Ilva, non ci sarà l'Eni

Ilva, non ci sarà l'Eni
di Alessio PIGNATELLI
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Domenica 3 Gennaio 2016, 18:19 - Ultimo aggiornamento: 18:24
TARANTO - Spiragli aperti a una cordata italiana. Serrati, invece, alla proposta del governatore pugliese Michele Emiliano. Sale in cattedra il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, sulla vicenda Ilva. Lo fa nella doppia veste di politico e maître à penser: la ricetta sulla politica industriale italiana ha ancora come ingrediente appetibile il sito jonico.
Il ministro è ritornato sulle prossime scadenze dettate dal nono decreto legge che approderà alla Camera per la trasformazione definitiva l’11 gennaio. Innanzitutto, la pubblicazione del bando per la cessione dello stabilimento. Quest’ultima dovrà avvenire entro il 30 giugno e già la prossima settimana potrebbero arrivare novità per l’acquisizione di manifestazioni di interesse da parte di privati. E Guidi non esclude possano essere italiani.
La titolare del Mise, infatti, non ha escluso (in un’intervista al quotidiano La Repubblica) l’ingresso di una cordata italiana. Tuttavia, non ha fatto nomi per ragioni di opportunità. Marcegaglia o Arvedi restano sullo sfondo di un’operazione gigantesca. Nonostante questo, Federica Guidi che in queste settimane ha incontrato «tutti i gruppi, grandi, piccoli e medi che possono essere coinvolti», è convinta che Taranto sia «ancora un sito appetibile dal punto di vista industriale, con una posizione logistica impagabile: deve concludere il processo di ambientalizzazione e, se ben gestito, può continuare a produrre acciaio di qualità».
La prossima settimana sarà pubblicato il bando per la cessione o l’affitto dell’Ilva, annuncia il ministro. L’ultimo intervento governativo impone alcune tappe anche sul fronte ambientale: cessione dello stabilimento entro il 30 giugno, stanziamento da 300 milioni per facilitare il percorso di transizione e un’altra proroga all’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, da agosto a dicembre 2016. Un percorso che il governo ha ritenuto obbligato dopo la doccia fredda dei giudici di Bellinzona che hanno imposto lo stop al miliardo e 200 milioni sequestrati ai Riva in Svizzera.
Il ministro non ha escluso dai potenziali interessati il colosso franco-indiano Arcelor Mittal. Un nome inviso al presidente della Regione, Michele Emiliano, a causa del possibile smembramento dell’Ilva di Taranto.
Non solo, perché Federica Guidi ha rincarato la dose bocciando di fatto le ipotesi del governatore su una possibile decarbonizzazione dello stabilimento, magari attraverso l’acquisizione dello stesso da parte di Eni per utilizzarne il gas. Emiliano aveva proposto di «decarbonizzare l’Ilva, la Puglia e Taranto passando dal carbone al gas nella alimentazione della fabbrica. Tale passaggio azzererebbe totalmente la pericolosità dell’impianto. Occorre che i grandi gruppi italiani del gas si pongano il problema di acquistare la fabbrica e riambientalizzarla passando al gas e al sistema di produzione del preridotto». «Le mie proposte sull’Ilva le ho fatte al governo. Ho inviato uno studio approfondito degli uffici della Regione che dimostrano come il cambio di alimentazione energetica dell’Ilva, da carbone a gas, abbatterebbe le emissioni di Co2 del 60% e quelle di polveri sottili del 100%» aveva proseguito il presidente.
Dalla Guidi, però, una precisazione. Lapidaria. «Non mi pare che l’Eni sia un’azienda siderurgica e, per quanto ne sappia io, non credo sia interessata a un’operazione di questo tipo». Frasi che fanno seguito al nuovo corso di Eni: non è un mistero la ristrutturazione voluta dall’amministratore delegato Claudio Descalzi in cui si punta alla cessione di raffinazione, petrolchimica e di tutti gli asset non funzionali. Entrare nell’operazione Ilva sconfesserebbe questa linea guida.
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