L'amaro saluto del vescovo Santoro: «Non abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi»

Un momento della cerimonia (foto studio Ingenito)
Un momento della cerimonia (foto studio Ingenito)
di Paola CASELLA
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Domenica 10 Settembre 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Settembre, 11:59

«Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo preposti? Non sarei onesto se cedessi all’ottimismo. No, non li abbiamo raggiunti: nonostante i passi avanti, il Siderurgico non è ancora una fabbrica ecocompatibile; troppi i cassintegrati; alta la percentuale degli inoccupati; tanti i giovani che ancora lasciano questa terra per studiare o lavorare. Ancora i numeri dei malati oncologici destano preoccupazione e ancora i viaggi della speranza sono consuetudine». 
È quanto ha affermato, venerdì sera nella Basilica Cattedrale di San Cataldo, l’arcivescovo emerito di Taranto Filippo Santoro, nel passaggio sulla questione ex Ilva, durante l’omelia della messa di ringraziamento per il suo ministero episcopale svolto nella diocesi dal 2012 al 2023.

La cerimonia

La Chiesa di Taranto ha, dunque, stretto in un affettuoso abbraccio don Filippo, alla presenza delle autorità. Alla celebrazione ha partecipato monsignor Ciro Miniero che inaugurerà il suo ministero di arcivescovo il prossimo 1 ottobre e che nel saluto iniziale ha espresso apprezzamento per l’operato pastorale del suo predecessore. 
«Eleviamo il nostro ringraziamento a Dio - ha detto - per la preziosa opera da te svolta, per la crescita spirituale, umana e sociale dell’intera comunità. Insieme diciamo grazie a Lui per la tua presenza nella vita delle parrocchie che volentieri hai incontrato in occasione della celebrazione della Cresima, delle feste o in tante altre circostanze. A volte ti sei recato spontaneamente, mosso dal desiderio di essere vicino alla gente. Diciamo grazie per il tuo impegno nella vita sociale, nel mondo del lavoro, come presidente della commissione Cei per i Problemi sociali, il lavoro, la custodia del creato».

L'impegno

Gli anni in cui monsignor Santoro ha guidato la Chiesa di Taranto sono stati anni difficili, importanti e carichi di sfide per il futuro. Santoro, nella fase più acuta della vicenda ex Ilva, in assenza di altri soggetti istituzionali, è riuscito ad essere punto di riferimento per la comunità e costruttore di ponti tra le diverse posizioni in campo, tenendo la barra dritta sul primato del diritto alla vita, pur nel rispetto dei diritti al lavoro e all’esercizio dell’attività economica. Taranto così ha assunto un ruolo di primo piano anche per la Chiesa italiana che nel 2021 qui ha celebrato la 49esima Settimana sociale dei cattolici italiani. La città è diventata, dunque, uno dei luoghi privilegiati del pianeta in cui poter dare attuazione alla lettera enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco. In tutti questi anni monsignor Santoro ha ascoltato la voce degli ammalati e dei lavoratori, esortando l’azienda ed i decisori politici a scrivere una nuova pagina di storia per la città con lo sguardo aperto alla speranza: «Tutto è stato vano? No, assolutamente! Il processo di riconversione è avviato: è un processo passionale di pazienza e cura».
Nel cuore del vescovo emerito uno spazio privilegiato hanno avuto i carcerati, cui ha fatto visita ogni anno a Natale e a Pasqua, e che ha voluto incontrare appena è arrivato a Taranto.

E poi i poveri, bisognosi non solo di assistenza materiale, ma anche di nutrimento per lo spirito attraverso la bellezza. «Il grande tema della carità - ha detto nella sua omelia - si è concretizzato in tante opere e particolarmente nella realizzazione del Centro notturno di accoglienza per i senzatetto San Cataldo Vescovo, ristrutturando il palazzo Santa Croce. Così un bene artistico è diventato anche un bene sociale». Santoro ha ricordato poi il periodo della pandemia: «Il momento più struggente e stato il flagello del Covid che ha falciato tante vite. Ho sentito il dolore di tutta la nostra terra. Ho vissuto nella notte tra il Giovedì e il Venerdì santo del 2020 una piccola processione portando a spalle la nostra Madre Addolorata. Sentivo il dolore di tutta la gente che non poteva incontrarsi, non poteva comunicare e nemmeno dare l’ultimo bacio ai parenti, sottratti alla vita dalla pandemia». Don Filippo ha rivolto, infine, il suo pensiero al nuovo arcivescovo: «Affido alla Madonna il mio amato successore, l’arcivescovo Ciro, perché possa pascere questo bellissimo gregge che il Signore gli affida. Eccellenza, la tua saggezza e la tua esperienza di pastore premuroso tracceranno questa nuova fase del cammino». 

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