Regione Puglia e Autorità portuale del Mar Ionio non considerano definitivamente chiusa la vicenda Ferretti dopo che la società venerdì ha annunciato che abbandona l’investimento a Taranto, dove nello yard ex Belleli avrebbe dovuto costruire uno stabilimento per produrre scafi e strutture di yacht.
L'investimento
Un investimento da 200 milioni tra quota pubblica e privata (ma la prima era preponderante) e 200 occupati diretti. «Voglio capire se si tratta di un segnale forte difronte all’inerzia del Cis rispetto alle bonifiche dell’area scelta per l’insediamento - dice il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ieri al porto di Taranto -. Ferretti ha chiarito che noi avevamo fatto tutto il possibile». E quindi, sottolinea il governatore, ora si tratta di verificare se la verità è che Ferretti molla perché da parte del Governo «ci sono difficoltà a rendergli disponibili le aree, o se invece ci sono altre ragioni».
«Non è detta l’ultima parola - aggiunge il presidente dell’Authority, Sergio Prete -. Dal giorno dopo l’annuncio di Ferretti, sono arrivate nuove manifestazioni di interesse sulla stessa area. Noi cercheremo di verificare se quel progetto è recuperabile, ma ci sono già progetti che si candidano o a sostituire Ferretti o ad altre attività».
«Io sul progetto Ferretti sono stato investito dall’accusa di essere al servizio della Cina. Ma questa cosa fa ridere», dice il governatore di Puglia, che osserva che “la tradizione cantieristica tarantina si sposava con quell’investimento in modo straordinariamente omogeneo». Emiliano si sarebbe aspettato «un ruolo maggiore da parte del Governo per spiegare che non possiamo pagare sempre tutto noi delle crisi varie, salvo poi verificare che le aziende di tutto il mondo, compreso quelle americane, continuano tranquillamente ad avere rapporti con i cinesi e i russi. Temo che il porto di Taranto per diverse ragioni rischi di pagare un prezzo molto alto. Capisco la vicinanza con una delle basi navali più importanti del Mediterraneo - rileva -, però credo che per difendersi dai cinesi ci siano diversi da quelli di impedire che ci sia una fabbrica che fa degli yacht. Non vedo dove stia il pericolo».
Per Emiliano, se la causa dell’abbandono di Ferretti sta nelle procedure lunghe per le bonifiche del sito, «potremmo valutare come intervenire, anche perché io per due anni, lo ammetto, sono stato un consulente aggiunto dell’azienda. Ogni volta che le procedure si bloccavano davanti ad un ufficio, di solito governativo, intervenivo per dire che era un investimento importantissimo e cercavo di sollecitare, come ho fatto con tutti i Governi, il disbrigo di queste procedure.
La copertura finanziaria
«Il problema era anche la copertura finanziaria pubblica - dichiara Prete ancora sulle bonifiche -. L’approvazione del progetto ha portato un incremento di costi e c’è stata qualche sottrazione di contributi che ha portato ad uno squilibrio, ma in ogni caso la gara era stata portata avanti e si porterà avanti per quelle che sono le coperture. La procedura prosegue, a prescindere dalla presenza di Ferretti o di altro operatore». «Il Cis Taranto - conclude Emiliano - ha in mano 800 milioni della Regione Puglia e non so quanti altri soldi del Governo ed altre entità, per fare le bonifiche. Queste hanno marciato a rilento. E siccome tutta l’area industriale di Taranto è Sin, se non ci sono le bonifiche, tutti i nostri progetti di investimento e di diversificazione industriale rispetto all’Ilva, vanno in malora. Il Governo deve quindi rendersi conto che anche il Cis deve camminare svelto. Se per le bonifiche anziché dare noi i soldi al Governo, ce li fossimo tenuti e ce li avessero fatte fare a noi, probabilmente a questo punto avremmo già finito».