La denuncia dei moderati: «Marino ha mentito: ha una condanna»
Ma lui controbatte col suo avvocato: «Solo una contravvenzione»

Toni Muccio e Luciano Loiacono
Toni Muccio e Luciano Loiacono
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Mercoledì 15 Giugno 2016, 18:55 - Ultimo aggiornamento: 20:56
BRINDISI - Il candidato sindaco del centrosinistra allargato Nando Marino avrebbe mentito sul suo status penale. A sostenerlo è la coalizione dei moderati che sostiene la candidatura di Angela Carluccio, che proprio contro Marino si sconterà al ballottaggio di domenica prossima. Proprio per svelare questo dettaglio si è tenuta ieri pomeriggio, nella sede di Impegno Sociale, una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il coordinatore di Noi Centro Toni Muccio, l'ex presidente del consiglio comunale Luciano Loiacono in rappresentanza dei Democratici per Brindisi e Marina Miggiano per i Conservatori  e Riformisti.

«Marino ha mentito, ha una condanna definitiva per reati ambientali. In apertura di campagna elettorale - sostengono -  il governatore Michele Emiliano, all'epoca responsabile regionale del Pd, ha assicurato che avrebbe ricostruito l'immagine del partito il cui sindaco era stato arrestato a Brindisi e che avrebbe proposto candidati di alto profilo e privi di precedenti giudiziari».
 
«Il candidato Nando Marino – proseguono - nonostante i ripetuti inviti da parte degli elettori e dei suoi competitor, si è rifiutato di rendere pubblici i propri certificati penali e tributari, assicurando pubblicamente di non avere riportato alcuna condanna e di "essere pulito come la candeggina"». Non solo. Marino, infatti, «ha rifiutato di aderire alla campagna nazionale sulla Trasparenza e oggi è l'unico candidato sindaco in Italia».

Alla luce di tutto questo, i rappresentanti della coalizione moderata precisano che «Marino ha mentito ai suoi stessi sostenitori e ha mentito (forse) anche a Emiliano, perché ha nascosto a tutti di aver riportato una condanna definitiva con sentenza passata in giudicato per reati ambientali. Si tratta di una sentenza di condanna a 4 mesi di arresto, con sospensione condizionale, emessa dalla Corte di Cassazione nel 2013 per reati ambientali».

Infine, gli avversari si domandano «cosa abbia da dire su questo caso il governatore Michele Emiliano, sempre pronto a puntare il dito persino su chi, tra i suoi avversari, non è mai stato giudicato né tantomeno condannato. Visto che il suo candidato sindaco ha riportato una condanna penale passata in giudicato, Emiliano (che è un magistrato  comprende bene la gravità dei reati contro l'ambiente) conosceva anche lui questa situazione e l'ha tenuta nascosta, o è stato Marino a non rivelargliela?».

Alle accuse Marino ha risposto in una conferenza stampa, convocata appositamente, durante la quale ha spiegato la propria versione dei fatti. «Ne erano a conoscenza tutti, dal governatore alla coalizione. Il mio casellario giudiziario - sottolinea - è nullo, così come il certificato dei carichi pendenti. D'altronde, come presidente della Lega Basket firmavo contratti di livello nazionale, cosa che qualcuno si sogna nella vita».

Accanto a lui, il suo legale Roberto Mazzara, che ha spiegato più tecnicamente la questione. «In conferenza stampa - esordisce - è stata contestata a Marino una condanna per reati ambientali. E' vero. I fatti oggetto di contestazione risalgono al 2008 e hanno configurato una violazione denominata contravvenzione, che è ben distinta dal delitto». L'avvocato di Marino spiega poi che «la vicenda aveva portato all'assoluzione in primo grado ma i giudici degli altri gradi sono stati di diverso avviso».

La condanna, per il reato contravvenzionale, prevedeva tra l'altro la non menzione, dunque non sarebbe, ed in effetti non è, visibile sul certificato del casellario giudizario, che infatti risulta nullo, ma solo se richiesto da un privato. In caso di richiesta da parte di un ente pubblico, invece, la condanna risulta. «Quelle - attacca ancora il legale di Marino - erano informazioni che non potevano essere divulgate. Il fatto che siano state rese visibili, dunque, integra una violazione per cui ci riserviamo di valutare in sede penale e civile».
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