Da novembre a sabato scorso, la Lombardia è stata in zona rossa 39 giorni. Tra cortei di protesta di ristoratori e baristi, commercianti che hanno strappato i modelli F24 delle tasse al grido «non lavoro, non pago», studenti esasperati con i megafoni sotto il Pirellone. L’ondata di disperazione di chi non lavora si è placata giusto qualche ora, quando è stato decretato il ritorno in zona arancione. Finché l’Iss ha fatto sapere di avere inviato da maggio «54 segnalazioni di errori, incompletezze e/o incongruenze». E già da ottobre il calcolo dei contagi, per effetto del campo «stato clinico» mai compilato dalla Regione, risulterebbe sbagliato per eccesso. Ciò significa che dal 6 al 28 novembre, cioè per 23 giorni, la Lombardia è stata in lockdown senza che ce ne fosse la necessità.
Zona arancione o gialla, cambiano colore Veneto, Friuli, Marche, Sardegna e Toscana?
CLASS ACTION
Massimo Tortorella è presidente di Consulcesi, un network legale che sta raccogliendo le adesioni a una class action dei commercianti per il danno subito dalla zona rossa.
Azione preliminare già messa in atto dagli avvocati Francesco Borasi e Angelo Leone, che hanno inviato al Pirellone la richiesta di accesso agli atti che sarebbero alla base dell’errore di calcolo. I documenti raccolti confluiranno nella maxi causa civile davanti al Tribunale di Milano per chiedere il risarcimento dei danni, a cui stanno aderendo commercianti, imprenditori e associazioni di categoria. Confesercenti Lombardia ha calcolato che l’Rt sopravvalutato è costato «almeno 600 milioni di euro: decine di migliaia di imprese hanno subito un ulteriore stop che, per quanto riguarda l’abbigliamento, è arrivato nel pieno della stagione dei saldi. Ma non c’è solo la moda, parliamo di un blocco forzato per tanti comparti, dai negozi di arredamento ai mercati non alimentari, agli estetisti, solo per citarne alcuni». Dunque è evidente che «se c’è stato un errore da parte di qualcuno, è giusto che venga posto di fronte alle proprie responsabilità. Non si scherza sulla pelle delle imprese. Non è possibile sbagliare in modo così grave su numeri che incidono su un sistema economico già colpito da tre lockdown».
E invece. Dopo il blocco dal 6 novembre, il 29 la Lombardia torna in zona arancione dove resta fino al 12 dicembre (per 14 giorni), quando i dati migliorano ed entra in fascia gialla. Ma dura poco, perché 24 dicembre scattano i decreti festivi. Fino al 17 gennaio, quando torna in rosso, il Pirellone capisce che i numeri non sono corretti, ricorre al Tar e l’Iss segnala gli errori. Ma i dati, sostengono le opposizioni in Giunta, sono falsati almeno dal giugno scorso, quando è stata presentata l’interrogazione numero 1186 che chiedeva conto delle «anomalie indicate per i dati di insorgenza di primo sintomo, necessari per calcolare i parametri di sorveglianza epidemiologica». Proprio quel campo non compilato ha causato il disastro.
I NUMERI
Che ci fosse superficialità nel monitoraggio è emerso già nella prima ondata della pandemia. Come ha segnalato la Fondazione Gimbe il 10 aprile 2020: «La Regione Lombardia non trasmette il numero dei soggetti guariti, ma solo dei dimessi. Questi casi nel report della protezione civile vengono conteggiati tra i guariti, con conseguente distorsione della comunicazione sull’andamento dell’epidemia». Eppure oggi, a tre mesi dall’insediamento, la commissione d’inchiesta sull’emergenza Covid in Lombardia non ha ancora ricevuto dall’assessorato al Welfare i dati richiesti sulla prima fase del contagio necessari per poter portare avanti i lavori. Mentre la sanità della Regione, se non verrà attuata la riforma imposta dal governo entro aprile, rischia di finire fuori legge. «Ho chiesto l’audizione di Agenas in commissione Sanità al fine di illustrare a quali obblighi, e quindi a quali atti vincolati, deve attenersi il consiglio regionale nell’ambito della riforma della legge Maroni per evitare una illegittimità costituzionale del sistema sanitario lombardo», annuncia il consigliere regionale M5s Marco Fumagalli.