“Figura leggendaria”, “Leggera ed eterna”, “Icona in punta di piedi”: Carla Fracci, una delle più grandi ballerine del Novecento, è scomparsa. E la piangono, accanto al marito Beppe Menegatti, regista che ha realizzato molti dei suoi spettacoli e dal quale ha avuto il figlio Francesco, il presidente della Repubblica Mattarella («Con la sua eleganza e il suo impegno artistico ha onorato il nostro Paese»), il ministro Franceschini («L’Italia della cultura ti sarà sempre grata»), i direttori dei teatri italiani, i colleghi e il pubblico che l’ha sempre seguita, dall’Opéra al Met, dalla Scala, all’Opera di Roma, nelle piazze e persino nelle carceri. Ma anche in televisione dove già nel 1982, interpretò Giuseppina Strepponi in uno sceneggiato su Verdi e dove, negli anni trovò una platea più ampia, avvicinando il mondo dei tutù a tutti.
Carla Fracci, la regina della danza
I palcoscenici
La Giselle, La Sylphide, la Giulietta che tutti ricordano è volata via, con la leggerezza che ha sempre accompagnato la sua vita e la sua immensa carriera.
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I coreografi
Una diva che sapeva mettersi in gioco. A lei si sono ispirati, grandi coreografi, Bejart, Cranko che creò per lei Giulietta e Romeo, Petit che le cucì addosso il balletto Cherì, ma anche artisti e poeti, quale icona universale di leggiadria, eleganza. Tra questi Eugenio Montale che, durante l’attesa per la nascita del figlio Francesco, le dedicò la poesia La danzatrice stanca. O Alda Merini che con i suoi versi la definì “leggera come la follia”.
Una vita di impegno e successi che cominciò alla Scuola della Scala con Vera Volkova dove si diplomò nel 1954, per poi diventare prima ballerina del Piermarini nel 1958. La sua ultima apparizione è stata per una masterclass su Giselle, proprio alla Scala, che ospiterà la camera ardente, e che la ricorda come: «La personalità più importante della storia della danza del nostro teatro». Ha diretto il corpo di ballo del San Carlo di Napoli, dell’Arena di Verona dal ‘96 al 97. Ma lungo e significativo è stato il suo rapporto con la Capitale, dove dal 2000 al 2010 è stata direttrice del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma: «Artista unica e protagonista ineguagliabile», dice il sovrintendente Fuortes, «impossibile dimenticare la sua grazia che ha attraversato il nostro palcoscenico tante volte, a partire dal suo debutto nel 1964 in Giselle accanto a Henning Kronstam».
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L’audizione
Eppure Fracci divenne ballerina, quasi per caso. Al Circolo ricreativo delle Ferrovie alcuni amici di famiglia notarono in lei un qualcosa di speciale e la convinsero a provare l’audizione alla Scala. Superò l’esame per il “suo bel faccino”, ma i primi anni furono duri perché Carla era “ricca di doti ma svogliata”. Fondamentale l’incontro con Margot Fonteyn che le fece sentire il teatro come “casa”. Tra la fine degli anni Cinquanta e durante gli anni Settanta danza con alcune compagnie straniere, quali il London Festival Ballet, il Sadler’s Wells Ballet, lo Stuttgart Ballet e il Royal Swedish Ballet. Dal 1967 è ballerina ospite dell’American Ballet Theatre. La sua notorietà si lega alle interpretazioni di ruoli romantici e drammatici, quali Giselle, La Sylphide, Giulietta, Swanilda. Da Giselle danzata con Bruhn viene tratto un film nel 1969. Ha interpretato anche Medea, Concerto barocco, Les demoiselles de la nuit, Il gabbiano, Pelléas et Mélisande, Il fiore di pietra. “Ora danza tra gli angeli”, scrivono i suoi amici sui social, in lutto per la scomparsa di uno dei personaggi più significativi della cultura italiana.