Call center e paghe da fame, nella giungla mille brindisini. «Spesso mancano le regole»

Call center e paghe da fame, nella giungla mille brindisini. «Spesso mancano le regole»
di Mino PICA
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Giovedì 21 Dicembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 19:30
Una classe lavoratrice precaria, poco conosciuta e poco tutelata, quella degli operatori call center nella provincia di Brindisi. La denuncia di tre lavoratrici, di Taranto, pagate 33 centesimi l’ora in un call center, ha acceso i riflettori su questa attività che, seppur priva di grandi insediamenti simili alle province vicine, conta a Brindisi circa mille lavoratori, con alcuni Comuni che fanno la parte del leone (soltanto a Francavilla se ne contano 150). Il mondo dei sindacati brindisini appare compatto nel condannare la mancata osservanza dei diritti dei lavoratori, e soprattutto nell’auspicare maggiori controlli. 
«Parliamo – dichiara Antonio Macchia, segretario generale di Cgil Brindisi – di sfruttamento, per non chiamarlo schiavismo, che un Paese civile non può permettersi. È difficile mettere a fuoco il fenomeno nel brindisino anche per la bassa sindacalizzazione all’interno di queste realtà. Da Taranto l’esempio emblematico di cosa accade sui diritti dei lavoratori: uno smantellamento a cui bisogna porre rimedio. Questo settore vive una eterna precarietà da cui si evidenzia un disagio sociale importante. C’è assenza di regole ed un problema etico. Sono rapporti di lavoro che vanno rivisitati e rimodulati sul piano delle tutele. Serve poi maggiore controllo».
 
Il segretario generale della Uil Brindisi sposta l’attenzione al momento dell’insediamento: «Andrebbe fatta – spiega Antonio Licchello – una verifica sui diritti prima di autorizzare ad aprire determinate strutture, anzi vediamo di richiamare le coscienze di chi dovrebbe fare ma non fa nulla per garantire i diritti dei lavoratori. Normalmente siamo abituati a trovare il caporalato nel sistema agricolo, invece ci risulta anche qui. Chiamiamo alla responsabilità le istituzioni proposte.
Dal punto di vista sindacale è difficile fotografare il fenomeno perché per la maggior parte non sono iscritti al sindacato e quindi non possiamo verificare realmente come stanno le cose. Quando non c’è la presenza del sindacato ci ritroviamo davanti a queste dinamiche che mettono in crisi la garanzia dei diritti».
Parla di dignità, coraggio e controlli infine il segretario generale Cisl Taranto Brindisi. «Queste situazioni – aggiunge Antonio Castellucci – ledono fortemente la dignità delle persone. Bisogna attivare tutti i canali possibili di controlli e non dare la possibilità di assistere a queste evidenze. Anche i lavoratori devono avere il coraggio di denunciare e mi appello ad un maggior controllo dagli enti preposti, dall’ispettorato al lavoro all’Inps. Purtroppo è un fenomeno che riusciamo a percepire quando c’è la denuncia. Su Brindisi non abbiamo notizie di denunce simili a quella avvenuta a Taranto ma questo non significa che non ci siano casi simili. Il caporalato, il sottosalariato o il lavoro nero purtroppo esiste un po’ ovunque ma inquadrarlo non è facile perché spesso non emerge». Si registra infine la proposta di un protocollo etico sui call center fatta dal segretario regionale di Fistel Cisl: «Quello che abbiamo in atto di fare – spiega Gianfranco Laporta – è realizzare un protocollo etico sui call center, di comune accordo con le istituzioni. Questo per avere una mappatura di questo settore più chiara ed allo stesso tempo per fornire i lavoratori della conoscenza delle norme contrattuali, contratto di riferimento, accordo di settore, che spesso non sono conosciute. Oggi i call center sono ramificati e realizzati all’interno di mura domestiche o in grandi insediamenti, anche per questo non è semplice fotografare il fenomeno».
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