«La ricerca è imprescindibile in ambito sanitario. Non esiste una buona assistenza senza un'ottima ricerca: sono due punti strettamente interconnessi e parlando di futuro del servizio sanitario pubblico è importante che si investa sulla ricerca, soprattutto sulla ricerca autonoma, quella definita indipendente, condotta in ambito accademico, perché può dare quelle risposte di cui tutto il Paese ha bisogno, in particolare coloro che soffrono delle patologie più impegnative». L’analisi è del professore Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e fra i maggiori esperti internazionali di oncoematologia pediatrica. Era ospite ieri a Monteroni, nel Salento, per la lectio magistralis promossa dall’associazione “Alessia Pallara”, impegnata da dieci anni nel sostegno alla ricerca proprio in questo campo. Presente anche il rettore di Unisalento, Fabio Pollice, che poche ore prima in Rettorato aveva accolto il luminare italiano per gettare le basi della realizzazione in provincia di Lecce di una “Car T cell factory”: una rete di 2.700 metri quadrati di laboratori, punto di riferimento dei centri di terapia genica nel Mezzogiorno.
L’incontro
L'incontro nel salone delle feste del Palazzo Baronale è stato coordinato da Assunta Tornesello, primario di Oncologia pediatrica al “Vito Fazzi” di Lecce e dalla responsabile eventi dell’associazione, Maria Rosaria Manca.
Nella sua analisi il professore Locatelli ha quindi snocciolato alcuni numeri sulla malattia (circa 2mila i tumori pediatrici per anno nel nostro Paese), e sulle cure frutto dell’attività di ricerca, in particolare sulle leucemie acute dei bambini. «Quando ho iniziato a svolgere l’attività in campo ematologico pediatrico non riuscivamo a guarire definitivamente più del 40% di pazienti. L’ultima analisi invece, senza contare le leucemie acute, la probabilità di guarigione che hanno 375 bambini quantifica il successo delle cure nell’83% dei casi. Abbiamo quindi più che raddoppiato le probabilità di cura». Tre i pilatri fondamentali per l’attività, sottolineati da Locatelli: «Lo studio in laboratorio delle cellule del bambino che si ammala della patologia, la cooperazione internazionale tra centri e professionisti, la passione con cui bisogna fare il medico». Quindi l’invito agli studenti in sala, futuri operatori della sanità. «Coltivate i vostri sogni con passione. Accostatevi alla medicina - ha aggiunto il professore - come a un regalo che potreste avere nel vostro futuro. La medicina offre stimoli continui ma soprattutto vi permette di avere soddisfazioni umane impagabili».
Locatelli ha poi toccato il tema caldo “del periodo di crisi” vissuto dal Servizio sanitario nazionale, già affrontato nella lettera dei luminari inviata nei giorni scorsi al Governo. «Il Ssn è uno dei patrimoni di questo Paese. Dal 1978 al 2019, prima che irrompesse la pandemia, tra tutti i Paesi a più alto reddito, l’Italia è quella che ha avuto l’incremento di vita più alto: siamo passati da 73,8 anni del 1978 agli 83.6 del 2019. Dieci anni di vita in più in 41 anni di Ssn. Il Servizio sanitario nazionale è quindi un patrimonio di tutti, che ognuno di noi deve sostenere e tutelare». Infine l'appello alla responsabilità collettiva. «Il sistema si sostiene principalmente attraverso la fiscalità generale modulata con la proporzionalità del reddito. Pagare le tasse, significa avere un servizio sanitario di cui tutti possiamo beneficiare e tutelare anche le persone più fragili che altrimenti non riuscirebbero ad avere le risposte che servono. Già oggi, il 25% degli ultra65enni, nel corso di un anno rinuncia ad almeno ad una prestazione sanitaria perché non ha la possibilità di rivolgersi al privato. La stella polare di ognuno, e non solo della politica - ha concluso il presidente del consiglio superiore di Sanità - deve essere il sistema sanitario nazionale da custodire e consegnare alle future generazioni».