Ranucci: «Le Torri gemelle, l’Iraq e l’Italia così il giornalismo cerca la verità»

Ranucci: «Le Torri gemelle, l’Iraq e l’Italia così il giornalismo cerca la verità»
di Luana PRONTERA
4 Minuti di Lettura
Venerdì 12 Aprile 2024, 07:02
Il giornalismo d’inchiesta, il coraggio della libertà, un mestiere che fa luce gli abusi del potere. È il cuore de “La scelta” (Bompiani), il nuovo libro di Sigfrido Ranucci, reporter, firma tra le più conosciute del giornalismo d’inchiesta e conduttore del programma televisivo “Report”. Dall’attentato alle Torri Gemelle alla guerra in Iraq passando per Silvio Berlusconi e Matteo Renzi: un viaggio tra fatti e misfatti che s’incrocia con l’autobiografia.
“La scelta”, perché questo titolo?
«La vita di una persona è determinata non tanto dalle qualità che possiede in sè quanto dalle scelte che compie o da quelle che non ha il coraggio di fare. Il titolo è anche un tributo a quei tanti personaggi rimasti inediti come “Vedo vedo”, un senzatetto che ha avuto un ruolo nella realizzazione di una delle inchieste più importanti della storia della Rai. Uno scoop internazionale che ha denunciato l’uso del fosforo bianco da parte degli Stati Uniti nella battaglia di Fallujah. “La scelta” è quella di una professoressa di sostegno che mi ha consegnato un filmato e delle foto sull’incontro tra Renzi e lo 007 Mancini in un autogrill, e che si è prestata ad essere fonte giornalistica. Quel coraggio le è valso un processo ancora in corso, ma grazie a lei la nostra società è migliore perché dopo quell’inchiesta è stata rispolverata una norma della presidenza del Consiglio che vieta gli incontri non autorizzati tra uomini dei servizi e politici».
Come inviato nei Balcani e in Medio Oriente lei ha visto da vicino l’atrocità della guerra. L’informazione influisce sulla percezione degli eventi?
«Il compito dell’informazione, per quanto riguarda il passato, è quello di tenere viva la memoria. Un paese senza memoria non ha futuro. Una notizia senza memoria è orfana, e nei conflitti aiuta a denunciare e capire quando ci si trova di fronte alla violazione dei diritti o crimini di guerra. Difendere la memoria oggi è fondamentale perché siamo in presenza di una serie di leggi liberticide che porteranno al cosiddetto oblìo di Stato. Basti pensare alla legge Cartabia che con il meccanismo dell’improcedibilità fa cessare i processi quando durano più di due anni in Appello e più di uno in Cassazione. Una vera e propria mannaia per la verità che consente agli imputati, indipendentemente dalle loro responsabilità giudiziarie, di rendersi anonimi e di non essere raccontati anche per fatti che hanno ricadute significative sulla vita dei cittadini».
Lei si è occupato di mafia e, tra l’altro, ha ritrovato l’ultima intervista inedita rilasciata da Paolo Borsellino. Qual è la situazione della criminalità organizzata oggi nel nostro Paese?
«La mafia ha avuto la capacità di mimetizzarsi nel tessuto economico, finanziario ed istituzionale del Paese. Gli attori criminali diventano, per questo, sempre più impalpabili, potenti e impuniti».
Oggi il giornalismo è libero di esprimersi?
«La libertà di espressione e, per i giornalisti, l’essere indipendenti è uno stato dell’anima di cui alcuni colleghi non godono e sono costretti a scrivere “sotto padrone” non capendo che il bene comune è fuori da queste logiche. L’editore di riferimento dovrebbe essere sempre il pubblico, cioè i lettori. Per completezza dell’informazione io proporrei di rendere noti gli interessi che ha un editore che pubblica un giornale. Così è evidente quando si pubblica un articolo in nome di quale interesse ci si muove».
Il suo libro fa riferimento a numerose inchieste giornalistiche. Quale l’ha affascinata di più? Quali le più sofferte?
«L’inchiesta sulle armi al fosforo bianco a Fallujah e quella che ha portato al ritrovamento della Pinacoteca di Tanzi sono quelle che mi hanno dato maggiore soddisfazione. Quelle più tormentate sono state le inchieste su Berlusconi o quella sull’incontro tra Renzi e Mancini all’autogrill. Mi hanno messo sulla graticola per più tempo. Ovviamente, la libertà di informazione e l’indipendenza ha sempre un prezzo. Puoi diventare obiettivo di un criminale ed è per quello che sono finito sotto scorta tre anni fa. Ma puoi anche finire al centro di un tiro incrociato di dossier falsi».
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