De Canio: niente fretta, il virus è ancora presente. La serie A può ripartire anche a settembre

Mister Luigi De Canio
Mister Luigi De Canio
di Antonio IMPERIALE
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Lunedì 11 Maggio 2020, 10:24 - Ultimo aggiornamento: 13:20
Il fascino del mare che si allunga nel Golfo di Napoli, le suggestioni di Vico Equense, dove trascorre il tempo sospeso del presente, un intrigo con la magìa dei Sassi della sua Matera, una sorta di intreccio poetico lucano-campano nell’animo, per stemperare il grigiore dei giorni del coronavirus. Ti apre il cuore, Gigi De Canio. «Qui i dati sono pesanti, ma non drammatici come in altre parti d’Italia. Qui sulla costiera si è stati anche molto attenti. Non è questione di Nord o Sud, bisogna affidarsi ovunque al senso di responsabilità». I giorni sempre in casa, in attesa delle notizie serali, della quotidiana conta dei contagi, dei morti. «Giorni maledettamente lunghi, gravidi di ansia e di speranza. Mi aiuta molto la lettura, i classici soprattutto. Il calcio, nonostante sia la nostra professione, non può essere vissuto avulso dalla realtà sociale. Bisogna viverlo nella giusta dimensione».
Di fronte alle inquietudini, alle incertezze sul presente del mondo del pallone, De Canio ha una sua lettura ad ampio raggio, che guarda al domani. «Situazione difficilissima - dice - difficile da sbrogliare per gli enormi riflessi economici, certamente importanti anche per il Paese. Ci vuole tutta la responsabilità della politica, di chi guida il governo, ma anche quella nostra. Difficili i discorsi sul futuro finchè continuano a morire ancora tante persone, finchè i contagi lasciano segni quotidiani, come sta accadendo. Serve prudenza, rispetto della vita. Uno spirito di umanità può aiutarci a riprenderci anche nelle difficoltà. E se si ama il calcio si deve guardare non solo alla serie A, ma a tutto il pianeta del pallone sino ai Dilettanti. Hanno già fermato la serie C, non ci sarà futuro per la serie D, per i settori giovanili. Ci vorrà allora una cassa integrazione per i dipendenti che ruotano anche in questi pianeti minori, ma essenziali per la sopravvivenza del complesso pallonaro. Non si può lasciare indietro nessuno. Diversamente non parliamo più del calcio come dimensione sportiva, parliamo solo di un fatto economico, del grande affare della serie A».
Non ci sono solo i sì ed i no della politica, le incertezze di qualche società. Si sono schierati anche i tifosi, su due sponde diverse. Gli ultrà del Lecce sono contro la ripartenza come mancanza di rispetto per i lutti, per le tante vittime. «È certo che il calcio senza tifosi, con gli stadi vuoti è un calcio senza senso. Perde la sua essenza di festa, ciò che di bello ti offre una partita. Non si può vivere di sola televisione. Anche se questa è determinante per gli aspetti economici». Attendere, forse, può essere anche una questione di coerenza. «La ripartenza non garantisce comunque più la regolarità del campionato. Quando ci si è fermati, ogni squadra viveva una sua situazione o in positivo o in negativo. La lunga sosta ha azzerato tutto. Le squadre ripartiranno da condizioni diverse, per una corsa forsennata, tant’è che sento parlare di cinque sostituzioni per far fronte agli inevitabili problemi fisico-atletici. Se il principio è giusto, non è corretto cambiare le regole in corsa». Gigi De Canio propone la soluzione autunnale. «Aspettiamo per leggere con più attendibilità i capricci del virus, scongiuriamo i prevedibili tanti infortuni che le partite ravvicinate finirebbero col produrre, forse riusciamo anche a scongiurare il rischio contagi, facciamo ripartire il calcio magari a settembre, giochiamo correttamente le gare sino a novembre, trovando un modo proprio nella particolarità della contingenza di gestire il problema dei contratti. E magari sarà un calcio vero, con gli spalti pieni. Alla fine si potrebbero assegnare lo scudetto e i posti per l’Europa, evitando le retrocessioni, a fronte di due promozioni dalla serie B. Ripartiamo a gennaio magari per una stagione eccezionalmente più lunga, ma ridisegnando per il futuro un campionato più agile, con meno squadre in serie A. Il calcio va ripensato».
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