesti di consulente delle compagnie assicurative.

E cinque avvocati

Il medico “pentito” conferma e aggiunge dettagli

Racconta questo e tanto altro il fascicolo dell’inchiesta sdoganato dal segreto istruttorio con i ricorsi presentati al Tribunale del Riesame di Brindisi per chiedere l’annullamento dei sequestri di dicembre che hanno interessato documentazione cartacea e supporti informatici come computer, smartphone e tablet per estrarre copia forense delle memorie. Tutto materiale ritenuto utile a fornire riscontro alle singole accuse.
E intanto fra quei 64 indagati e fra quei medici ce n’è uno che - in accordo con il suo difensore - ha valutato che il materiale probatorio sia talmente ricco di dettagli e di riscontri da ritenere che la migliore strategia difensiva sia quella di collaborare con gli inquirenti: nel corso dell’interrogatorio avrebbe fornito conferme. E non solo conferme, ma ulteriori dettagli sul “Sistema”.

I rapporti con le forze dell'ordine

Un “Sistema” in cui l’indagato collocato al vertice dell’organizzazione, l’avvocato, indica complicità nelle forze dell’ordine, un ex poliziotto della Squadra mobile ha dato il via all’inchiesta quando i carabinieri intercettarono una telefonata (era in corso un’altra indagine) con un rivenditore di auto per prendere un appuntamento e metterlo al corrente delle indagini della Questura sul suo amico avvocato. Una “soffiata” che - peraltro - avrebbe avuto un prezzo: visto che l’avvocato stava facendo quattrini a palate con le truffe alle assicurazioni, non gli sarebbe dispiaciuto se gli avesse comprato una casa al mare fra quelle attorno allo stabilimento balneare Granchio Rosso. Un “Sistema” in cui un ruolo chiave avrebbero avuto anche quegli indagati incaricati di individuare le persone disposte a simulare l’incidente stradale per mettersi in tasca qualche centinaio di euro ed il resto distribuirlo ai professionisti del “poncho”.

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