Lecce celebra i suoi Patroni, il monito del vescovo alla politica: «Basta scontri»

Lecce celebra i suoi Patroni, il monito del vescovo alla politica: «Basta scontri»
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Giovedì 24 Agosto 2023, 22:17 - Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 12:12

«È velleitario pensare di amministrare un territorio senza un progetto e un’idea condivisa di bene comune».
Bene comune. Le due parole ritornano più volte come un mantra nel discorso dell’arcivescovo di Lecce, monsignor Michele Seccia. Il suo messaggio alla città, in una bellissima piazza Duomo gremita, è risuonato ieri sera quasi come un monito: ai politici certo, ma non solo, a tutti. Perché il bene comune va perseguito da chi governa ma anche nelle scelte che ogni giorno ognuno compie. E poi salvare le relazioni umane, quelle sane e autentiche, da cui i social media rischiano di allontanarci, rendendoci «disumani».

 

L'omelia per Sant'Oronzo

«Senza l’intervento del Signore e alla luce del solo ingegno umano, ogni azione è destinata a fallire - ha esordito Seccia -. A volte, però, noi ci illudiamo nel pensare che il Signore intervenga nel mondo attraverso la bacchetta magica. Non è questo ciò che ci insegna la fede. Non è questo ciò che ci insegnano i nostri Santi Oronzo, Giusto e Fortunato che abbiamo seguito fisicamente in processione come pellegrini in cammino e che dovremmo imparare a conoscere meglio provando a imitarne la scelta di vita per il Vangelo e il martirio delle piccole cose? Detto con parole semplici: il Signore è alla continua ricerca della collaborazione degli uomini». 
Da qui l’invito a perseguire il bene comune: «È vano affrontare le sfide comuni come se fossero un’impresa individuale; è inutile pensare di risolvere i problemi di una città ricorrendo sempre allo scontro e alla polemica verbale; è velleitario pensare di amministrare un territorio senza un progetto e un’idea condivisa di bene comune; è illusorio, infine, ritenere che i problemi quali la denatalità, l’educazione dei figli, il disagio giovanile, l’emergenza abitativa per le giovani coppie non siano una questione che ci riguarda e coinvolge tutti. L’attività umana non basta a sé stessa, se non è indirizzata al “bene comune”, nella luce della fede. Nel corso della Visita pastorale, ho intravisto innumerevoli “volti” di persone che si spendono per il bene comune: da coloro che lavorano nel volontariato fino alle diverse forme dell’associazionismo cattolico; da coloro che si impegnano ogni giorno per il servizio ai poveri fino a quelli che, come imprenditori, hanno cura di far crescere collaboratori e si spendono nella solidarietà. Come non pensare poi agli educatori, agli operatori sociali, ai consultori familiari e a chi si occupa dell’integrazione degli immigrati? E tra i tanti che si spendono per compiere il bene, mi sia permesso di sottolineare il lavoro silenzioso di numerosi sacerdoti». Che non devono essere lasciati soli, ma l’intera comunità cristiana è chiamata a condividere con loro «questo anelito al rinnovamento» della città. Allora, soprattutto dopo la pandemia, è «necessario scommettere sulle positive potenzialità di quegli uomini e donne che ricercano non gli interessi di parte, bensì quelli della collettività, e innestare processi che favoriscano le relazioni interpersonali e contrastino il male della deresponsabilizzazione».

 

Le relazioni umane vanno tutelate. «Mi si permetta di far riferimento allo smodato utilizzo dei social media. Vedo sempre più che le giovani generazioni hanno come migliore e, a volte, persino unico amico, il cellulare - ha continuato l’arcivescovo di Lecce -. Esse vengono assorbite a tal punto dalla vita virtuale da perdere il contatto con la vita reale. Sembra che le persone valgano a partire solamente dai “like” che ricevono sui loro post oppure dai “followers” che li seguono nei vari canali social. Al fine poi di raggiungere i loro scopi e avere più seguaci in “rete”, esse spesso si spingono a pubblicare foto, immagini, video quanto meno di cattivo gusto, se non proprio volgari e violenti. In verità, questo sistema presenta gravissime falle, perché, invece di renderci più connessi e umani, ci sta rendendo disconnessi e disumani». 
 

Invece è necessario coltivare la santità. «Lo dico senza timore: Lecce ha bisogno di santi, Lecce ha urgente necessità di uomini e donne che si impegnino a servizio del bene comune per l’avvento della civiltà dell’amore. E oggi conviene far memoria dei nostri santi. Quest’anno ricorre il centenario della nascita al Cielo di San Filippo Smaldone, il santo dei sordomuti e la perla del clero meridionale». Inoltre, proprio quest’anno ricorrono i 30 anni della scomparsa del vescovo Tonino Bello: «Quanto sono attuali le sue profetiche parole e le sue battaglie per un’Europa segnata dalla cultura della pace». Infine, in questo tempo in cui tanti sono i visitatori che ammirano le nostre coste e i nostri monumenti, il richiamo è alla cura e alla custodia del bello. A partire dalla natura, dai nostri boschi «attaccati da criminali atti incendiari che hanno causato panico nella popolazione». 
«Volgiamo ora lo sguardo verso i nostri Santi Patroni - ha concluso Seccia -, che hanno bagnato il nostro territorio con il sangue della loro testimonianza. Essi ora continuano ad irrigare dal Cielo questo estremo lembo di terra e noi siamo chiamati a promettere il massimo impegno nella lotta contro ogni associazione criminale, contro ogni discriminazione e nella diffusione di quei valori che abbiamo ricevuto e appartengono alle nostre comuni radici».

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