Annullata l'interdittiva antimafia con cui la prefettura di Lecce consegnò la gestione della società La Sorgente di Taurisano ad un amministrattore ritenendo sussistente ed attuale il pericolo di infiltrazione e condizionamento di esponenti della Sacra corona unita.
Il nulla osta dei giudici
Quel pericolo non c'è, hanno stabilito i giudici della terza sezione del Consiglio di Stato (presidente Marco Lipari, estensiore Giovanni Pescatore) accogliendo il ricorso presentato dagli avvocati Gianluigi Pellegrino, Italia Mendicini, Pietro Quinto Quinto e Giovanni Colacurcio.
I sospetti del clan Scarlino
Spazzati via, dunque, i sospetti sulla influenza di vecchi e nuovi componenti del clan storico Scarlino. Perché - hanno stabilito questo i giudici - non vi è prova dell'attualità del loro persistere in contesti criminali. E perché non vi è prova di rapporti con i vertici di questa società che conta 264 dipendenti specializzati nell'assistenza delle persone anziane e persone gravate da problemi fisici e/o psichici.
La sentenza
L'unione sigillata dall'amministratrice Maria Grazia Santantonio con Roberto Scarlino, figlio del boss storico “Pippi, la circostanza che aveva indotto la prefettura a sostenere il pericolo di infiltrazione mafiosa.
La difesa
«La sentenza ha chiarito che La Sorgente sia una società sana, non condizionata da retaggi storici della criminalità», spiega l'avvocato Gianluigi Pellegrino. «Giusto che la prefettura abbia fatto i suoi accertamenti, ma oggi questa sentenza restituisce alla società una società sana ed impermeabile alle infiltrazioni criminali. E sancisce che una attività imprenditoriale non debba essere necessariamente vincolata ai legami di sangue di antica data»