Il Signor G., vent’anni dopo: «La canzone come urgenza»

Il Signor G., vent’anni dopo: «La canzone come urgenza»
di Nemola ZECCA
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Mercoledì 22 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:34

“Mi fa male il mondo”, titolava un brano firmato dal Signor G. nell’ormai lontano 1994. E oggi, a vent’anni dalla sua scomparsa, constatare la persistente inesistenza di “un segno di rimedio”, come si legge scorrendo il testo, pesa ancora di più. È il primo gennaio 2003 quando Giorgio Gaber, cantautore, artista poliedrico e intellettuale tra i più i significativi dell’Italia del secondo Novecento, muore lasciando un vuoto incolmabile nel panorama nazionale (e non solo). 

È stata la necessità di supplire a quest’assenza di corporeità attraverso la diffusione, a scopo principalmente divulgativo, di una poetica e di una produzione così vaste e intramontabili da essere a buona ragione definite dei classici senza tempo, la motivazione che ha spinto la Fondazione Gaber, attiva fin dal 2006, a promuovere nelle principali università italiane una serie di incontri e convegni che coinvolgano, in modo trasversale, le facoltà umanistiche. 

Dopo Firenze, Milano e Genova, Paolo Dal Bon, in rappresentanza della Fondazione di cui è ad oggi presidente, giunge anche in Puglia: dopo il primo incontro che ha avuto luogo ieri a Bari, nell’Università Aldo Moro e dove hanno preso parte - tra gli altri - il rettore Bronzini e - in rappresentanza delle istituzioni - l’assessore Ines Pierucci, oggi è la volta di Lecce. Qui, a partire dalle ore 15, nella sede del Rettorato dell’Università, in piazza Tancredi, si svolgerà la seconda edizione del seminario di studi multidisciplinare “Il Salento per Gaber”. Un’imperdibile occasione di dialogo e confronto per approfondire, alla presenza di docenti, critici, cantautori e attori, un protagonista indiscusso dello spettacolo e della cultura italiane del secondo ‘900. 

Paolo Dal Bon, quando e perché nasce la Fondazione Gaber? 

«La Fondazione nasce subito dopo la scomparsa dell’artista; si costituisce inizialmente come un’associazione, coordinata principalmente da me - che per anni ho svolto l’attività di responsabile amministrativo dell’attività del Signor G.-, da sua moglie e da sua figlia. Sul perché, direi che Gaber meritasse un archivio che conservasse la sua produzione, custodendone e divulgandone la memoria. D’altra parte, è un classico e, come tale, è destinato a non tramontare mai».

Gaber, assieme a Sandro Luporini, è annoverato tra i creatori di una forma d’arte prima sconosciuta, il teatro-canzone. Come spiegarla? 

«Ci terrei a sottolineare, prima di tutto, che il teatro-canzone non nasce come scelta estetica, sottesa a ragioni artistiche.

Essa, al contrario, emerge quasi naturalmente per supplire ad un’assenza di linguaggio: di fronte ad un contesto che, per essere raccontato, necessitava di forme che andassero al di là del monologo e della canzone, è nell’intreccio tra parola e musica (e non nella loro semplice alternanza) che Gaber e Luporini individuano la risposta strategica per fronteggiare un’urgenza. E devo dire che ci sono riusciti benissimo».

Pensa che oggi esista una forma di linguaggio paragonabile al teatro-canzone, o a questa riconducibile?

«Credo che il rap rappresenti oggi il linguaggio più innovativo e funzionale a raccontare un disagio. Tuttavia, per quanto pensi che ogni epoca abbia una propria specificità e in quanto tale debba essere giudicata, ritengo che né il rap né nessuna altra forma di linguaggio siano attualmente in grado di diventare una voce collettiva, funzionale cioè non solo a descrivere un malessere ma anche a dargli una dimensione di effettiva percezione e consapevolezza».

Destra-Sinistra: era il 1994 quando Gaber portava sulla scena questo brano, certamente rimasto tra i più celebri. Oggi crede che avrebbe lo stesso titolo?

«I testi di Gaber avevano la peculiarità di essere indissolubilmente legati al tempo per cui erano stati concepiti e che si proponevano di raccontare. Destra-Sinistra nasce, in questo senso, come un brano sul costume - piuttosto che sulla cultura - di quell’epoca. Oggi, se il Signor G. fosse vivo, probabilmente la metterebbe in musica solo per accontentare il pubblico; ma si tratta a tutti gli effetti di una canzone che, a differenza di altre, è a mio parere superata. Erano anni in cui dominava una forte isteria della contrapposizione, che oggi ha decisamente preso forme diverse».

In occasione del ventennale, avete deciso, come Fondazione, di divulgare e valorizzare l’opera di Gaber, oltre che con pubblicazioni editoriali, mostre, festival e rassegne, anche con attività rivolte principalmente alle università. 

«Diciamo che l’incontro col mondo accademico è avvenuto abbastanza naturalmente; è stato, in un certo senso, l’inevitabile approdo che, di fronte ad una crescente domanda di divulgazione da parte delle università, ha trovato la nostra esigenza di diffusione e valorizzazione della produzione di Gaber. Certamente, col ventennale, queste iniziative hanno conosciuto una sistematicità assente negli anni precedenti. Abbiamo girato in varie realtà, da Firenze a Milano, passando per Genova e adesso in Puglia, ieri a Bari, oggi a Lecce; una città che ci ha già ospitati nel 2017 in occasione della prima edizione del seminario e dove ho gran piacere a ritornare, certo di trovarvi nuove situazioni altrettanto stimolanti».

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