Matria, quando la lingua narra l’origine dei popoli

Matria, quando la lingua narra l’origine dei popoli
di Claudia PRESICCE
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Martedì 10 Maggio 2022, 05:00

Insita in una lingua c’è una mentalità da esprimere, la forma del pensare e quindi la forma di una cultura. Cioè ricchezza. E perdere una lingua significa chiudere il sipario su una porzione di storia della civiltà che ha attraversato un territorio in un tempo lungo, lungo fino a noi. E quindi in parte vive ancora, è “dentro” i suoi abitanti. Se “matria” è una parola che definisce il concetto di un luogo che accoglie, fisico quanto metaforico, che travalica le appartenenze nazionali, si contrappone a “patria” intesa come realtà storica discriminante di una certa appartenenza nativa.

Tre minoranze in Puglia: francoprovenzale, arbereshe e grika

Si chiama “Matria. Le lingue di ieri, di oggi e di domani” un progetto regionale che vedrà oggi compiersi concretamente la prima tappa di un ciclo che guarda alla ricchezza delle diversità da promuovere delle minoranze linguistiche di Puglia. L’appuntamento di oggi è al Teatro Fusco di Taranto, ma sarà solo l’inizio. La Puglia è una storica terra, “matria” da Nord a Sud, che ha custodito le minoranze francoprovenzale, arbereshe e grika, e gli studi su queste ricchezze sono molteplici. In particolare questo progetto ha coinvolto rappresentanti delle minoranze linguistiche, istituzionali e non, con musicisti, danzatori e cantanti per manifestare i valori intrinsechi di queste tradizioni in nome del multiculturalismo che è parte integrante della nostra storia di Puglia. Il progetto che è partito dall’Assessorato all’Istruzione della Regione Puglia (in collaborazione con Ufficio Scolastico per la Puglia, Apulia Film Commission, Teatro Pubblico Pugliese e Notte della Taranta) ha visto l’impegno di studenti e studentesse delle zone che custodiscono ancora tracce e comunità di questi parlanti ad approcciarsi all’incontro con le tradizioni di questi gruppi concentrandosi su tre progetti: l’audiovisivo per la minoranza francoprovenzale, il teatro per gli arbereshe e la musica per la lingua grika. Oggi al Teatro Fusco con la prima tappa, verranno presentati gli esiti dei tre progetti: cinematografico, teatrale e musicale.

Un documentario, il teatro e la musica

La minoranza linguistica francoprovenzale, presente nei comuni di Faeto e Celle, ha visto l’impegno di Apulia Film Commission nel coadiuvare la realizzazione di un documentario intitolato “Matria”, con la regia di Luciano Toriello, che racconta l’incontro-scontro tra i nativi digitali che non conoscono le categorie di distanza e tempo, perché la tecnologia le annulla, e gli anziani, lenti depositari di un sapere antico da tramandare. Poi “Il Grande Tempo - Moti i Madh” è il progetto di Teatro Pubblico Pugliese sulla minoranza arbereshe presente nei comuni di Chieuti, San Marzano di San Giuseppe e Casalvecchio di Puglia, basato su laboratori di teatro, danza, burattini. Il terzo, “Taranters”, è invece il progetto sulla minoranza grika, con la Fondazione Notte della Taranta, un percorso di ricerca, formazione e didattica, con i musicisti della Fondazione, incentrato sulla rivisitazione in chiave moderna di canti popolari che ha coinvolto l’Istituto “Salvatore Trinchese” di Martano e i comuni dell’Unione della Grecìa Salentina.

Al di là degli eventi, la difesa delle lingue “minori” è in Puglia sempre un impegno imprescindibile. Sull’importanza del recupero delle minoranze linguistiche che hanno attraversato la storia dei territori in realtà ci sono in Salento, terra ricca da questa prospettiva, studiosi impegnati in poderose operazioni di ricerca, e progetti universitari avviati da tempo legati all’Università del Salento. Come spiega Marcello Aprile, docente di Linguistica Italiana presso l’Università del Salento, «il nostro territorio è innervato e arricchito da culture che in qualche caso come la greca sono plurimillenarie, oppure sono plurisecolari come la francoprovenzale e quella albanese.

Difendere queste minoranze significa difendere il principio che più lingue, più religioni, più etnie hanno arricchito il nostro territorio conferendogli una ricchezza culturale di usi, costumi e lingue che l’ha resa speciale».

Ogni lingua è infatti anche una postazione del pensiero. «Basta pensare che il griko abbonda di parole astratte, per definire amore, odio, allegria e sentimenti umani, che non esistono nel dialetto romanzo. In greco i nostri progenitori esprimevano concetti con una tale articolazione del pensiero che oggi solo l’italiano ha recuperato. Non può svanire una ricchezza enorme di poesie, canzoni e tradizioni, sarebbe un peccato perdere un patrimonio plurisecolare orale» conclude Aprile, tra l’altro fondatore del Cesmil, centro di studi sulle minoranze linguistiche di Puglia dell’Università del Salento, diretto da Monica Genesin, docente di Albanologia di Unisalento.

E se di griko se ne parla con la riscoperta musicale, invece dell’arbereshe, una finestra aperta sull’Albania, si hanno meno notizie. «L’arbereshe è un fenomeno interessante che risale alla seconda metà del ‘400 spiega Genesin – quando i profughi albanesi, in seguito all’occupazione ottomana e ad altri problemi, si sono spostati verso l’Italia, tra il Nord, Venezia e il Sud soprattutto. C’è stato un movimento ininterrotto fino al ‘700. Se altrove sono state assimilate completamente, queste comunità nel Sud hanno mantenuto lingua, usi e anche riti religiosi. Infatti erano cattolici di rito greco e la chiesa Greca di Lecce era della comunità albanese nei secoli scorsi. Gli storici parlavano di Albania tarantina o salentina, c’era una comunità ampia e oggi è rimasto San Marzano soprattutto che ha conservato la lingua e studiosi internazionali vengono fin qui ad analizzare questi luoghi. Al Cesmil abbiamo tante attività in atto e ci piacerebbe collaborare sempre alle iniziative che sono legate alla valorizzazione delle minoranze linguistiche».

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