La Puglia industriale che oggi deve ripensarsi. La sfida: sfruttare la Zes

La Puglia industriale che oggi deve ripensarsi. La sfida: sfruttare la Zes
di Alessandra LUPO
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Domenica 3 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 13:35

Nelle scorse ore è ufficialmente partito il nuovo corso con il superamento dei commissari straordinari di governo delle 8 Zes (tra le quali quella pugliese), istituite a partire dal 2017, e l’entrata a pieno regime della Struttura di missione di Palazzo Chigi prevista dal Decreto Sud con l'attivazione dello Sportello Unico del Mezzogiorno, il Sud Zes, che sarà a servizio di tutte le attività produttive della zona economica speciale unica istituita il primo gennaio scorso.

Il ministro

Sarà quest’ultima struttura, guidata da Antonio Caponetto, il punto di riferimento per quelle realtà produttive orientate ad ampliare linee e siti produttivi già esistenti o realizzarne di nuovi utilizzando le opportunità offerte dal regime appena avviato. «Esprimo soddisfazione per un risultato importante, a dimostrazione della piena, tempestiva ed efficace operatività della nuova Struttura di Missione Zes istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – ha commentato il ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto -. Finalmente tutti gli imprenditori interessati ad investire in qualsiasi area del Sud potranno usufruire delle autorizzazioni uniche attraverso uno strumento semplificato e connesso con tutti Comuni del Mezzogiorno. Inizia un significativo percorso per il rilancio competitivo del Sud». 

Focus sulla Puglia

Le potenzialità della nuova offerta fanno però i conti con i vecchi problemi ossia l'identità produttiva che la Puglia dovrà avere dopo il tramonto dei grandi poli industriali. Accanto alla tradizionale vocazione agricola, forte soprattutto nella Bat e nel Foggiano, negli ultimi quindici anni il territorio ha portato avanti un articolato processo di trasformazione del proprio sistema economico e produttivo anche alla luce dei cambiamenti radicali nei comparti industriali “classici” legati al boom degli anni Sessanta e Settanta. Simbolo del cambiamento sia economico che sociale resta senza dubbio Taranto il cui destino è incerto e non solo per gli impianti siderurgici che, come constatava nei giorni scorsi il ministro Urso in una serie di incontri per l’ex Ilva, “rappresentano la cartina di tornasole della politica industriale di questo Paese” e, per questa ragione sono in qualche modo attenzionati speciali. Ma anche per le sorti di un’altra grande “industria” tarantina passata da 2mila degli inizi del decennio a poco più degli attuali 800, ossia l'Arsenale con il lavoro di manutenzione del naviglio oggi per buona parte affidato all’esterno. Negli ultimi quindici anni infatti il territorio ha portato a compimento un articolato processo di trasformazione del proprio sistema economico e produttivo anche alla luce dei cambiamenti radicali nei comparti industriali “classici” del territorio.

Si pensi alla situazione di Brindisi, per decenni la patria del Petrolchimico che oggi registra la chiusura del P9t dello stabilimento LyondellBasell, considerato non più strategico perché adibito alla produzione sperimentale (sulla questione esiste anche un'interrogazione parlamentare del deputato azzurro Mauro D'Attis) e la prospettiva di cessazione delle attuali attività della Centrale a carbone di Cerano che Enel ha già annunciato da tempo con un orizzonte temporale del 2025 senza che per ora si conoscano però le intenzioni dell’azienda sull’eventuale reimpiego della struttura (ne per quello dei lavoratori) e su un’eventuale bonifica in caso di dismissione totale. 
In questo scenario spicca la realtà barese, che nel tempo ha mantenuto la sua multisettorialità e attrattività (con un apparato industriale distribuito fra il capoluogo, il Comune di Modugno e altri grandi centri come Molfetta, Corato, Altamura, Rutigliano, Putignano, Monopoli) nel contempo spostandosi gradualmente verso l'It (information technology) che ha conosciuto un'impennata a che a causa della pandemia e ha saputo sfruttare al meglio la sinergia con il Politecnico di Bari e il Cnr.

A settembre scorso l’annuncio della spagnola Pal Robotics, ultima azienda estera in ordine di tempo che ha scelto proprio il capoluogo pugliese come prima sede in Italia. Paradossalmente nell’alto e basso Salento, dove la grande industria non è mai approdata, i grossi contoterzisti del vecchio Tac (Tessile-abbigliamento-calzaturiero) sono in parte riusciti a reinventarsi puntando su produzioni d’eccellenza e brand autonomi. Un riposizionamento anche identitario accanto a quello del turismo, seppur nella sua offerta multiforme e in parte ancora da razionalizzare. Perimetro del tutto le politiche industriali della Regione. Anche queste in veloce trasformazione, tra sogni a idrogeno (e relativi investimenti sula Puglia Green Hydrogen Valley) e investimenti sui vari settori innovativi e anche all’utilizzo intelligente dei vecchi strumenti. Solo una settimana fa grazie al Contratto di Programma sottoscritto con la Regione Puglia, Network Contacts, impresa di Molfetta, leader del BPO e Customer Care, ha evitato il licenziamento di 280 dipendenti. Ecco perché al di là delle polemiche si tenterà di fare tesoro delle opportunità della Zes unica, che nella prima giornata di operatività dello sportello ha registrato le sue prime 18 domande da Abruzzo, Campania, Molise e Sicilia. Ora tocca alla Puglia.
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