Ex Ilva, è il giorno dell'assemblea dei soci e della protesta dei lavoratori

Ex Ilva, è il giorno dell'assemblea dei soci e della protesta dei lavoratori
di Domenico PALMIOTTI
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Giovedì 23 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 07:43

È il giorno dell’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia, a Milano alle 12, ma è anche il giorno della nuova protesta dei sindacati contro lo stallo in cui l’ex Ilva versa da troppo tempo. Una protesta che avverrà stamattina a Milano, davanti alla sede legale di Acciaierie in viale Certosa, sotto forma di sit in e che ha spinto le sigle metalmeccaniche a revocare, almeno per Taranto, l’ulteriore sciopero di otto ore che doveva essere fatto entro oggi. Da Arcelor Mittal e da Invitalia, che in Acciaierie sono rispettivamente maggioranza e minoranza, col 62 e il 38 per cento, ci si aspetta un’indicazione chiara su come l’azienda proseguirà nei prossimi mesi. Ci si aspetta soprattutto che il privato Mittal dica se è disposto a sostenere finanziariamente l’azienda, che ha un urgente bisogno di liquidità, e ad impegnarsi, per la parte che gli compete, per gli investimenti e la decarbonizzazione della produzione.

Le prospettive

L’assemblea odierna è stata programmata dal cda già da diversi giorni e caricata di attese ed aspettative che rischiano però di sgonfiarsi, perché non é improbabile che ci sia un nulla di fatto o che si vada ad un rinvio. Mittal, che già dal 2021 ha deconsolidato dal gruppo multinazionale la costola italiana, non avrebbe infatti espresso alcuna volontà di intervenire e mobilitare risorse. E questo nonostante il Governo, con due decreti, abbia adottato una serie di misure, ultime in ordine temporale quelle inserite nel dl “Salva Infrazioni”, che mettono sia la cessione degli asset, da parte di Ilva in amministrazione straordinaria, che la continuità produttiva, al riparo dal sequestro e dalla confisca. 
Il primo grava da 11 anni sugli impianti, sia pure mitigato dalla facoltà d’uso. La+ seconda, invece, è nella sentenza per il processo “Ambiente Svenduto” pronunciata a maggio 2021 dalla Corte d’Assise di Taranto in relazione al reato di disastro ambientale contestato al gruppo Riva, proprietario e gestore dell’ex Ilva prima del commissariamento di Stato di giugno 2013. Confisca che scatterà solo dopo l’eventuale conferma della Cassazione. A settembre, inoltre, il Governo, attraverso il ministro Raffaele Fitto, ha siglato un memorandum con Arcelor Mittal e Acciaierie (memorandum nel quale non è stata coinvolta Invitalia pur essendo socio) che avrebbe dovuto fare ad apripista ad un’ intesa strutturata. Si delineava un percorso, si rilanciava la decarbonizzazione, ma soprattutto il Governo apriva sulla possibilità di mobilitare circa 2,2 miliardi di fondi dal Repower EU a sostegno di un piano di investimenti di oltre 5 miliardi scadenzato in più anni. Questa costruzione aveva il suo presupposto nel fatto che anche Mittal avrebbe dovuto metterci del suo, come detto dai ministri Giancarlo Giorgetti (Economia) e Adolfo Urso (Imprese). Ma segnali il privato non ne ha dati, per cui nel giorno dell’assemblea tutto appare ancora incerto. Oltre a dover decidere chi dovrà essere il nuovo presidente di Acciaierie, perché Franco Bernabé ha annunciato da oltre un mese le dimissioni e rimesso il mandato al Governo, c’è una doppia situazione da affrontare: l’attualità e la prospettiva. L’attualità non è fatta solo da un’azienda che pure quest’anno fallirà gli obiettivi di produzione (tre milioni di tonnellate contro i previsti quattro), che da molti mesi a Taranto ha 2.500 persone pressoché fisse in cassa integrazione su un organico di 8.200, che paga a singhiozzo, quando lo fa, fornitori e indotto, ma anche da un circolante, cioè la liquidità finanziaria, ai minimi termini (quello necessario, per Bernabé, dovrebbe essere di 2 miliardi). Questo perché Mittal, dal deconsolidamento in poi, non ha sostenuto l’azienda e perché la stessa azienda non ottiene credito dalle banche dato il suo stato e gli impianti sotto sequestro. Si genera così l’impossibilità di approvvigionarsi regolarmente di materie prime per produrre e si corre anche il rischio di vedersi tagliare l’erogazione del gas. Acciaierie, non avendo stipulato un contratto con un nuovo fornitore, da settembre è aggrappata al regime di default. E se non fosse stato per l’intervento del Tar della Lombardia, dove Acciaierie ha impugnato gli atti di Snam Rete Gas, la fornitura sarebbe già stata tagliata ai primi di novembre mentre ora il blocco è sospeso sino al 10 gennaio su decisione dei giudici. Per la contingenza, era stato individuato un fabbisogno di 320-380 milioni, ma pare che la cifra sia stata rivista al rialzo, e qualora sul punto vi fosse un accordo tra i soci, comunque sarebbe una soluzione a tempo. Perché il vero problema è la prospettiva, cioè come rilanciare l’azienda dopo averla rimessa in piedi e come affrontare la mole di investimenti necessari. E anche su questi non pare che il privato manifesti volontà, considerato che l’ad di Acciaierie, Lucia Morselli, ha detto che la decarbonizzazione è necessaria, che Acciaierie la vuole fare, ma bisogna chiedersi chi paga il conto. 
Tradotto: per Morselli, è lo Stato che deve sganciare i quattrini. Stato che ha pagato 400 milioni per entrare nel capitale ad aprile 2021, che quest’anno ha versato altri 680 milioni, che ha messo a disposizione un altro miliardo per la decarbonizzazione con l’impianto del preridotto, a cui adesso si chiedono altri soldi, ma che resta sempre in minoranza senza incidere minimamente sul corso delle cose. Infine, negli ultimi mesi è emersa la diversa narrazione che dell’azienda fanno Morselli e Bernabé. La prima, in sella da quattro anni, dice che l’azienda “è completamente diversa da quella di era quattro anni fa, è molto più bella, molto più potente, molto più forte”. Mentre il secondo, che non ha poteri operativi, dichiara che “la società si spegne per consunzione”. Letture agli antipodi che rivelano da un lato quanto difficile sia stato e sia in Acciaierie il rapporto pubblico-privato e dall’altro la confusione che regna su quella che un tempo era la più grande acciaieria europea.
 

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