Quando i piccioni sono come l'AI: i volatili risolvono problemi usando le stesse strategie dell'intelligenza artificiale

Quando i piccioni fanno AI: per una ricerca i volatili risolvono problemi come l'intelligenza artificiale
Quando i piccioni fanno AI: per una ricerca i volatili risolvono problemi come l'intelligenza artificiale
di Mauro Anelli
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Mercoledì 15 Novembre 2023, 14:59 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 11:18

Conviviamo da millenni con loro, piroettano tra le nostre gambe in un originale tango immaginario intenti a perseguire un comportamento ripetitivo, ma probabilmente efficace nel garantirgli una accettabile sopravvivenza, almeno a giudicare dalla loro popolazione urbana.

Parliamo dei piccioni, volatili che sanno nascondere bene i loro pregi, perché ci sono voluti i ricercatori della Ohio State University e dell’Università dell’Iowa per scoprire che per risolvere i problemi utilizzano un metodo simile a quello che anima l’intelligenza artificiale di ultima generazione. Secondo lo studio pubblicato su IScienze, i piccioni hanno processi cognitivi avanzati e possono risolvere una gamma “eccezionalmente ampia” di compiti di categorizzazione. Gli scienziati hanno sondato due tipi di apprendimento: il primo, l’apprendimento dichiarativo che si fonda sull’esercizio della ragione sulla base di un insieme di regole o strategie, ritenuto un livello superiore di apprendimento attribuito principalmente alle persone, con qualche deroga per delfini e scimpanzè. L’altro, l’apprendimento associativo, è incentrato sul riconoscimento e sulla creazione di connessioni tra oggetti o modelli, come ad esempio, azzurro-cielo o acqua-bagnato.

Gli sforzi per comprendere il comportamento degli animali per analogia con le macchine non sono una novità. Tra i più importanti personaggi del passato ad affrontare la tematica fu Cartesio.

Nella sua lettera al marchese di Newcastle nel 1646, Cartesio aveva avuto un’intuizione chiave quando sosteneva che gli animali non sono altro che “meccanismi bestiali”. La mancanza di pensiero razionale e linguaggio, impedisce loro di impegnarsi in processi cognitivi complessi, una peculiarità, secondo il filosofo, che consente solo alla razza umana di agire in modo adattivo e flessibile. Ma a quanto pare Cartesio non aveva fatto i conti con il piccione. Nella fase di test i ricercatori hanno mostrato agli uccelli uno stimolo molto complesso, linee di varia larghezza, anelli concentrici o sezionati, che l’uccello doveva classificare beccando un pulsante a sinistra o a destra. Se la risposta era corretta riceveva in premio un po’ di mangime. Consumandosi il becco tra tentativi ed errori i piccioni hanno migliorato le loro prestazioni dal 55% al 95% delle risposte corrette. «Ciò che ha reso il test così impegnativo è la sua arbitrarietà: nessuna regola o logica potrebbe aiutare a decifrare il compito. Questi stimoli sono speciali. Non si assomigliano e non si ripetono mai. Se un essere umano facesse lo stesso test, otterrebbe un punteggio basso e probabilmente si arrenderebbe», ci ha spiegato Ed Wasserman, prof della Iowa University, che studia l’intelligenza dei piccioni da cinquant’anni. La ricerca dimostra perciò che queste creature stanno usando un algoritmo biologico, quello che la natura ha fornito loro, mentre l’intelligenza artificiale usa un algoritmo progettato da umani per imitare il nostro modo di pensare. Ma a quanto pare usando il metodo del piccione. Questo paradosso ci conduce agli obiettivi della ricerca, dove era centrale dimostrare che in alcune casistiche affidarsi alle regole ostacola l’apprendimento. Il piccione non ha bisogno di regole. Non ha quel processo di pensiero di alto livello. Ma questo non ha creato problemi nel seguire le istruzioni dei test, anzi, in qualche modo sembra averlo facilitato. Una situazione imbarazzante se si pensa che l’AI che sta facendo cose straordinarie, a cui daremo le chiavi del nostro pensare il futuro, non ci somiglia poi così tanto. E forse sarà meglio non fargli conoscere i piccioni.

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