Antonio Gozzi (presidente Federacciai): «Ex Ilva, subito le risorse per la decarbonizzazione»

Antonio Gozzi (presidente Federacciai): «Ex Ilva, subito le risorse per la decarbonizzazione»
di Domenico PALMIOTTI
5 Minuti di Lettura
Domenica 17 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 15:25

L’investimento degli ucraini di Metinvest e di Danieli a Piombino per un forno elettrico? «Siamo molto scettici sulla realizzabilità. E toglierebbe spazio a Taranto». E ancora: a Taranto non basta un solo impianto di preridotto per la decarbonizzazione, bisogna costruirne due se in futuro si vuole dare all’acciaieria un accettabile livello di produzione. E soprattutto in Italia lo Stato deve aiutare gli investimenti per la decarbonizzazione così come sta facendo la Germania. Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, sebbene escluso dai saggi dalla corsa a presidente di Confindustria, tiene botta. Del caso non parla, perché, dice, non può farlo, ma parla invece dell’ex Ilva e dei passi da fare. Lo fa con Quotidiano a margine della sua presenza ieri a Taranto, da ospite, all’elezione della giunta della nuova Camera di Commercio Brindisi-Taranto guidata dal presidente Vincenzo Cesareo. 

«Credo che il ministro Urso abbia fatto una bella terna di commissari - dichiara sull’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia -. Quaranta, Fiori e Tabarelli sono tre persone di indubbio valore e la loro scelta fa ben sperare rispetto al compito da assolvere. Che al momento è transitorio, nel senso che bisogna far sopravvivere l’azienda sino a quando ci sarà una nuova gara e un nuovo proprietario».
Da dove partire? Riorganizzare l’azienda o avere fondi?
«Bisogna fare tutto insieme. Anzitutto, serve un’operazione verità sullo stato degli impianti. Sono 12 anni che non ci sono capex. Serve quindi una due diligence impianto per impianto che ci faccia capire lo stato dell’arte. Credo che su questo Quaranta abbia le idee molto chiare. Inoltre, occorrono risorse per la decarbonizzazione. Non è legittimo che i privati non vogliono mettere soldi sul circolante e sugli investimenti ordinari, ma sulla decarbonizzazione tutta Europa finanzia gli impianti. Perchè a Taranto no?”
Quanto durerà l’amministrazione straordinaria di Acciaierie? Urso dice che sara breve.
«Penso realisticamente sino a fine anno. Devono essere specificati punti non ancora chiari. Ribadisco: prima di tutto i finanziamenti per la decarbonizzazione. I tedeschi hanno dato ad alcune società, tra cui ArcelorMittal e Thyssen, dieci miliardi di euro per questi processi. In Italia è stato rimesso nel recente decreto Pnrr quater il miliardo destinato all’impianto di decarbonizzazione per l’ex Ilva che era stato tolto la scorsa estate. È un segnale, certo, ma non basta. A Taranto di Dri, di impianti per il preridotto, bisogna farne due».
Due perchè?
«All’orizzonte del 2030-2031 non ci sono più quote gratuite per gli altiforni. Sto ragionando a legislazione costante, che se poi il Parlamento Europeo cambia, è un altro discorso. Ora, per produrre una tonnellata di acciaio, se ne emettono due di CO2 e la previsione di costo per una tonnellata di CO2 è intorno ai 100 euro. Vuol dire che per ogni tonnellata di acciaio, per la quale devo comprare quote di CO2, ho un prezzo di 200 euro. Immaginatevi i costi. Chiuderanno tutti gli altiforni che non avranno sussidi per essere decarbonizzati. Saranno spenti dal 2030. E non é una bestemmia».
 

Lei ha già posto più volte questo tema. Si è mosso qualcosa?
«Sinora no. La questione è europea. Il 30 gennaio, in una lettera inviata solo all’Italia, il commissario europeo Vestager dice che negli impianti di Dri finanziati con fondi UE, mentre prima si stabiliva almeno il 10 per cento di idrogeno, adesso si passa al 40 per cento nei primi tre anni e al 75 per cento dal quarto. Questo significa non sapere cosa vuol dire alimentare ad idrogeno un impianto di Dri. Che consuma 700 milioni di metri cubi di gas l’anno. Ci vogliono quindi metri cubi di gas equivalenti idrogeno. Questi non sanno neanche cosa scrivono».
E l’impianto di preridotto che come acciaieri privati vorreste fare a Taranto?
«Abbiamo fatto la domanda e l’intenzione è di andare avanti. Non so però se lo faremo a Taranto o altrove. È balenata l’ipotesi Ravenna poiché ci vuole la carbon capture, la cattura di CO2. Il primo giacimento dell’Eni, che tra l’altro si sta focalizzando sulla carbon capture, sarà lì e naturalmente Ravenna sarebbe più vicina alle acciaierie del Nord di quanto non sia Taranto. Ma poi a Taranto gli impianti di preridotto che devono essere fatti per l’ex Ilva sono due, altrimenti non si arriva neanche a 5 milioni di tonnellate».
Ma per i forni elettrici ne è previsto solo uno.
«Bisogna lavorare perché vi sia il secondo, altrimenti mi si deve spiegare come l’ex Ilva sta in piedi. Ora, sino al 2030, con un pò di revamping, ci sono gli altiforni piccoli che hanno le quote di CO2, e poi? A parte che bisognerebbe chiedere conto a Mittal delle quote perse. Perché quelle del 2024 sono calcolate sulla base della produzione del 2023, che è stata minima».
Si, ma resta che ora c’è solo un miliardo per il preridotto a Taranto.
«Insisto: per quale ragione l’Italia, la seconda siderurgia d’Europa, deve dare solo un miliardo, mentre i tedeschi ne danno 10?».
Intanto, a Piombino si costruirà un forno elettrico.
«Siamo scettici perché non sappiamo come verrà alimentato. Il preridotto arriverà dall’Ucraina? Ma non esiste. In Ucraina c’è solo il minerale. Per fare il preridotto servono due impianti: il pellettizzatore e il Dri. E in Ucraina non ce li hanno. Questo è un investimento da un miliardo e mezzo. Poi, un impianto del genere toglierebbe spazio a Taranto. A Piombino vogliono fare due milioni e mezzo di tonnellate di coils, ma è cosa totalmente contradditoria con i produttori esistenti di prodotti piani, Arvedi e Taranto».
L’altoforno 5 di Taranto, spento dal 2015, rifarlo oppure no?
«Non ha senso. È un investimento da 650 milioni, 2024-2025 di studi, 2026-2027 per costruirlo, 2028-2029 e poi non ho più quote di CO2. Ma posso spendere 650 milioni per un impianto che ha due anni di vita?».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA