Le interviste/ Abatantuono:
«Mi piacerebbe rifare Mastrangelo»

Le interviste/ Abatantuono: «Mi piacerebbe rifare Mastrangelo»
di Claudia PRESICCE
3 Minuti di Lettura
Sabato 22 Febbraio 2014, 12:22 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 18:25
LECCE - Se la valigia dell’attore “nel camerino gi vecchio, tra un lavandino ed un secchio, tra un manifesto e lo specchio”, fa pensare ad un viaggio solitario, quella di Diego Abatantuono, impilata tra le altre dei suoi amici, ricorda più le vacanze in pullman con i compagni di scuola. Diego il comico, il giudice, il tifoso, l’imprenditore strangolato dagli strozzini in “L’assalto” in tv o il pescecane della finanza di “La gente che sta bene” (l’ultima sua performance cinematografica) non viaggia mai da solo. Sul set o sul palco che sia, sceglie di lavorare solo con gli amici di sempre, come volendo dilatare all’infinito intorno a sé l’atmosfera da gita scolastica.

Questa è la storia anche di “Vengo a prenderti stasera”, da lui diretto e interpretato con Ninì Salerno e Mauro Di Francesco, da ieri nei teatri pugliesi: dopo il teatro Fasano di Taviano, stasera sarà a Santeramo, domani a Conversano.

«È un progetto nato dal grande affetto che mi lega a Mauro - spiega Abatantuono - c’è anche Ninì Salerno, e, quando posso, abbiamo aggiunto un terzo tempo dove compaio anche io».

Lo spettacolo fa ridere su un tema poco comico, come la morte…

«Sì, la morte degli artisti comici, ma è molto divertente. La mia regia poi dà un taglio cinematografico e non convenzionale. Si ride molto su un tema che alla fine purtroppo coinvolge tutti. Nel terzo tempo c’è un incontro con il pubblico, che spiazza chi va a teatro e non è abituato a questo. Racconto la genesi del progetto e i nostri rapporti in maniera divertente, fino ad un finale dove il pubblico interviene».

Quanto è importante ritrovarsi gli amici sul palco e sul set?

«È il mio modo di vivere, faccio questo lavoro perché mi piace, ma anche perché mi permette di vivere con i miei amici».

Recentemente in “La gente che sta bene” al cinema e “L’assalto” in tv l'abbiamo vista ancora in due ruoli opposti. Come vive oggi questi cambi d’abito, quanto si diverte?

«È una delle cose che mi divertono di più del mio lavoro. Ho iniziato facendo solo il comico poi ho avuto la fortuna di riuscire con Pupi Avati a percorrere una strada alternativa. Adesso cerco di fare entrambe le cose, scegliendo la qualità. Ma tra l’uno e l’altro, scelgo il comico che è più difficile e mi affascina per questo».

Il pubblico le perdona anche i ruoli negativi?

«Ma sì. Il mio lavoro è fatto di personaggi e i cattivi spesso sono più interessanti dei buoni da interpretare. La gente è intelligente, altrimenti sarebbe finita. La storia degli attori che fanno solo ruoli positivi è piuttosto fiabesca. A me piace fare tutti i ruoli e poi quelli comici cinici sono i più affascinanti, per intenderci quelli che facevano Sordi, Gassman, Tognazzi, Volontè».

E della scena artistica contemporanea in Italia che cosa pensa?

«Si fa fatica a venire come generazione dopo quella di Scola, Monicelli, Visconti, Risi, Fellini… Non ci sono più le guerre e la grande forza del dopoguerra da raccontare, c’è stato il ’68 e man mano si sono sfibrate tante motivazioni. Ci sono comunque molti talenti e si fanno molte cose buone, però il confronto con gente così brava è duro».

C’è speranza di rivederla nei panni del giudice Mastrangelo?

«Perché invece di chiederlo a me, non chiamate Mediaset? Non so cosa dire, me lo chiedono tutti. E non mi sembra che facciano fiction di qualità estrema e di tale audience... Noi abbiamo smesso con il 18 per cento per motivi inspiegabili. È piaciuta molto e ci ha guadagnato anche la Puglia che è talmente bella e dopo ha attratto molte produzioni. Io ho sempre la Puglia nel cuore e spero di tornare prestissimo, non solo con il teatro, ma a fare Mastrangelo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA