Da Bodini a don Chisciotte, l'intervista (stavolta) è possibile: incontro con Stefano Cristante

Da Bodini a don Chisciotte, l'intervista (stavolta) è possibile: incontro con Stefano Cristante
di Claudia PRESICCE
5 Minuti di Lettura
Domenica 6 Dicembre 2020, 12:29

Seguendo lo schema che Stefano Cristante, docente di Sociologia della Comunicazione presso l'Università del Salento, ha adottato nel suo libro L'intervista è impossibile. Dialoghi immaginari con i classici (Musicaos editore; 15 euro; 169 pagine) nasce questa intervista, questa volta possibile, all'autore. Si parla del libro in cui Cristante, riprendendo il classico mood delle interviste impossibili a personaggi storici o del passato, ha raccolto alcuni suoi articoli scritti per Nuovo Quotidiano di Puglia nel 2017.

Tra le pagine prendono vita diversissimi personaggi letterari o reali, da Zeno Cosini a Don Tonino Bello, da Holden Caulfield a Mattia Pascal, da Amleto a Beethoven, e tanti altri (alcuni sono citati nel pezzo che segue).

Professor Cristante, dovrei intervistarla sul suo libro: ma lei si rende conto dello Zibaldone che ha creato?
«La prima volta che vidi un'edizione dello Zibaldone di Leopardi fu alla libreria Toletta di Venezia, dove andavano tutti gli squattrinati perché i libri erano a metà prezzo. Avevo quindici anni, lo Zibaldone mi impressionò molto: era spesso come un mattone e conteneva centinaia di frammenti sparsi senza un particolare ordine logico. Costava 600 lire, ce l'ho ancora da qualche parte».

Non divaghi, se non le piace Zibaldone, lo chiami, non so, carrozzone. È andato a scomodare (per intervistarli) personaggi che tra di loro non hanno nessun nesso. Proprio lei che è maestro di indagini sociologiche e riunisce dati, registra grafici e tendenze.
«Guardi che secondo me è difficile che personaggi così universali non abbiano un nesso tra di loro».

Ce l'hanno? Mi spieghi allora che ci azzecca un John Lennon con Don Tonino Bello, o un Carmelo Bene con Don Chisciotte Beh, forse proprio tra questi qualche analogia.
«Intanto vorrei chiarire che ho scelto sia personaggi letterari sia persone che sono state di carne e ossa, per dimostrare che nel nostro immaginario i grandi talenti e i protagonisti dei grandi romanzi sprigionano una stessa aura di irripetibilità e insieme di familiarità. Si tratta di icone che hanno lasciato il segno, occupando uno spazio nella nostra mente pur partendo da campi espressivi diversi come la religione, il teatro, l'avventura».

Ah sì, allora Rina Durante, Emma Bovary e la Monaca di Monza?
«Donne straordinarie, non importa se di fantasia o reali. Presenze la cui vita può scuotere gli altri, emozionarli e cambiarli. Anche se Madame Bovary e la Monaca di Monza erano state concepite da Flaubert e Manzoni, la loro apparizione le ha strappate dall'universo maschile e le ha restituite alla potenza dell'intensità femminile».

Vediamo: Emily Dickinson e Vittorio Bodini?
«Vertici poetici di stili e contenuti clamorosamente diversi, tessere di un mosaico globale dove i sentimenti si allargano a partire da minuzie sorprendenti oppure da sofisticate indagini sulla storia di una terra».

D'accordo, glielo ha chiesto il direttore del mio giornale di inventarsi queste interviste, ma lei, dica la verità, ci ha messo dentro i suoi riferimenti culturali, punto. Ci mancano solo Corto Maltese e McLuhan...

«Credo che ogni scrittore chiamerebbe a raccolta i propri riferimenti personali per progettare delle interviste impossibili.

Comunque: sia Corto sia il massmediologo canadese si meriterebbero un'intervista apposita. Il marinaio di Pratt ha cambiato il nostro modo di immaginare l'avventura, McLuhan ha cambiato il nostro modo di vedere i media».

Ma lei che valore dà a un'intervista, specie se impossibile'?

«L'intervista compare assai prima degli altri generi giornalistici. Cosa sono le opere di Platone se non interviste impossibili condotte da Socrate? È come se ci fosse la possibilità, sdoppiando chi scrive in due figure, di comporre un pensiero secondo un piano collaborativo. La ricerca del chiarimento obbliga a una precisione d'indagine, senza tralasciare il format stesso dell'intervista giornalistica. Bisogna essere brevi, e concentrarsi su pochi punti, contando su un'ulteriore complicità, quella del lettore. In questo senso credo che le interviste impossibili costituiscano un vero e proprio genere letterario, che potrebbe essere utilizzato anche nella didattica, non solo universitaria».


In ogni caso dovrà confessare: dica pure che se lei non fosse stato mandato ormai 20 anni fa a insegnare a Lecce e fosse rimasto veneziano non avrebbe mai neanche saputo chi erano Rina Durante e Vittorio Bodini.

«Tra Venezia e Lecce ho abitato a Roma, e lì ho sentito parlare anche delle vostre glorie letterarie, che poi sono diventate anche le mie. Non sottovalutatevi».

Ma noi l'abbiamo cambiata, dica la verità
«Sì, è vero, d'altronde non è possibile vivere in un posto come il Salento senza risentire dei suoi tratti estremi. Il Salento offre infinite vie di fuga: mi accorgo che c'è sempre qualcosa d'altro da esplorare. Ora mi sto interessando alla straordinaria preistoria del Salento, che già nel Paleolitico era attraversato da gruppi umani diversi e di diversa provenienza».

Ma vogliamo ricordare ora ai lettori la sua prima intervista a Lecce chi gliel'ha fatta quando era un giovane ricercatore della neonata Scienze delle Comunicazioni? Dica pure che a Lecce Cristante l'ho inventato io.

«È vero ride Scienze della comunicazione a Lecce partì esattamente vent'anni fa. Fu un primo anno clamoroso con un sacco di iscritti, a lezione gli studenti ritardatari dovevano stare in piedi. Se ne accorsero anche i giornali, e lei fu effettivamente la prima. Comunque, se posso permettermi un piccolo spot pubblicitario accademico, quest'anno il nostro corso è cresciuto oltre il 30 per cento rispetto all'anno scorso».


Eravamo giovani e belli. Ma quanto ha visto cambiare questa terra in questi lunghi anni? Ci parli pure da sociologo ora, può farlo.
«Lunghi anni? A me sono volati via in un lampo».

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