Ex Ilva, passaggio di consegne tra Quaranta e Morselli. L’addio gelido dell’Ad tanto criticata

Morselli e Quaranta
Morselli e Quaranta
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Giovedì 22 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 14:57

Al momento non c’è una lettera di commiato di Lucia Morselli, amministratore delegato uscente, dai dipendenti di Acciaierie d’Italia, che ha guidato dall’autunno 2019 sino all’altro ieri. E chissà se nelle prossime ore ci sarà. Non stupirebbe se ci fosse. Magari per provare a raccontare ancora una volta la sua verità, malgrado la sua uscita di scena sia vissuta da lavoratori di Taranto - così raccontano le voci di fabbrica -, sindacati e imprese come un’autentica “liberazione”. Lo provano d’altra parte le attestazioni di larga stima che hanno salutato l’arrivo di Giancarlo Quaranta a commissario dell’amministrazione straordinaria, pur con tutti i rischi e le incognite che questa determina. Si scommette su di lui, quindi, per rimettere sui binari un treno, l’ex Ilva, che nell’immaginario collettivo (e non solo nell’immaginario a dire il vero) è deragliato. Eppure Morselli in questi anni non ha fatto altro che raccontare una fabbrica diversa. Ben messa. In salute. Il 13 febbraio, in Senato, è stata probabilmente la sua ultima uscita pubblica come ad.

L'uscita di scena di Morselli

Fra le tante cose dette in quella sede, balzò evidente la sua rilettura dei debiti di Acciaierie.

Ammontano a 3 miliardi e 100 milioni, aveva detto qualche giorno prima l’esperto incaricato per la composizione negoziata della crisi, Cesare Giuseppe Meroni. E lei: sì è questo il debito di AdI spa, ma un miliardo va tolto perché intercompany, un altro miliardo è debito futuro, relativo cioè al prezzo di acquisto teorico degli impianti dall’amministrazione straordinaria, quindi “il debito vero di questa società è un pò meno di 700 milioni, di cui scaduto solo la metà“. Pochi giorni dopo l’audizione in Senato, il Tribunale di Milano, con l’ordinanza che ha rigettato le misure cautelari e protettive chieste da Acciaierie per tutelarsi dai creditori e quindi favorire la composizione negoziata della crisi in alternativa all’amministrazione straordinaria, ha ribaltato questa lettura. E ha detto che per AdI “una prognosi positiva allo stato non pare sussistere”. Prima di intervenire in Parlamento, Morselli il 6 febbraio era andata all’esterno della fabbrica tra i lavoratori e gli imprenditori dell’indotto, inattivi da più giorni per i mancati pagamenti da parte della società, e aveva detto: “Siamo sulla stessa barca. L’acciaieria non ce l’ha con voi e voi non ce l’avete con noi. Siamo la stessa cosa. Non c’è una contrapposizione. Nessuno si salva da solo. Credo che avete portato a casa un sacco di cose mai avute prima”. 


La realtà, invece, è che la storia di questi anni è fatta solo di contrapposizioni. Non c’è un giorno uno che i sindacati, tutti, non abbiano attaccato l’azienda per le sue carenze, i suoi disimpegni e le sue mancate risposte. Senza trascurare che le imprese sono state portate ad accettare tempi di pagamento a 180 giorni, peraltro pure saltati per la crisi di liquidità. Per non parlare poi della reazione delle istituzioni locali, durissima verso il management e la multinazionale Mittal. Anche questa è stata una costante negli ultimi anni. Eppure tempo addietro Morselli aveva parlato di fabbrica “ospite” della città e della regione. Ma buone maniere e cortesie, che solitamente caratterizzano un rapporto di ospitalità, si fa davvero fatica a trovarle, prova né è che gli enti locali dialogavano con Franco Bernabè, presidente della holding, ma senza poteri reali, piuttosto che con la Morselli. A fine settembre scorso, in concomitanza con un meeting con 400 clienti in fabbrica, i sindacati fecero affiggere nelle strade di Taranto manifesti giganti con la foto dell’ad e la scritta “Peggior gestione di sempre”. Poi la raffigurazione di una medaglia: “A Lucia Morselli per lo straordinario risultato raggiunto. Minimo storico di produzione mai raggiunto dalla nascita dell'ex Ilva”. Ma lei, davanti ai clienti, non si scompose. Mostrò anzi il manifesto, ci ironizzò sopra e invitò i clienti a raccontare fuori quello che avevano visto per ribaltare la narrazione di una fabbrica alla deriva. “Ci vuole coraggio a venire ogni giorno in fabbrica” disse in quell’occasione.


E alcuni giorni dopo ai giornalisti, a margine di un evento del Politecnico di Bari, Morselli dichiarò: «Non è un momento brutto. Quest’azienda è completamente diversa da quella di era quattro anni fa, è molto più bella, molto più potente, molto più forte». Abbiamo fatto solo una sintesi del racconto di Acciaierie dispiegato dall’ad. Ma si potrebbero aggiungere lo scontro tra Morselli a Dri d’Italia sull’impianto di preridotto per i forni elettrici (Dri d’Italia società pubblica presieduta da Bernabé), oppure quello tra Morselli e Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, o ancora i tanti conflitti con l’amministrazione straordinaria di Ilva. La sua cifra: nessun timore di attaccare e ostinazione nel marcare le sue tesi, anche quando le evidenze mostravano altro. Ma ora è arrivata al capolinea. Viaggio finito per Morselli. Almeno con Acciaierie.

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