Emiliano: «Vittoria della coalizione, adesso voce a tutti i pugliesi»

Emiliano: «Vittoria della coalizione, adesso voce a tutti i pugliesi»
di Francesco G.GIOFFREDI
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Lunedì 1 Dicembre 2014, 02:21 - Ultimo aggiornamento: 20:27

BARI - Innesta il turbo e si arrampica su in cima, staccando la concorrenza senza troppi patemi, forse come gli stessi sondaggi - tenuti saggiamente al segreto - spiegavano. E dribblando, anche, le polemiche fiammeggianti degli ultimi giorni, covate sotto la cenere di una coalizione perennemente sull’orlo della crisi di nervi. Michele Emiliano sarà il candidato del centrosinistra alle regionali pugliesi del 2015: così hanno decretato le primarie di ieri, che lo incoronano con uno squillante 57,19% (76.930 preferenze) e che premiano tutta la coalizione (boom alle urne: 134mila). Le stesse primarie che appena 36 ore prima erano a rischio implosione, sgretolate dalle faide intestine.

Ma proprio il dato d’affluenza è una sferzata di serenità e carica. «Adesso - commenta il segretario regionale Pd - c’è un sacco da lavorare. Questo risultato, prima di tutto della coalizione e del nostro popolo, è una spinta forte verso le elezioni regionali. Ci aspettano problemi grandissimi, e per questo partiremo con sei forum tematici in tutte e sei le province, che dureranno almeno fino a gennaio e coinvolgeranno partiti, associazioni, cittadini, con una partecipazione dal basso che durerà per cinque anni: non faccio mai di testa mia, e voglio invece fare tutto con la testa dei pugliesi». Insomma: il leader Pd vuol spazzar via i sospetti di leaderismo verticistico, calcando la mano sul core business di casa, e cioè la costruzione dal basso di programmi e idee.

Lanciando anche un messaggio di pace a Nichi Vendola, oltre che a tutti gli altri partner di coalizione e ai due contendenti delle primarie (Dario Stefàno e Guglielmo Minervini): «Speriamo nell’aiuto della giunta Vendola, che col nostro totale aiuto ci consegnerà la Puglia nelle migliori condizioni possibili per vincere le elezioni. Sarà il nostro principale ispiratore. C’è un grande lavoro di popolo durato 10 anni, con tante cose belle fatte, costruite da noi tutti. E Nichi ora ci aiuterà a vincere le elezioni di primavera». Parole di miele, dopo fiumi di veleno. Ma in sottofondo c’è anche un avvertimento a Vendola: ora non defilarti dalla battaglia, e accetta la mia leadership.

La mole di consensi raccolta da Emiliano racconta molto, se non tutto, del personaggio e della sua cavalcata: il piano di guerra orchestrato da anni; la potenza di fuoco messa in campo dal partito, perché la gran parte di colonnelli e capibastone locali dei democratici era dalla parte del leader barese, e l’effetto nel voto sui territori s’è visto; la macchina del consenso personale, legato cioè al carisma spesso ingombrante e certo vulcanico dell’ex sindaco barese; l’ostinazione di una campagna elettorale condotta a petto in fuori, spesso a gomiti alti, ma senza risparmiare una sola goccia di sudore, battendo palmo a palmo tutta la Puglia, stringendo mani e raccogliendo proposte, critiche, sogni e bisogni.

Un approccio verace, da «sindaco di Puglia» come ha promesso d’essere Emiliano, che la fascia del primo cittadino l’ha indossata per dieci anni, sfoggiandola quasi come una medaglia al valore (e in questo la distanza da Matteo Renzi è un sottile diaframma). E proprio in quell’epiteto-spot che scintilla come un hashtag buono per l’adorato Twitter (#sindacodipuglia) c’è tutto l’universo-Emiliano: destrutturare la Regione, ribaltare il palazzo, accorciare la distanza tra vertice della piramide e pugliesi, e di fatto misurare una netta discontinuità col decennio del governo a guida Nichi Vendola. Nel metodo e forse anche nel merito delle scelte, come ha ripetutamente ribadito in questi mesi. Anche se le parole a caldo di ieri sera sono una mano tesa al leader Sel, con l’intenzione di non sfaldare la coalizione dopo averne conquistato la vetta. Peraltro tagliando per primo il traguardo in quasi tutte le province: l’unica eccezione è Lecce, dove Stefàno corona il sorpasso (47%).

Proprio la dualità “continuità-discontinuità” ha caratterizzato più di ogni altra cosa queste torrenziali e sfiancanti primarie, con effetto a cascata sul clima e sui toni.

Gli altri due competitor in campo - il vendoliano, e senatore Sel, Dario Stefàno e l’assessore regionale Pd Guglielmo Minervini - hanno invece sempre tenuto ben saldo in mano, seppur con sfumature diverse, il filo del vendolismo, che vorrebbero tenere vivo e vivace. Certo, le urne sono state apparentemente avare con Stefàno e Minervini: 31,37% e 11,44% (rispettivamente 42.216 e 15.389 voti). Ma entrambi hanno avuto un ruolo prezioso, che Emiliano farebbe bene a non sottovalutare, viceversa capitalizzandolo al meglio nella costruzione della coalizione e della stessa proposta di governo: il senatore e l’assessore hanno messo propellente e idee nel motore delle primarie, incalzando Emiliano ed evitando che la stessa competizione si riducesse a una stanca liturgia.

L’effetto s’è visto sulla partecipazione, che si è spinta oltre ogni previsione: 134.535 è un ottimo risultato, di questi tempi di disillusione politica e di primarie altrove (Emilia Romagna e Veneto) molto più stitiche. Un tonico per tutto il centrosinistra, che forse rimarginerà qualche ferita. Alla vigilia l’asticella era stata prudentemente fissata a quota 60mila, né deve illudere il precedente del 2010 (192mila elettori: un’altra epoca). Lo stesso Emiliano, che adesso vuole accreditarsi col passo del padre nobile, usa il «noi» e piazza in prima linea tutto il centrosinistra: «I pugliesi danno una speranza all’Italia. Oltre 100mila cittadini che vanno a votare alle primarie sono un’iniezione di fiducia che da Sud vorrei raggiungesse il resto del Paese, contro la disillusione e il disimpegno. Per chi ama la democrazia, è una bella giornata».

Emiliano il renziano anomalo, il leader muscolare partito da lontano (la sua macchina è in corsa verso la Regione da almeno due anni) che ha stretto il patto con larghi strati dei dalemiani e che strizza l’occhio ai centristi, ora avrà un compito cruciale: essere il mastice del centrosinistra. Già da stamattina, quando forse tornerà a esplodere la bomba che ha squarciato in due la coalizione: il patto con l’Udc, mercoledì scorso sbandierato in conferenza stampa congiunta dal segretario Pd e dai vertici centristi. Una bomba ad alto potenziale, al punto che Vendola aveva messo in dubbio l’esistenza del centrosinistra e delle primarie. Solo i pontieri di Pd e Sel hanno salvato il voto di ieri, all’ultimo minuto. Ma il tavolo di sabato non ha sciolto il nodo principale: l’alleanza con l’Udc ci sarà o no?

«Abbiamo fatto le primarie - ha spiegato ieri sera Emiliano - proprio per avere Sel in coalizione», senza accennare per ora ai centristi. Naturalmente Vendola, Stefàno, Minervini e forse gli stessi pd che hanno sostenuto Emiliano temono il maggior rischio: che la cascata di voti renda il leader democrat ancora più autonomo e spigliato nelle scelte su alleanze, liste e programmi. Ma lui, Michele il gladiatore, per ora ha solo confetti per tutti: «Per me sarà una responsabilità grandissima rappresentare la parte migliore di questa regione che amo profondamente. Non la conoscevo bene, ma ho fatto 100mila chilometri in questa campagna. Ora abbiamo tantissime cose da fare, da approfondire, da studiare e tanta energia da tirar fuori. Mi chiedete della coalizione? Va tutto bene, la vittoria è netta e chiarisce le idee a tutti, e ci darà una grande spinta. Vedo un entusiasmo enorme, ma nella sobrietà, è l’entusiasmo di chi sa che non stiamo andando a Disneyland o a fare una scampagnata, ma stiamo andando ad affrontare problemi grandissimi. Ma stasera conta il dato della partecipazione: l’affluenza è tre volte quella del Veneto. E questo ha un significato politico fortissimo». In fondo, il centrosinistra c’è. Anche se veleni e colpi di cannone rischieranno sempre di terremotarlo: spetterà a Emiliano far da collante.

Da oggi pompiere, e non più incendiario.

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