Palermo, al Teatro Massimo torna il pubblico: oggi per la «Lucia» 500 “under 35” all'opera con biglietti a 1 euro

© rosellina garbo
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di Totò Rizzo
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Giovedì 20 Maggio 2021, 10:34

Nei sette mesi di chiusura forzata, il Massimo di Palermo ha vibrato lo stesso dei suoni di un teatro d’opera e balletto. Lo ha fatto in streaming, certo, “da remoto”, rafforzando la sua task-force televisiva (strumenti di ripresa all’avanguardia, regia con una decina di monitor, audio dei più sofisticati) e, senza disattendere nessuno degli appuntamenti previsti, ha raccolto sulla sua sola piattaforma (senza contare le collaborazioni con Rai, Sky, Artè) 300mila spettatori, «come due stagioni di sold-out», dice soddisfatto il sovrintendente Francesco Giambrone. Ma oggi, giovedì 20 maggio, sarà diverso. Come sta già accadendo in molti teatri lirici italiani, al Massimo torna il pubblico. Alle 18,30 ci saranno 500 “under 35” per «Lucia di Lammermoor» in forma semiscenica, biglietto a 1 euro, corsa al botteghino e “tutto esaurito” nel giro di poche ore. Solo 500 posti sui 1200 che il Massimo (per grandezza il terzo teatro d’opera storico in Europa, dopo l’Opéra di Parigi e la Staatsoper di Vienna) offre. Sabato toccherà invece all’abituale pubblico della lirica: anche per questo appuntamento, biglietti fatti fuori in due giorni.

Per l’opera di Donizetti, sul podio Roberto Abbado, mise en espace di Ludovico Rajata (che cura anche i costumi con William Orlandi), animazione digitale di Fabiola Nicoletti. Nei panni della sfortunata fanciulla scozzese, il soprano catalano Sara Blanch, Celso Albelo in quelli di Edgardo, Ernesto Petti-Lord Enrico e Michele Pertusi-Raimondo.

38 le poltrone distanziate in platea (dall’ingresso fino a metà sala), il resto del pubblico nei palchi e in loggione. Nell’altra metà della platea, fino al limite del boccascena, l’orchestra, i solisti e il coro in palcoscenico, secondo uno spazio fisico che in questi mesi, a seconda della proposta, è stato costantemente ripensato.

Ripensato anche l’organico di «Lucia», nonostante la grandeur dell’opera donizettiana. Esempio: 10 violini al posto di 14, 48 coristi invece che 60/65. «Le emozioni più grandi saranno il pubblico che salirà la scalinata di piazza Verdi, il brusio in sala e soprattutto gli applausi – pregusta Giambrone –, il suono che è mancato di più. Alla fine dell’ultimo concerto, il 12 maggio, è stato lo stesso Marc Albrecht che dirigeva, posata la bacchetta, a cominciare ad applaudire trascinandosi dietro l’orchestra e tutti noi». Un’attività intensa, anche a porte chiuse, senza gli applausi. «Non ci siamo mai fermati: l’orchestra e il coro escono da un training altissimo, si sono alternati sul podio Muti, Ferro, Gatti, Albrecht, il nostro direttore musicale Wellber, lo stesso Corpo di ballo ha lavorato con grandi coreografi».

Adesso si riparte col pubblico pensando anche ai mesi caldi al Teatro di Verdura, nel Parco di Villa Castelnuovo, sede estiva della Fondazione: in scena tra luglio e agosto, «Traviata», «Trovatore», «Giselle» e una serie di concerti sinfonici. Nonostante le “ferite” della pandemia. «Nel 2020 – fa i conti il sovrintendente – abbiamo avuto un calo di 6 milioni sui 30 del bilancio generale, la biglietteria una flessione dell’80% e anche quest’anno sarà così. Però più che mai, in un momento come questo, bisogna pensare ad una politica di prezzi contenuta, perché il ceto medio, il nostro zoccolo duro, specie qui al Sud, si è impoverito. Non puoi presentarti con gli stessi prezzi di prima. Da 10 a 45 euro, non più 80 o 120. Il problema principale, adesso, non sono le casse ma il ritorno a teatro».

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