Caso Bari, il professore Esposito: «Città viva e aperta ma ora è necessaria una svolta culturale»

Il professore Costantino Esposito
Il professore Costantino Esposito
di ​Giuseppe ANDRIANI
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Lunedì 25 Marzo 2024, 10:15
«Penso sia importante per una lucida analisi di quanto sta avvenendo a Bari tener conto di tutti i fattori e le parti in gioco. Il che non significa non volersi schierare ma solo cercare di attraversare e leggere il contesto in modo più esteso e approfondito possibile». Costantino Esposito, professore ordinario di “Storia della filosofia” presso l’Università di Bari, parte da una premessa nel commentare il momento che sta vivendo la città. Barese, stimato e apprezzato docente universitario, ha pubblicato diversi saggi sulla filosofia di Heidegger, noto studioso del pensiero di Kant, dà una propria lettura dei giorni più caldi di Bari. 
Professor Esposito, la manifestazione di sabato, secondo lei, cosa vuol dire? Il termometro della piazza è chiaro: Decaro è un sindaco che ai baresi piace, così come dimostrano numerosi sondaggi degli scorsi anni.
«Decaro è un sindaco amato dai baresi. Non credo che sia possibile limitare il movimento di sabato scorso in piazza ai simpatizzanti del Partito Democratico o del centrosinistra. Credo sia stato un messaggio chiaro da parte della città: i baresi sono fieri del proprio sindaco. Il sindaco è sicuramente una persona che ha creato una bella empatia con la città. Però non basta questo a spiegare questi giorni, bisogna avere una visione d'insieme. La vicenda in sé dell'accesso agli atti del Comune di Bari e della nomina della commissione ha visto una presa di iniziativa del ministro degli Interni basandosi su una situazione oggettiva, e cioè gli arresti per associazione mafiosa. La ribellione di Decaro e della sua parte politica credo sia soprattutto un gesto contro le tempistiche dell'intervento. Eppure c'è una considerazione da fare».
Prego.
«In passato abbiamo assistito a momenti della vita pubblica in cui la stessa parte che oggi scende in piazza ha impugnato sentenze e avvisi di garanzia come arma politica».
Ma Bari è davvero percepita dai baresi come una città ad alto tasso mafioso? In questi giorni si torna a parlare dei 14 clan, ad esempio.
«Ma sicuramente esisteranno i clan, certo. Ma la percezione di chi vive a Bari non è quella di una città ferma o bloccata da chissà quali forze. Anzi, questa città è più spesso bloccata da antiche tendenze antropologiche e di mentalità degli stessi baresi. Bari è dinamica, viva, aperta allo sviluppo. Ciò non vuol dire che sia tutto perfetto, ma sicuramente una parte dei baresi ha percepito l'accesso agli atti e i fatti degli ultimi giorni come un'ingiusta mortificazione. Attenzione, però, questa situazione può essere un boomerang per tutti, anche per chi cercherà di cavalcarla. Credo invece che la città debba cogliere l'occasione per riflettere».
Bari è governata dal centrosinistra da vent'anni. E' diventata una roccaforte rossa inespugnabile?
«Bari è stato un laboratorio politico, per alcuni versi. Pensate a Emiliano. Torno un attimo su questa inchiesta: è nato tutto da una consigliera coinvolta, secondo l'accusa, in una compravendita di voti. Si era candidata nelle fila del centrodestra, poi è passata nel centrosinistra. Questa parte politica a Bari è stata per così dire “inclusiva”. E con ciò non voglio dire che Emiliano non avrebbe dovuto fare tutto ciò che ha fatto, ma che evidentemente esiste un problema di cosiddetto trasformismo. Ci sono mille sfaccettature, non è tutto bianco o nero».
Poc'anzi ha detto che la città dovrebbe cogliere l'occasione per riflettere. Per andare in quale direzione?
«Sembrerà scontato, ma la direzione dev'essere quella di un cambio di mentalità e di cultura. Il ‘genio’ del barese è un genio mercantile, commerciale. E come si sa con le merci viaggiano le idee.... Lo spunto è propulsivo, sicuramente. Bari è città aperta, ha anche visto spazi e quartieri protagonisti di esempi importanti di integrazione multiculturale. Il rischio che si configura troppo spesso, però, è quello che alla fine diventino prevalenti gli interessi di bottega e il respiro di queste operazioni diventi troppo corto. In questo senso credo serva un incontro, una collaborazione tra tutti i protagonisti della scena politica, economica e culturale, senza escludere quel ‘compromesso’ realistico in senso alto, che non è barricarsi nelle proprie convenienze limitate, ma è il modo di vivere in maniera più costruttiva, condivisa e vivace i propri stessi interessi. Prendendo una direzione del genere penso che Bari potrà continuare a crescere».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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