Il futuro di Officina degli Esordi appeso a un filo: bando deserto e problemi strutturali

Il futuro di Officina degli Esordi appeso a un filo: bando deserto e problemi strutturali
di Elga MONTANI
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Lunedì 21 Novembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:28

Il futuro dell’Officina degli Esordi di Bari è appeso ad un filo. Dopo il termine della concessione quinquennale lo scorso luglio, e due bandi andati deserti, emergono difficoltà oggettive al proseguire questo progetto culturale, nato ormai dieci anni fa. Da quanto emerge, i problemi sarebbero sia strutturali che amministrativi, in quanto per prima cosa all’interno della struttura ci sono diverse infiltrazioni, e a volte piove all’interno.

Lavori mai partiti

I lavori, per i quali il Comune ha stanziato nel 2020 una cifra pari a 200mila euro, non sono realmente mai partiti, e nel caso in cui dovessero essere messi in cantiere andrebbero a limitare gli spazi a disposizione, creando un disagio non indifferente. Inoltre, il bando non garantisce nessun supporto da parte del Comune al concessionario, che dovrebbe accollarsi tutti i rischi oltre che la manutenzione ordinaria. Per non parlare del fatto che in questi anni la struttura è, ovviamente, diventata obsoleta e necessiterebbe di adeguamenti relativi alla strumentazione presente. 
Una situazione complessa, in quanto nonostante in questi quasi dieci anni (l’Officina partì con le attività nel 2013) si sia arrivati alla sostenibilità economica, questo non basta a portare avanti quello che è prima di tutto un contenitore culturale, e volenti o nolenti la cultura ha bisogno di sostegno per poter andare avanti. Da sottolineare, inoltre, che il bando non prevede la clausola sociale cosa che porterebbe, in caso di affidamento ad altra realtà rispetto all’attuale, alla possibile perdita del lavoro per tutta quella maestranza che ha prestato servizio nella struttura in questi nove anni. Tanti motivi che hanno portato anche gli stessi concessionari attuali, guidati da Bass Culture, a non presentare una proposta.

Bass Culture

«Il bando parla di una fornitura di servizi che il gestore dovrebbe fare alla pubblica amministrazione – sottolinea Vincenzo Bellini di Bass Culture – in realtà noi stiamo facendo un lavoro completamente diverso. Stiamo valorizzando, da un decennio ormai, un posto a fini culturali. Nei fatti non percepiamo un budget dal Comune, ci è stata solo chiesta la sostenibilità economica, cosa che stiamo facendo dal 2019. Dal 2013 al 2017 lo spazio costava circa 100mila euro l’anno al Comune, mentre nel 2018 è costato 35mila euro». «Il 31 luglio sono scaduti i primi cinque anni di concessione, e avremmo avuto diritto ad una proroga per altri cinque – aggiunge Bellini -. Abbiamo invece chiesto una proroga del primo quinquennio, nel quale siamo stati chiusi oltre un anno e mezzo a causa del Covid. 
Ma non c’è stata accordata, in quanto ci hanno risposto che il Covid è rischio d’impresa.

Inoltre, la programmazione sul futuro era a rischio, anche a causa dei lavori che dovrebbero essere fatti e di cui finora è stato terminato solo un lotto». 


«Tutte queste cose ci hanno portato a non presentare una nostra proposta – prosegue Bellini –, anche perché, come abbiamo chiesto, sarebbe stato meglio poter gestire lo spazio per più tempo. Una concessione per cinque anni non ci permette di fare investimenti». 
Nei prossimi giorni si cercherà di capire in che modo poter intervenire, considerando che perdere l’Officina degli Esordi sarebbe comunque una perdita importante per la città di Bari, nonostante i suoi limiti e il suo non essere appieno penetrata come realtà nel territorio cittadino. Dall’amministrazione sembra esserci la completa volontà di non perdere questa struttura e di proseguire questa esperienza. E gli stessi attuali concessionari hanno lo stesso interesse. Pur non essendo, come sottolinea Bellini, un’operazione economicamente sostenibile, quanto piuttosto «un valore per la città e il territorio». «Parliamo di una azienda culturale – conclude Bellini – non sempre il valore economico del profitto è fondamentale rispetto al ciclo produttivo. L’Officina è un luogo importante, identitario, e noi vorremmo continuare ad esserci».

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