Sosta vietata nelle piazzette? «Violati i diritti umani»

Sosta vietata nelle piazzette? «Violati i diritti umani»
di Paola ANCORA
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Giovedì 26 Ottobre 2017, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 17:39
«L’ordinanza che vieta sosta e fermata nelle piazzette Riccardi e Castromediano vìola la Costituzione e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo». A Lecce, a chiamare in causa la Carta dei diritti redatta dalle Nazioni Unite nel 1948, dopo l’orrore della Seconda Guerra Mondiale, sono stati quindici residenti del centro storico, che hanno dato mandato al loro legale, Daniele Montinaro, di impugnare l’ordinanza con la quale il sindaco Carlo Salvemini ha disposto il divieto di lasciare l’auto nelle due piazzette storiche della città, proprio vicino alla Basilica di Santa Croce.
I residenti, nel caso specifico, hanno casa in via Matteotti, Vico Storella, Vico della Saponea, via Balmes, via Matteo da Lecce e nel dedalo di strade che da piazzetta Riccardi e piazzetta Castromediano si allarga a raggiera nel cuore barocco del capoluogo. Prima dell’ordinanza «riuscivano a parcheggiare in appositi stalli riservati in via Rubichi e nelle due piazzette, quindi vicini alle loro abitazioni. E per molti - specifica Montinaro nel ricorso - trattandosi di persone anziane, in alcuni casi anche inferme, e di famiglie con bambini piccoli, la possibilità di parcheggiare l’auto nelle vicinanze di casa risulta irrinunciabile per garantirsi una esistenza libera e dignitosa». Da quando è entrata in vigore l’ordinanza, invece, «i ricorrenti sono costretti a lasciare l’auto a diverse centinaia di metri da casa, in zone in cui tutti gli utenti del centro cercano abitualmente parcheggio, peraltro girovagando per decine e decine di minuti, sperando di trovare uno spazio e tornare a piedi, con gli evidenti disagi legati al meteo, all’orario e alle cattive frequentazioni dei vicoli spesso deserti». Una situazione insostenibile, a loro avviso, al punto che i più anziani e le famiglie con bambini «sono ormai costrette nelle abitazioni, hanno soverchie difficoltà nell’avere contatti con familiari e amici, oltre che nelle normali pratiche quotidiane». Ed è proprio questa lamentata limitazione della libertà personale che i quindici residenti contestano, appellandosi all’articolo 16 della Costituzione - «ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale (...) e nessuna restrizione può essere determinata per ragioni politiche» - e agli articoli 12, 13 e 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nella parte in cui specifica che «nessun individuo potrà essere sottoposto a interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa» e ogni persona ha diritto «alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato». Norme pensate per guarire l’anima di un mondo dilaniato dalla guerra e che, ancora oggi, vengono violate in decine di Paesi dove si può torturare (81 Nazioni), restare vittime di processi arbitrari (54 Paesi) o dove non esiste libertà di espressione (77 Paesi, dati di Amnesty International, ndr).
Secondo i residenti del centro storico, però, anche l’amministrazione Salvemini avrebbe vìolato quella Carta, privando senza preavviso questi cittadini del loro diritto a circolare liberamente. Prima di arrivare alla battaglia legale, peraltro, c’è stato anche un incontro a porte chiuse con il primo cittadino, senza tuttavia si riuscisse a trovare una soluzione.
Secondo i quindici residenti che hanno presentato ricorso al Tar, il Comune avrebbe dovuto innanzitutto motivare la sua decisione e poi soppesare gli interessi in gioco: quelli pubblici «alla salute, sicurezza, gestione del territorio, tutela del patrimonio ambientale e culturale», con quelli privati (dei residenti, delle associazioni di categoria, professionali e non)».
Invece, saputo del ricorso, il dirigente Giovanni Puce ha corretto l’ordinanza impugnata e, solo successivamente, l’ente si è costituito nel giudizio. «Un comportamento scorretto - dice l’avvocato Montinaro - e, in ogni caso, impugneremo anche questa seconda ordinanza. Questi cittadini chiedono semplicemente una soluzione alternativa, che al momento - chiude il legale, peraltro da sempre favorevole all’estensione della Ztl - non hanno».
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