Bimba ferita a Napoli, il «Gomorra style»
del killer: griffe, droga e famiglia

Bimba ferita a Napoli, il «Gomorra style» del killer: griffe, droga e famiglia
di Leandro Del Gaudio
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Sabato 11 Maggio 2019, 08:20 - Ultimo aggiornamento: 15:57

«Ricorda non mi sottovalutare mai, che io sarò sempre un passo avanti rispetto a te».
«Per avere qualcosa che non hai mai avuto devi fare qualcosa che non hai mai fatto». Queste ed altre perle di saggezza campeggiano sul profilo facebook di Armando Del Re, il 29enne ritenuto responsabile del ferimento della piccola Noemi, lo scorso tre maggio.

Un profilo aperto al pubblico dal quale compaiono le scene di una vita trascorsa assieme alla moglie e ai quattro figli, che ieri è stato letteralmente inondato di insulti da parte del popolo del web che - erroneamente - lo ha già giudicato responsabile di quello strazio avvenuto in piazza Dante.

Ma la galleria di immagini offerte dal social network è sempre più simile a quella di tanti altri soggetti protagonisti di brutti fatti di cronaca avvenuti a Napoli.
 
Ricordate l'inchiesta della paranza dei bambini di Forcella? Stesse barbe, stessi fisici torniti, stessi tatuaggi, quanto basta a spingere l'allora giudice Nicola Quatrano a fare un paragone ad effetto: nel look dei nuovi camorristi c'è la suggestione dell'Isis, dei guerrieri del sultanato nero e non solo per questioni di estetica. Barbe a parte, camorristi e terroristi condividono lo stesso senso della morte - spiegava il magistrato -, o disprezzo della vita, specie per quella degli altri.

Ma torniamo ad Armando Del Re, al suo mondo social e alle accuse che la Procura gli contesta. Per cosa era indagato il 29enne? Cosa ha consentito la Procura di Napoli di intercettare - grazie al lavoro della Finanza - i fratelli Del Re pochi giorni prima di quel macello in piazza Nazionale? Semplice: per fatti di droga, che è poi il fil rouge che collega la famiglia di Armando - che fa capo al padre conosciuto come a pacchiana - al nuovo mondo delle piazze liquide, dei broker on line, sempre connessi, sempre meno appartenenti a questo o quel clan in particolare. Nati come contrabbandieri, poi legati ai Di Lauro, agli Amato-Pagano, perfino ai Marino (uno dei Marino è tra gli amici di fb), i Del Re sono ovunque ci sia da piazzare un quantitativo di droga, almeno secondo la ricostruzione della Dda. Ed è grazie alle intercettazioni accese a loro carico, che è stato possibile ricostruire la fase organizzativa dell'agguato.

Dunque, ricapitoliamo: gomorra, padre di famiglia, foto in posa patinata e fede calcistica neroazzurra, amore riservato per moglie e figli. C'è tutto ciò nella storia personale di Armando Del Re, nella vita e nella psicologia del personaggio indicato come uomo nero, quello che ha rischiato di spegnere il sorriso di una bambina di quattro anni, di cancellare per sempre il suo volto angelico.

Padre affettuoso, marito premuroso, tifoso interista, pronto a difendere se stesso, il proprio orticello, la propria dimensione domestica. E allora guai a sottovalutarlo, pronto a tutto per «avere qualcosa», anche a fare «quello che non hai ancora fatto». Pensava anche alla possibilità di uccidere un uomo, quando postava queste perle? Ma non andiamo troppo veloci, proviamo a ragionare anche alla luce dello stato delle indagini. Ascoltato in questura pochi giorni fa, Armando Del Re ha negato di essere l'uomo che ha sparato contro Salvatore Nurcaro, ha rivendicato la propria estraneità rispetto al ferimento di Noemi: «Ero con mia moglie», ha spiegato, prima di tornare a organizzarsi la vita. Era in fuga ieri mattina? Fermato assieme alla madre e alla moglie, non ha battuto ciglio, non ha abbozzato alcuna reazione. Non conosce ancora gli atti, ignora il contenuto delle intercettazioni che - a leggere il fermo - parlano di pericolo di fuga e di rifugio sicuro.

È stato arrestato mentre andava a colloquio dal padre Vincenzo a pacchiana, uno che di qui a poco sarà scarcerato dopo aver rimediato una condanna per la gestione di una piazza di spaccio in quel di Melito, all'epoca per conto dei clan di Secondigliano.

C'è un verbale del pentito Gennaro Russo agli atti di una vecchia inchiesta sul clan Di Lauro, che basta da solo a spiegare qual è il giro di affari che ruota nel mondo familiare dell'uomo accusato del ferimento di Noemi: «Ogni mese a pacchiana e suo fratello o pazzo portavano a Di Lauro 25mila euro al mese, erano i soldi della piazza». Basta partire da questa ricostruzione per comprendere il senso delle dichiarazioni rese ieri dal procuratore Gianni Melillo, che - a proposito dell'agguato in piazza Nazionale - ha parlato di episodio maturato in «un contesto camorristico». Nel senso che non rientra in uno scontro frontale tra i Contini e i Mazzarella, ma siamo in una logica di morte e sopraffazione che dà per scontata la possibilità di uccidere un passante durante un agguato, fosse anche una piccola di quattro anni. Ed è in questo scenario che abbraccia almeno venti anni di storia criminale (dalla piazza di Melito che fruttava 25mila euro al mese agli spari in piazza Nazionale) che si comprende la crescita «professionale» di Armando Del Re. Guai a sottovalutarlo - avverte - perché in fondo lui può fare qualcosa pur di avere ciò che non ha mai avuto: anche pedinare un uomo per giorni e sparare tra la folla, scavalcando due volte una bambina trafitta da un proiettile?

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