Bambini, quando a scuola si amplifica la diversità

Bambini, quando a scuola si amplifica la diversità
di Paola ANCORA
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Giovedì 7 Settembre 2023, 08:44 - Ultimo aggiornamento: 08:59

Questa è la storia di Gioele, ma potrebbe essere quella di Mattia, di Anna, di Maria. Delle migliaia di bambini con disabilità che vivono in Puglia e che hanno diritto a crescere con serenità e con gioia. A meno di una settimana dal suono della prima campanella, Francesco, il papà di Gioele, ha ricevuto una telefonata dal Comune di Bari: «Mi hanno riferito – racconta – che quest’anno sono cambiate le disposizioni e il servizio di trasporto per disabili effettuerà una sola presa all’uscita. Siccome la maggior parte degli studenti disabili esce alle 14, per Gioele che esce alle 13 ci dovremo organizzare in famiglia, così ci è stato detto». 

Servizio "ridotto"


Per quale motivo il servizio di presa degli studenti disabili da scuola sarà effettuato una volta soltanto? «Presumo per motivi economici – prosegue Francesco -.

E siccome la maggioranza degli studenti ha disabilità più “leggere” e possono uscire alle 14 allora la scuola ha deciso che alle 14 si potrà usufruire del servizio e per gli altri “provvederanno le famiglie”. Una guerra fra poveri». Come se i genitori non avessero la necessità di conciliare la vita familiare con il lavoro. Come se tale conciliazione non fosse già per tutti una corsa a ostacoli in questo Sud ancora troppo avaro di servizi per bambini, ragazzi e famiglie. Come se, in fin dei conti, la disabilità patisse ancora il retrogusto della colpa inconfessabile: un problema, sì, ma soltanto di chi ce l’ha. E, allora, arrangiatevi. 

Famiglia in difficoltà


Francesco ha preso in considerazione anche la possibilità di lasciare Gioele a scuola fino alle 14, ma non si può: fino a quell’ora il bambino non ha l’insegnante di sostegno e dunque non può restare in classe. Un labirinto senza uscita di difficoltà, di disservizi, anche di umiliazioni. Perché è indubbiamente un’umiliazione costringere un padre, un cittadino a mendicare un servizio da un ufficio a un altro. E cosa può essere più importante dell’assistenza a un bambino disabile, dell’inclusione di quel bambino in una società che voglia dirsi davvero giusta? «Gioele non ha nonni, zii, fratelli o sorelle che possano sostituire le istituzioni e andarlo e prendere e portarlo a casa dove lo aspetta un assistente che starà con lui fino al ritorno dei genitori – prosegue Francesco -. E da solo respira e sorride, ma per tutto il resto ha bisogno sempre che ci sia qualcuno. Ho assistito al rimpallo fra Comune, scuola e Ufficio scolastico regionale, ma a me non importa di chi sia la responsabilità di questa gestione sciagurata. A me interessa che le istituzioni minimizzino le diseguaglianze e che se un ragazzo disabile a scuola ha l’opportunità di crescere e far crescere i suoi compagni, allora la scuola deve garantire per tutto l’orario il percorso di sostegno». Oggi, infatti, a Gioele lo Stato garantisce appena 18 ore di assistenza a settimana: «Questo – si sfoga Francesco - significa che non si vuole favorire l’integrazione per annullare le diversità, ma solo fare il minimo sindacale per non cadere in torto, come le percentuali della raccolta differenziata. Capita che siano le istituzioni a farti pesare la disabilità, a farti pensare che dovrebbero aprire forse i manicomi e chiudere tutti lì dentro, così minimizzeremmo i costi e potremmo farci dei selfie bellissimi». 


Oppure dovremmo indignarci e pretendere – per i cento, mille Gioele – che i più fragili diventino la priorità, impedendo innanzitutto che siano loro a pagare il prezzo degli sprechi, delle inefficienze, delle inettitudini. E poi lavorando di più e meglio perché bambini e bambine disabili, con le loro famiglie, abbiano una inclusione reale e una vita migliore. Miglioreremmo, in un colpo solo, anche la nostra.

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