Alberto Di Chiara e Garzya in coro: "Lecce, a Roma per rialzare la testa"

Medon Berisha
Medon Berisha
di Lino DE LORENZIS
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Venerdì 3 Novembre 2023, 05:00
E adesso la Roma di Mourinho, all’Olimpico, una sfida in trasferta che precederà di sei giorni la sfida con il Milan di Pioli al Via del Mare. Con le ferite da leccarsi, dopo le due sconfitte crudeli e immeritate. Quella con il Torino in campionato e quella con il Parma in Coppa Italia che ha fatto saltare i conti anche sul profilo energetico, con i titolari costretti a scendere in campo nel secondo tempo, per tentare un’impresa sfuggita di mano solo nel recupero.
Ne parliamo con Gigi Garzya e Alberto Di Chiara, belle stagioni vissute con il Lecce e con la Roma. Un difensore, un attaccante, per uno sguardo intenso, da “specialisti”, sui diversi reparti. Due che se ne intendono. I possibili risvolti psicologici, prima di tutto. Dice Gigi Garzya, leccese di San Cesario, cresciuto nel Lecce, come accadeva in quegli anni, con i ragazzi del capoluogo o dei paesi vicini, San Cesario, San Donato, ma anche degli altri paesi salentini, dove i ragazzi cullavano speranze che avrebbero realizzato con la maglia giallorossa. «Io non parlerei di demeriti del Lecce bensì del valore sorprendente del Parma capolista in serie B. Quando si perde bisogna tener conto anche del valore degli avversari. Quanto alle conseguenze psicologiche, invece, una sconfitta brucia sempre, anche se maturata in un modo quasi incredibile. Ma il Lecce del secondo tempo ha messo in campo una bella reazione, anche un’apprezzabile qualità del gioco vanificata un po’ dalle occasioni sciupate». E Di Chiara sottolinea. «Perdere con quel Parma che sta dominando il suo campionato ci può stare. Uscire di scena dalla Coppa Italia, magari dispiace, ma può essere un vantaggio per il campionato. In questo senso è una sconfitta che va metabolizzata».
Garzya ricorda con un velo di nostalgia il suo Lecce. «Avevamo una bella difesa, io, Righetti, Baroni, Terraneo. Ho giocato anche con il Lecce di Benedetti, Conte, Barbas, Pasculli, e poi c’erano i nostri Levanto, Miggiano, gli altri. Il Lecce di quest’anno è decisamente più forte di quello dell’anno scorso, ha una rosa di qualità e Pantaleo Corvino ha fatto le cose in grande, come sa fare lui. In difesa c’è tanta gente di valore, penso soprattutto a Baschirotto che già era esploso in A nella passata stagione, penso in modo speciale a Pongracic, che non sta facendo rimpiangere Umtiti, colonna difensiva della scorsa stagione. Peccato per quell’autogol di Ognissanti, ma Pongracic è un difensore di livello superiore, d’altro canto arrivava dalla Bundesliga; bene Gendrey e Gallo, sta emergendo il giovanissimo Dorgu, che mi aveva già impressionato il primo giorno in ritiro, ha tanta qualità, un bel piede, è già smaliziato, ha una grande carriera davanti. Importantissimo infine aver riportato Falcone, un portiere che garantisce sicurezza a tutti».
Questo Lecce, che incredibilmente ha subito per la prima volta quattro gol contro il Parma, in campionato ha subito solo dodici gol, uno in meno della Roma che sta per affrontare. «La mia Roma era quella di Bianchi, Boskov, Mazzone, tre grandi allenatori, era la Roma di un giovane Totti, capeggiata da capitan Giannini che conferiva da solo personalità alla squadra - racconta -. Questa è la Roma di Mourinho che è spesso contraddittoria sul piano delle prestazioni e dei risultati. Contro il Lecce rientra un uomo chiave come Dybala. Ma io nel Lecce credo sino in fondo, nonostante gli errori di qualche difensore contro il Parma. Il Lecce di D’Aversa non ha mai sofferto contro le grandi, ha saputo reagire quando si è trovato in svantaggio. Fare risultato a Roma significherà giocare contro il Milan con lo spirito giusto trascinati dal calore dei tifosi giallorossi al Via del Mare».
Gli parli della Roma, nella quale è cresciuto calcisticamente, e si esalta sulla scia dei ricordi, Alberto Di Chiara, anni importanti con un’altra maglia giallorossa, quella del Lecce. «Roma-Lecce è una partita che è rimasta nella memoria storica, quella della stagione 1984-85, non solo per me, ma nella memoria del Lecce e degli stessi romanisti, questi sul filo dei rimpianti per lo scudetto che si giocarono contro un Lecce già retrocesso. Vivo ancora lo scenario straordinario di quella gara che ricordò quanto possa essere variabile il calcio. La Roma di oggi non è paragonabile alla statura di quella Roma che noi beffammo crudelmente. Era una squadra, quella, di grandissimi campioni, e di una personalità che manca oggi alla Roma di Mourinho, insieme alla stessa qualità tecnica. Io ho vissuto negli anni Ottanta e Novanta, le stagioni di un calcio irripetibile. Nell’animo mi si accendono sempre i ricordi vivissimi del mio Lecce, con il quale cogliemmo la promozione in A con Eugenio Fascetti - sottolinea Di Chiara -. A me sta piacendo molto il Lecce di Saverio Sticchi Damiani e di Pantaleo Corvino. Una società che vive il presente in dimensione futura, una squadra in cui ci sono giocatori che garantiscono la partecipazione alla quale tiene molto D’Aversa. In attacco ci sono giocatori che valgono molto come Krstovic ed il giovane atalantino Piccoli, due gol nelle poche opportunità che ha avuto. Sugli esterni gente che corre e mette in difficoltà le difese come Almqvist, come Banda, e poi Strefezza che sta tornando quello dello scorso campionato. E sarà utilissimo anche l’esperto Sansone. Partito come squadra sorpresa della stagione, adesso il Lecce deve rialzare la testa, dopo due sconfitte immeritate contro Torino ed il Parma, altra splendida realtà dove ho vissuto stagioni straordinarie che mi portarono in Nazionale. Quella di Roma sarà un’altra partita delicata, ma non ci sono gare impossibili. Io sono fiducioso. Il Lecce che crede in sè stesso se la può giocare a testa alta».
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