«Via mezzo milione di giovani», la grande fuga dal Mezzogiorno

«Via mezzo milione di giovani», la grande fuga dal Mezzogiorno
di Nicola QUARANTA
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Sabato 6 Ottobre 2018, 09:55
L'occupazione al Sud al centro della ripartenza, ma il divario strutturale rispetto ai livelli pre crisi e non solo, è ancora troppo ampio. Il miglioramento è importante perché mostra che il problema non è irrisolvibile. Sono stati recuperati i livelli pre crisi dell'occupazione a livello nazionale, ma non nel Mezzogiorno e in Sicilia. Rispetto al 2008 sono andati persi: nel Sud 273 mila posti di lavoro (-4,2%). I dati emergono dalla relazione sulle tendenze dell'economia meridionale presentata dal direttore della Svimez, Luca Bianchi, nel corso della convention di Confartigianato.
La carenza strutturale di occasioni di lavoro, specialmente qualificato, provoca conseguenze sociali e demografiche come il depauperamento del capitale umano, le migrazioni e la denatalità. Combattere povertà e disuguaglianze, sottolinea la Svimez, è un'esigenza non più solo di giustizia, ma anche di una maggiore efficienza economica, ne deriva che è indispensabile il rilancio della domanda interna per riavviare uno sviluppo durevole e socialmente sostenibile. Altri numeri e altro scenario scoraggiante, sul fronte dello spopolamento del Mezzogiorno. In primo piano, la grande fuga. Mezzo milione di giovani e 200 mila laureati, negli ultimi 15 anni, sono andati via dal Sud. Con il 25,6% degli studenti meridionali iscritto in una Università del centro-nord.
Secondo la Svimez, l'emigrazione studentesca causa in termini di impatto finanziario una perdita complessiva annua di consumi pubblici e privati di circa 3 miliardi di euro con un impatto stimato sul Pil dell'area che è di 4 decimi di punto. I giovani tra i 18 e i 24 anni, in possesso al più della licenza media abbandonano sia lo studio che la formazione professionalizzante Il tasso di abbandono scolastico è pari al 18,5% nel Mezzogiorno, al 14% nel Centro-Nord, al 10,6% nella media Ue a 27.
Di fatto, secondo lo Svimez, si è interrotto il processo di convergenza verso gli standard europei. Altro elemento di riflessione, la la forte disomogeneità nella ripresa delle regioni meridionali, con la Puglia che rispetto al 2007 (pre-crisi) perde 8,2 punti, recuperando 2,8 punti nel biennio 2015-2017 e 1,6 nella media annuale del 2017. A margine dei numeri, l'analisi. «Le trasformazioni in atto nell'economia e nella società - spiega Bianchi nel rapporto - richiedono dalla politica interventi di accompagnamento e progetti di investimento, in primo luogo in capitale umano e innovazione, a favore di coloro che rischiano di risultare perdenti dalle nuove sfide della competizione internazionale».
«La paura di essere esclusi dai processi di modernizzazione, diffusa in tutto il Paese - aggiunge il direttore di Svimez - può generare, in aree strutturalmente caratterizzate da bassi livelli di occupazione e da più diffuse aree di marginalità, un senso di isolamento e di insoddisfazione che le tradizionali ricette delle politiche di sviluppo non riesce a soddisfare. Soprattutto è rimasto drammaticamente inferiore nelle regioni meridionali il livello dei servizi pubblici». Quindi, altra riflessione: «Lo sviluppo concreto dei diritti di cittadinanza - rimarca Bianchi - è la chiave fondamentale per mobilitare le enormi risorse, umane, ambientali, culturali ancora inutilizzate presenti nel Mezzogiorno, che, se messe a valore, potrebbero contribuire significativamente alla stessa ripresa del Paese». E conclude: «La chiave della ripresa del Sud è aumentare la quota delle attività produttive e migliorare il sistema delle infrastrutture economiche e sociali. All'interno del Def, dunque, se dobbiamo chiedere dei margini di flessibilità, devono andare agli investimenti, perché nel corso degli anni si sono ridotti soprattutto gli investimenti, in particolare, nel Mezzogiorno», ha spiegato.
Ieri, intanto, nella Nota mensile sull'andamento dell'economia italiana di settembre, nuovo monito dell'Istat: «L'indicatore anticipatore mantiene un profilo discendente, suggerendo il proseguimento di una fase di crescita economica contenuta».
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