Ex Ilva, ancora distanti Invitalia e ArcelorMittal. La crisi rischia di allungarsi

Ex Ilva, ancora distanti Invitalia e ArcelorMittal. La crisi rischia di allungarsi
di Domenico PALMIOTTI
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Giovedì 28 Dicembre 2023, 05:00

Tre passaggi attendono la vicenda Acciaierie d’Italia in queste ore. Stamattina una nuova seduta del consiglio di amministrazione della società, nel pomeriggio il Consiglio dei ministri e domani alle 16 un ulteriore incontro tra il Governo e i sindacati a Palazzo Chigi. Quest’ultimo è stato fissato nella serata di ieri visto che le sigle metalmeccaniche lo attendevano. D’altro canto il Governo, nella riunione del 20 dicembre a Palazzo Chigi, si era impegnato in questo senso. 

La situazione

Punto dirimente è vedere cosa accadrà nel cda, al quale si arriva dopo che la seduta del 21 dicembre non si è più tenuta, per l’assenza dei rappresentanti del socio pubblico Invitalia, e di conseguenza anche l’assemblea del 22 è stata aggiornata a nuova data convocando prima un nuovo cda. Quello odierno. Da quanto si è appreso, i consiglieri d’amministrazione di ArcelorMittal sono pronti a sostenere pro quota, cioè in ragione del 62 per cento di Acciaierie posseduto, l’aumento di capitale di 320 milioni, mentre per l’acquisto degli asset, intendono prima vedere (e negoziare) il prezzo effettivo, sottoporre a perizia giurata stato e valore degli impianti, quindi andare dalle banche per ottenere credito per l’acquisto, infine chiamare i soci ad intervenire per coprire quanto eventualmente dovesse restare scoperto.

La componente privata, già nel cda del 21, aveva portato questa proposta, specificando che l’organo amministrativo deve assumere “ogni misura necessaria sia alla riduzione dell’importo netto da versarsi alle concedenti (alla luce delle pretese creditorie che AdI ha avanzato verso le concedenti) sia alla riduzione dell’esborso di cassa da parte di AdI, attraverso l’accollo di debito finanziario pre-deducibile di Ilva SpA in As o attraverso un finanziamento bancario garantito”. Infine, recitava la proposta, “potrà risultare necessario per i soci deliberare un ulteriore aumento di capitale o prestito convertibile, da sottoscriversi da parte dei soci o di investitori terzi”. 


Invitalia, però, ha già detto di no, affermando che si tratta di una proposta scartata in precedenza, e insistendo invece sulla necessità che i due soci di Acciaierie si accollino un impegno finanziario maggiore. Non, dunque, i 320 milioni, ma un miliardo e 320 milioni, inglobando così sia il fabbisogno per la contingenza dei prossimi mesi - materie prime, produzione, fornitori -, che l’avvio dell’operazione rilancio del gruppo partendo dall’acquisto degli impianti, che comunque va concluso entro maggio prossimo dopo il rinvio deciso a maggio 2022 perché non c’era stato il dissequestro da parte della Magistratura di Taranto. Per il socio pubblico, che ha il 38 per cento di Acciaierie, solo così si misura la volontà di entrambi i partner di garantire la vera continuità aziendale dell’ex Ilva. 
Messa così la situazione, i percorsi a cui pensano ArcelorMittal e Invitalia divergono ancora una volta e ripropongono le contrapposizioni che negli ultimi due mesi hanno caratterizzato le posizioni dei due azionisti. Non escluso, quindi, che pure il cda di oggi possa chiudersi con un nulla di fatto e un nuovo rinvio. 
A questo punto che farebbe il Governo? C’è l’ipotesi che l’Esecutivo possa scendere in campo, ma nel nuovo anno, discutendo direttamente con Arcelor Mittal ma senza escludere dal confronto la componente pubblica di Invitalia. Si tratterebbe di un rilancio della trattativa su nuove basi con l’ingresso del Governo nel negoziato. 


Questo per cercare di modificare la posizione di Mittal che sinora la sola Invitalia non è riuscita a far cambiare. Col Governo in campo, si tratterebbe di una presenza che da un lato conferirebbe autorevolezza politica e istituzionale alla trattativa e dall’altro dimostrerebbe a Mittal quanto il Governo stesso voglia una svolta concreta e significativa sull’acciaieria a quasi 12 anni dal sequestro, a 5 dall’avvento di Mittal nella gestione e dopo un altro anno, il 2023, fortemente deludente in quanto a produzione di acciaio, uso degli impianti e manodopera occupata. 
Da vedere quale sarà la reazione sindacale se la giornata odierna sarà per Acciaierie un bis di quanto visto il 22 dicembre. Cioè il nulla. Già allora le sigle hanno protestato e invitato il Governo a non attendere più per passare attraverso Invitalia nella posizione di azionista di maggioranza della società. I sindacati ritengono che si stia perdendo troppo tempo, aspettando da Mittal segnali di impegno che non arrivano. E che, a loro dire, mai arriveranno. 
Nel frattempo, il gruppo va sempre più alla deriva, la produzione si affievolisce e gli impianti si spengono, mentre tutta una serie di attività indotte sta collassando. E qualora si dovesse andare ad un supplemento di trattativa, Acciaierie avrà ancora la forza di restare in piedi?

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