Indice Rt, Lopalco: «Questo meccanismo ha troppi cavilli, l'indice dei contagi ormai è superato»

Indice Rt, Lopalco: «Questo meccanismo ha troppi cavilli, l'indice dei contagi ormai è superato»
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 13 Maggio 2021, 08:56

«Penso che la fase di discesa dell'epidemia sia cominciata e difficilmente vedremo una risalita. Però può essere utile mantenere ancora un buon livello di attenzione per evitare che si alimentino focolai familiari che magari non riempiranno gli ospedali, ma potranno causare ancora problemi e, purtroppo, decessi».
Il professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e assessore della Sanità in Puglia, ritiene che la proposta delle Regioni di ridurre il peso dell'Rt nella definizione dei colori e delle limitazioni sia saggia a questo punto dell'epidemia, con i casi in costante diminuzione.

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Perché ritiene che vada ridimensionata l'importanza che attribuiamo all'indice di trasmissione, l'Rt appunto, sulla cui base (anche se non solo su quello) decidiamo spesso il destino delle Regioni?
«Vorrei fare una premessa.

Io fin dall'inizio non ho creduto molto nel sistema di chiusure differenti da Regione a Regione. Quando arriva l'onda del contagio difficilmente si ferma ai confini, secondo me sarebbero state più utili chiusure omogenee in tutto il Paese. Allo stesso modo non mi convince l'idea di limitare gli interventi per provincia, anche perché le chiusure devono avere una funzione di prevenzione, intervenire prima che un determinato territorio sia travolto dai contagi. Detto questo, penso che l'Rt sia uno strumento che arriva troppo tardi, su dati vecchi, utile per chi fa epidemiologia, per gli studiosi, meno per interventi tempestivi. Soprattutto in questa fase dell'epidemia».


Perché ritiene che il nuovo sistema di valutazione proposto dalle Regioni sia migliore?
«Mi rende molto felice il fatto che finalmente si ricorra a un meccanismo più semplice. Quello in vigore ha troppi cavilli, a partire dai 14 giorni in cui resti bloccato in un colore prima di potere cambiare. Serviva un sistema assai più comprensibile e lineare e quello proposto mi sembra rispondere a questa esigenza. C'è solo una cosa che non mi convince».


Quale?
«Giusto assegnare più importanza all'incidenza, ma dovremmo cambiare il modo di calcolarla. Oggi si ricorre semplicemente al dato che emerge da tutti i tamponi eseguiti. Ma in questa fase dell'epidemia, in cui sempre più persone sono state vaccinate e tra di loro ci sono le categorie maggiormente a rischio, questo dato potrebbe essere poco utile. Sarebbe forse meglio calcolare l'incidenza solo sui casi sintomatici o addirittura sul numero dei ricoveri. In questo modo si riuscirà ad avere un quadro più realistico della situazione».


Secondo lei a che punto siamo dell'epidemia? Stiamo vedendo scendere il numero dei casi positivi finalmente in modo sostanziale perché è aumentato il numero delle persone vaccinate?
«Sicuramente questo aiuta, ma ho anche l'impressione che conti altro. Conta anche il fatto che questa ondata pandemica è passata, mi pare evidente ormai che si vada a fasi. Però sono ottimista, non sono tra coloro che si aspettano una quinta, una sesta ondata e via di questo passo. Però c'è un rischio».


Non siamo in una zona di sicurezza?
«Ci sono ancora molte persone positive e questo potrebbe causare uno stillicidio di contagi nella coda dell'ondata. Ora che i giovani tornano ad uscire, a incontrarsi, possono riportare in famiglia il virus, alimentare nuovi focolai e, purtroppo, anche ricoveri e decessi».


Non è venuto il momento di eliminare il coprifuoco?
«Il problema non è tanto rappresentato dagli orari, ma proprio da questa coda dell'epidemia. Se in qualche modo facciamo ripartire la movida, questa potrebbe fare gli ultimi danni. Forse vale la pena resistere ancora qualche settimana, anche se sono convinto che la fase più difficile dell'ultima ondata ce la stiamo lasciando alle spalle».

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