Crescita debole, conti in bilico: pronti nuovi tagli ai ministeri

Il ministero dell'Economia
Il ministero dell'Economia
di Michele Di Branco
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Martedì 5 Agosto 2014, 18:13 - Ultimo aggiornamento: 18:14


In Via XX Settembre sono preparati al peggio. Domani l’Istat render note le stime sul Pil nel secondo trimestre e neppure i pi ottimisti ormai confidano su una risalita della crescita. Il governo nel Def ha indicato lo 0,8 ma, si sussurra a denti stretti, «se andrà bene faremo lo 0-0,1%». Una eventualità che Palazzo Chigi ha già ampiamente metabolizzato visto che Matteo Renzi alcuni giorni fa, durante la presentazione del decreto Sblocca Italia, aveva risposto con un sibillino «vedremo» quando gli era stato chiesto se un Pil in salita dello 0,2% fosse ancora a portata di mano. Un «vedremo» che, chi aveva incrociato gli occhi del premier, aveva tradotto in un poco speranzoso «speriamo». Insomma il governo deve fare i conti con una economia che resta al palo e che si ripercuote con forza sui conti pubblici mettendo a rischio gli obiettivi finanziari di Stato del 2014.


Così, in queste ore, al ministero dell’Economia si cerca di capire come bisognerà intervenire nel caso in cui davvero l’Istat certificherà uno scarto dello 0,7-0,8% tra le aspettative di crescita e la realtà dei fatti. La manovra correttiva che Renzi esclude e che il sottosegretario all’economia Baretta, più prudentemente, spera venga evitata «ad ogni costo» può diventare una strada senza alternative già ad agosto. E a questo proposito occorre ricordare che Pier Carlo Padoan, a metà luglio, aveva informato il Parlamento che, con ogni probabilità, sarebbe stato necessario «rafforzare le misure di bilancio 2014». Le parole del numero uno del Tesoro cominciano ad assumere un profilo concreto. Se la crescita risultasse piatta, il fabbisogno di quest’anno crescerebbe di circa 9 miliardi di euro rispetto alle previsioni: uno strappo da coprire.


In che modo? Un soccorso notevole arriverebbe dal calo dello spread che sta facendo diminuire la spesa per interessi sui titoli di Stato. Quattro mesi fa il Tesoro ha indicato questa spesa in 82,5 miliardi di euro ma nel frattempo i rendimenti sono scesi ancora ed ora si ipotizza che per fine anno sarà possibile risparmiare 5 miliardi di euro. Poi c’è il capitolo deficit: un tema delicatissimo. L’obiettivo di fine anno è il 2,6% e quindi, in linea teorica, Palazzo Chigi ha a disposizione un margine dello 0,4% da manovrare restando comunque sotto il 3% imposto da Bruxelles. «Non abbiamo nessuna intenzione di sforarlo» garantisce Via XX Settembre confermando il pensiero espresso da Renzi. Sforarlo no, ma avvicinarlo senz’altro, magari arrivando fino al 2,8%. Il che vorrebbe dire recuperare altri 3 miliardi. Con buona pace della Commissione europea con la quale l’Italia si è impegnata a cominciare un percorso di riduzione che avrebbe dovuto portare il deficit poco al di sotto del 2% nel 2015. «Ma Bruxelles - dice una fonte qualificata del ministero dell’Economia - deve prendere atto della nostra situazione e del fatto che stiamo realizzando riforme importanti». Insomma dal tandem interessi-deficit si potrebbero ricavare 8 miliardi e allora basterebbe un miliardo per tappare la falla.


GLI AGGIUSTAMENTI
A quel punto entrerebbe in gioco il ricorso alla manovra correttiva. Da realizzare «senza tasse, per carità» giurano ancora in Via XX Settembre ma inforcando le forbici e pescando nel mare della spesa dei ministeri. Con quale criterio è tutto da vedere visto che i tagli lineari (comodi vista l’urgenza dell’eventuale intervento ) finirebbero per punire, in termini relativi, i dicasteri con modesti numeri di bilancio. E inoltre c’è da considerare che un certo quantitativo di tagli è già stato cifrato nella spending review del commissario Carlo Cottarelli.