La rinascita del Tac fondata sul lusso

di Pierpaolo SPADA
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Domenica 23 Settembre 2018, 19:41
Se c'è una sfida in campo produttivo che il Salento sta conducendo, è, sicuramente, quella per la rinascita del Tac. Cantar già qui vittoria sarebbe, tuttavia, alquanto presuntuoso. Di certo c'è che il tramonto è, definitivamente, terminato.
E' di lusso il nuovo corso. E fa ricchi, anche della speranza di assistere un giorno al ripopolamento di massa di fabbriche in cui, diversamente da quanto oggi avviene, nemmeno la più discreta tra le forme di sfruttamento riesca a trovare spazio. Chissà. In fondo, almeno in parte, quel sogno è già realtà. Sono, infatti, oasi quelle imprese che operano nel deserto che il crollo del vecchio polmone industriale del Salento ha lasciato estendere. E attraggono. Perché alta moda è ciò che, al loro interno, brilla, come l'acqua, privilegio di pochi. Nicchia, la chiamano; è l'élite che ne beneficia.
Da Nardò al capo di Leuca, in pochi grandi opifici e una miriade di piccoli laboratori, la produzione di abiti, calzature e tessuti di altissima qualità cresce a doppia cifra, trimestre dopo trimestre, con brevi stop, alimenta il business locale, fa esplodere quello delle grandi griffe, e, in tutto il mondo, sazia, non senza sacrifici, quella particolare sete di esclusività di chi non bada al prezzo.
I numeri parlano chiaro: dal 2014 al 2017 l'export dei prodotti del Tac è aumentano del 30 per cento. Bene soprattutto l'abbigliamento il cui fatturato ha raggiunto i 65 milioni di euro (+14% nel I semestre 2018) e bene anche le calzature (+37% nel I semestre 2018); a rilento procede, invece, il tessile. Fatta eccezione per il settore metalmeccanico, che assorbe il 43% dell'export del Salento (+43% nel I semestre 2018), il sistema Moda è quello che riesce a piazzare più prodotti sui mercati esteri. Ma la strada è ancora molto lunga per restituire valore territoriale al settore. Nell'ultimo ventennio, il Tac ha perso gran parte del terreno conquistato in precedenza: se nel 2000 le imprese di settore erano 2098, oggi non se contano più di 1247. Dal 1996 al 2014 sono andati in fumo ben 13.171 posti di lavoro.
Tentare lo sprint è doveroso quanto rendere più sostenibili le condizioni di lavoro, diffusamente precarie nelle piccole realtà come dimostrano le numerose vertenze e le vicende giudiziarie. Non c'è marchio internazionale, di origine europea, americana e asiatica, che oggi non affidi le sue produzioni alla manifattura salentina e alla capacità di quegli imprenditori che, con l'ausilio di figure specializzate provenienti anche dal Nord Italia, riescono a garantire nei tempi richiesti margini notevoli anche alle proprie attività, sulla scorta di fatturati che raggiungono anche i 30 milioni di euro. Torna ad aumentare così la superficie coperta dellà industrie locali e anche il numero di occupati.
A Nardò, Luciano Barbetta ha creato un vero e proprio distretto della moda. Intorno alla omonima azienda madre ruotano più di 30 laboratori in cui sono interamente prodotti gli articoli di abbigliamento commissionati da Gucci, Armani, Lanvaine, Chanel, Louis Vuitton, Diòr e non solo. E' il momento del boom di commesse delle grandi griffes ed è tale che le aziende locali non riescono ad assorbine l'intensità per mancanza di manodopera adeguata. Alla problematica, che oggi rivela un impatto decisivo per le sorti immediate e future del settore, lo stesso Barbetta sta cercando di dare una risposta investendo nel Politecnico del Made in Italy. La struttura è nata a Casarano quattro anni fa e da poco ha cominciato a diplomare i primi modellisti. Vicepresidente della scuola è Michele Zonno, un ex manager della Filanto, che, con la sua azienda, Italian Fashion Team, sta macinando consensi e moltiplicando i posti di lavoro. Ma al Politecnico aderiscono tante altre aziende, piccole e medie, votate alla produzione di lusso, con sedi in tutto il Basso Salento fino a Ugento. Tra queste c'è Iris Sud, fondata nel 2002 da Giuseppe Baiardo che, con Barbetta, ha ideato il Politecnico sul modello di quello già esistente nella Riviera veneta del Brenta. Iris produce calzature di lusso e solo qualche anno fa è stata acquistata dalla holding giapponese Honward Luxury Group. Lusso ma anche tecnica. A Casarano, Antonio Sergio Filograna, ha ereditato la tradizione dalla famiglia, che ha eretto il tempio calzaturiero del Salento (Filanto e Adelchi) prima di delocalizzarlo nell'est Europa e poi a Oriente, e ha messo su un'azienda che, negli ultimi tre anni, si è consolidata al vertice. E' denominata Leo Shoes, conta più di 400 dipendenti e un indotto altrettanto corposo. In quella fabbrica, anche CR7 si è fatto fare le scarpe. Se non è il Tac 4.0, poco ci manca.
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