Mafia e capretti sgozzati/ Le minacce ai magistrati sono un attacco a tutti noi, non si può restare a guardare

Mafia e capretti sgozzati/ Le minacce ai magistrati sono un attacco a tutti noi, non si può restare a guardare
di Rosario TORNESELLO
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Domenica 4 Febbraio 2024, 13:23 - Ultimo aggiornamento: 5 Febbraio, 12:34

C’è un solo modo per abitare e vivere il proprio tempo e il proprio spazio, oltre le personali convenienze e le umane debolezze, ed è il modo della consapevolezza e della responsabilità. L’unica dimensione capace di trasformare fatti ed episodi eclatanti in esperienze condivise, felici o dolorose, sottraendole al rischio dell’indifferenza, l’inciampo che frantuma una società. Più esattamente: la consapevolezza di quanto accade tutt’intorno; la responsabilità di farsene carico, ognuno per la sua parte, piccola o grande. Non sempre è necessario. Ma spesso sì. Ora, ad esempio, lo è.

L’intimidazione a Francesca Mariano, giudice impegnata ed esposta a Lecce nell’azione di contrasto della magistratura salentina e pugliese all’offensiva dei clan mafiosi, oltrepassa due limiti e perciò evidenzia altrettanti problemi.

Il primo: la minaccia arrivata sulla porta di casa, consegnata a domicilio nella forma della testa mozzata di capretto con una lama conficcata, segna – almeno qui – un’escalation evidente nelle minacce, siano strategie di gruppo o iniziative scellerate di una scheggia impazzita. Il secondo: l’affronto, comunque lo si inquadri, valica l’illusione di aver chiuso da queste parti e una volta per tutte – complice l’attenuazione delle manifestazioni più clamorose e preoccupanti – con una sanguinosa storia criminale, relegandola in spazi contenuti o quantomeno definiti. Non è così.

Abbiamo ancora una partita aperta. La criminalità ha cambiato volto e strategie; le alleanze sono a geometria variabile; i clan stringono e sciolgono accordi in base alle convenienze (e talvolta alle contrapposizioni); politica ed economia sono niente affatto al riparo da infiltrazioni e intese indicibili (rileggere gli ultimi allarmi dei procuratori). E noi, distratti quando non complici, non possiamo restare a guardare. Non servono eroi; non più. Occorrono consapevolezza e responsabilità. Almeno questo. L’impresa – difficile e necessaria – di vivere da uomini lo spazio e il tempo.

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