Liste d'attesa, 300 giorni per una mammografia. Lecce e Taranto le peggiori

Liste d'attesa, 300 giorni per una mammografia. Lecce e Taranto le peggiori
di Vincenzo DAMIANI
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Domenica 16 Giugno 2019, 08:32
I più fortunati sono i residenti della Sesta Provincia (Bat): mediamente per un esame o una visita medica a Barletta o Andria l'attesa è di 56 giorni. La maglia nera, invece, se la contendono le Asl di Taranto e Lecce: nella provincia ionica, un paziente mediamente attende 98 giorni; in Salento poco meno, 94 giorni. A Brindisi, invece, si va oltre i due mesi, per la precisione 61 giorni.

È quanto emerge dall'ultimo rilevamento effettuato dalla Regione nella settimana indice 1-5 aprile 2019, in tema di liste di attesa a soffrire maggiormente sono leccesi e tarantini, considerando anche che la media regionale è di 84 giorni. I risultati sono pessimi un po' ovunque, ma quelle più in difficoltà sono senza ombra di dubbio le Asl di Lecce e Taranto. È qui che si registrano picchi record su alcuni esami: per un colonscopia un salentino è costretto ad aspettare, mediamente, quasi un anno (300 giorni), per una ecografia al capo e al collo 143 giorni, per un elettrocardiogramma da sforzo 145 giorni, una visita al fondo oculare 166 giorni, una mammografia 153 giorni. Da Lecce a Taranto la musica cambia poco, anzi peggiora: mammografia 295 giorni, ecografia alla mammella 251 giorni, proprio in un territorio dove la prevenzione dovrebbe brillare. Ancora: per una visita cardiologica un tarantino attende in media 171 giorni, per una visita urologica 146 giorni, per un banale elettrocardiogramma 137 giorni, per la visita pneumologica 107 giorni.

Risultati decisamente migliori in provincia di Brindisi, dove le emergenze sono più limitate e riguardano la chirurgia vascolare (233 giorni per una visita), mammografia (137 giorni), ecografia alla mammella (124 giorni), ecocolordopper dei tronchi (204 giorni).
Fanno discutere i dati sulle liste di attesa dell'Asl di Taranto: in un territorio martoriato dal punto di vista ambientale e con molte urgenze sanitarie da affrontare, un'attesa media di 98 giorni è considerata inaccettabile. Occorrerebbero maggiori risorse umane e più macchinari e un investimento massiccio sulla medicina territoriale e la prevenzione per invertire questo trend negativo.

Il report, però, dice che, salvo rari casi, la Regione Puglia è quasi sempre inadempiente: i tempi massimi previsti dalla legge italiana (10 giorni per le urgenze, 30 e 60 giorni per gli esami che si possono differire) non vengono rispettati nel settore pubblico. L'ammalato pugliese, quindi, che ha necessità di sottoporsi rapidamente ad un esame ha due alternative: pagare di tasca propria, se ha la possibilità economica, oppure rivolgersi ad ospedali fuori regione, alimentando così la mobilità passiva. Qualche esempio: se un pugliese ha bisogno di una visita cardiologica, negli ospedali pubblici regionali mediamente - dovrà attendere 94 giorni. Ma mettendo mani al portafogli, in sei giorni il problema è risolto. Una colonscopia? Non prima di 207 giorni nel settore pubblico, rivolgendosi ai privati in nove giorni. Per un holter cardiaco stessa storia: 82 giorni rivolgendosi alla sistema sanitario regionale, sei giorni in regime Alpi. Una Tac all'addome? Almeno 75 giorni in ospedale, due giorni a pagamento.

E ancora: una mammografia 221 nel pubblico, 12 nel privato; per una ecografia al capo 112 giorni nelle strutture pubbliche, quattro giorni a pagamento. Il privato batte il pubblico in rapidità persino quando ha più pazienti da assistere. C'è un altro dato che testimonia, se ce ne fosse bisogno, che in Puglia, esami e visite mediche urgenti non vengono garantite nei tempi previsti dalla legge: su un totale di 4.040 prestazioni prenotate nei giorni dall'1 al 5 aprile 2019, solamente 2.821 risultano erogate entro 10 giorni. Questo significa che 1.121 pugliesi hanno dovuto attendere oltre, nonostante l'esame avesse la priorità dell'urgenza. Per quanto riguarda le 6.537 prestazioni con classe di priorità Differita, solo 4.863 risultano erogate nei tempi massimi d'attesa, cioè entro 30 giorni per le visite ed entro 60 giorni per gli accertamenti diagnostici. Ne deriva che in 1.674 casi i tempi massimi d'attesa non sono stati rispettati.

Le liste di attesa, quindi, continuano ad essere un tallone d'Achille, nonostante una legge regionale approvata, tra le polemiche, in Consiglio e già impugnata dal governo nazionale davanti alla Corte Costituzionale.
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