TURI (BARI) - Affinità elettive, ma non elettorali. Almeno così giurano entrambi, nonostante le strizzate d’occhio, nonostante gli scambi al fulmicotone che sembrerebbero sceneggiati da una sapiente penna e invece sgorgano spontanei, nonostante la stessa innata, insopprimibile inclinazione alla leadership e alla sortita brillante e tranciante, nonostante la fascia tricolore di sindaco barese e leccese che resterà sempre tatuata sul petto di tutti e due. Si piacciono, Adriana Poli Bortone e Michele Emiliano. Da sempre e anche qui, sotto il sole di Turi, giorno della festa della Liberazione, nel cuore di una campagna elettorale per le regionali già logora, smagliata. Fairplay e lusinghe, furbescamente smarcandosi però dal sospetto di larghe intese. Vulcanico perché è un format rodato, lui. Con lo smalto di un tempo e acuminata come una freccia, lei.
Alla fine il feeling tra Adriana e Michele si rinsalda nell’attacco al decennio vendoliano: l’ex senatrice snocciola il catalogo degli errori del centrosinistra; il leader Pd prima si tiene a freno, poi - dopo mezza giornata di pace e lacrime riconciliatrici con Vendola - torna a bombardare. E magari non aspettava altro che l’assist: «Vendola ha fatto qualcosa di straordinario, ha cambiato il modo di concepire la Puglia. È un fuoriclasse, io solo un bravo amministratore. Ma è caduto sulle grandi vertenze chiave come Ilva, sanità, agricoltura. Forse aveva anche bisogno di una squadra diversa, si è sempre circondato di persone a lui fedeli, ma troppo ideologiche. Noi con uno sforzo collettivo straordinario stiamo coinvolgendo i pugliesi: dovremo farlo anche in Consiglio regionale, che deve smettere d’essere il luogo in cui si decide solo ciò che interessa alle carriere politiche». «Bene - chiosa sarcasticamente la Poli Bortone - è un fatto positivo: tutti e due abbiamo formulato una forte critica al governo regionale... Vendola forse ti è piaciuto per come parla, e piace anche a me, come tutte le persone colte».
È un feeling, quello tra Adriana e Michele, che travolge gli steccati politici perché loro sono fatti così, niente camicie di forza: la dissidenza dal partito, la discontinuità con l’ordine costituito.
E quando Fd’I ha aggiunto il simbolo di An, ho ritrovato quella destra che mi mancava, tanto che mai sono entrata nel Pdl. Né ora condivido l’idea di simboli presi in affitto per campagne elettorali, senza una storia». Una stoccata a Fitto e alla sua lista “Oltre”, a sostegno di Schittulli. «Berlusconi - continua - mi ha chiamata, era mezzanotte, mi ha spiegato che la Puglia era in una situazione insostenibile con un candidato divenuto di parte. E mi ha chiesto con gentilezza e umiltà di sacrificarmi». Michele annuisce e restituisce: «Sono per la politica fatta con onore, e se uno (Schittulli, ndr) arriva da Roma dopo aver ricevuto un incarico e poi fa il contrario, allora ribellarsi è giusto». Anche perché fa terribilmente comodo al centrosinistra competere con un centrodestra sfarinato e litigioso. «Certo a te, Michele, piacciono i dieci anni di Vendola...a me invece no», provoca “l’Adriana”; «ma no, era una serata particolare...». Si spazia sull’immigrazione, le visioni differiscono ma non radicalmente, Poli Bortone non vuole «affondare i barconi perché così non si risolvono i problemi» e insiste sull’integrazione ricordando «quando a Lecce istituimmo la figura del consigliere aggiunto in rappresentanza degli immigrati»: «Nonostante gli sforzi per differenziarsi, condivido anche questi pensieri di Adriana», irrompe Emiliano.
Programmi pochi, rivendicazioni molte, ricostruzioni tante. «Non mi sono autocandidata», tuona “l’Adriana” puntando l’indice contro Schittulli che «ha preferito essere il candidato di Fitto», «né Berlusconi vuol arruolarmi in Forza Italia», e «io faccio politica per un progetto, non per vincere a tutti i costi, come altri...». «In realtà il vero progetto di centrodestra è il nostro: c’è Forza Italia che vuol rinnovarsi, Salvini che con attenzione ora guarda al Sud, dopo che ci hanno insultati e io ho insultato loro». Emiliano si piazza tra l’ecumenico e il pittoresco: «Cara Adriana, come vedi tirarsi ciabatte è passato di moda, abbiamo visioni simili», «io sono un “cocomero a prova”, non sono portatore di un’ideologia, sono indipendente pure rispetto alla mia parte politica quando c’è da decidere, proprio come te Adriana, infatti a destra molti hanno fiducia nelle mie qualità: voi a destra avete l’obiettività di riconoscere chi vale e di votarlo, a sinistra è più difficile». Poli Bortone però vuol liberarsi dall’abbraccio soffocante: «Non siamo uguali, siamo del tutto differenti».
Ma è tutto un imbuto che risucchia sempre lì, verso Vendola: il dossier xylella è una palestra di critiche incrociate al governo regionale inerme, l’ex senatrice spara la pallottola d’argento («Michele, non puoi smarcarti: sei stato leader del Pd, possibile Vendola non vi coinvolgesse? Hai grosse responsabilità sul governo di questi anni»). Ed Emiliano deflagra: «Io nel Pd sono sempre stato all’opposizione», «Vendola è un uomo incontrastabile», «non posso farlo arrabbiare, ma gli ho detto che tra il dire e il fare c’è una bella differenza», «abbiamo avuto un assessorato all’agricoltura perfetto al Vinitaly e imperfetto contro la xylella». «Paraculo a seconda della platea del momento», come ieri gli è stato fatto notare? E gli abbracci con Vendola di poche ore prima? Non erano stati «dieci anni di governo straordinari»? Detergendosi il sudore e a microfono spento, Emiliano tra il serio e il faceto rimbecca: «Ho detto “dieci anni straordinari”, sì, ma non di governo...». Tutto chiaro, Michè.